Cultura

Il nipotino Arbasino racconta Gadda il grande

di Alberto Arbasino, Adelphi, pp. 190, euro 11.

di Andrea Leone

Per due decenni, a partire dall?esordio negli anni 30, Carlo Emilio Gadda fu considerato un minore, un semidilettante. «Non sa fondere le parti»: un?Accademia distratta e un?Arcadia provinciale muovevano a Gadda critiche assurde. Poi il Pasticciaccio segnò la svolta: Gadda viene finalmente riconosciuto come un grande e onorato come maestro. Dei nipotini di Gadda (gli altri sono Pasolini e Testori), Arbasino era il più giovane. A mezzo secolo di distanza, l?allievo ci delizia con un ritratto critico in cui opera e uomo si fondono mirabilmente. Un libro spesso esilarante e scritto in modo meraviglioso, brillante e sempre sopra le righe, uno dei più convincenti tributi e una delle migliori analisi mai compiute sull?autore milanese. Vibra in queste pagine pure una sorta di eredità stilistica: in un gorgo virtuosistico ma controllato Arbasino rievoca divertito e con la precisione del cronista la sua antica frequentazione dell?Ingegnere e del suo mondo. Gadda è a Roma e vive poveramente collaborando al terzo programma radiofonico della Rai, mentre gestisce con difficoltà le sue frequentazioni letterarie. Arbasino ritrae dal vero questa figura comica e tragica: un corpulento borghese del Nord dai modi impeccabili che nascondono terribili ingorghi psichici, un erudito cosmopolita. Accanto al ricordo personale c?è anche spazio per un rigoroso discorso critico. Arbasino individua la maggiore originalità di Gadda nell?aver trasformato il romanzo realistico ottocentesco della decadenza borghese in opera dello stile e del linguaggio. Il crepuscolare, manniano racconto del crepuscolo degli dei è stravolto e reinventato da Gadda attraverso due mezzi stilistici: l?enumerazione, categoria di origine tecnico-scientifica, leonardesca volontà di descrivere l?universale per compilare un?enciclopedia del caos, e l?extraletterarietà, la ricerca di una parola che abbracci e definisca ogni aspetto della vita, dall?infimo al sublime, passando per ogni disciplina della conoscenza: scienza, storia, politica e gastronomia. La grande lingua di Gadda è il suo teatro del mondo, così luttuoso e funebre eppure portatore di una straordinaria, eterna vitalità.

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