Non profit
Il New York Times: americani, donare conviene
Mini-guida ai vantaggi fiscali per chi dona
Se anche tu vorresti «dare di più», sappi che probabilmente puoi farlo, grazie ai vantaggi fiscali generosamente concessi dallo zio Sam, l’amico delle donazioni. Così scriveva il New York Times il 1° novembre, in un interessante articolo che riepilogava a uso e consumo del contribuente Usa che volesse fare il filantropo. Con un messaggio chiaro: donare conviene, fallo anche tu.
NON SOLO CONTANTI. Il metodo più comune per fare beneficenza è aprire il libretto degli assegni e poi dedurre la somma donata. Il risparmio fiscale dipende dallo scaglione di aliquota cui si appartiene in base al reddito: la fascia più alta negli Usa paga un’aliquota del 35%, quindi una donazione di 10mila dollari si traduce in uno sgravio di 3500 dollari, mentre la fascia con l’aliquota al 25% risparmierebbe 2500 dollari di tasse.
Ma un modo per aumentare i vantaggi c’è, ed è quello di donare azioni invece di contanti. Un esempio? Se avete in portafoglio azioni acquistate a suo tempo per 3000 dollari e che oggi valgono 10mila, potete risparmiare la stessa cifra in tasse rispetto alla donazione in contanti, ma in più evitare le imposte di capital gain che ammontano a 1050 dollari (il 15% dei 7000 dollari che avreste guadagnato se aveste venduto le azioni).
Stessi vantaggi se decidete di donare opere d’arte o altri beni di valore. Il caso tipico è la donazione di quadri a un museo, o una collezione di libri rari a una biblioteca. Qui le regole sono più complicate, per una selva di leggi e leggine; le opere donate devono essere stimare da un perito, e chi le riceve deve dichiarare il loro uso pubblico (il quadro, per esempio, dovrà essere esposto e non appeso nell’ufficio del direttore del museo). Se l’opera d’arte donata viene venduta entro tre anni, però, il donatore perde i vantaggi fiscali, ma non nel caso di dichiarata crisi economica da parte del ricevente. Nel caso che tutto vada per il meglio, e che il valore dell’oggetto periziato superi il 30% il reddito lordo del donatore, quest’ultimo può usufruire di deduzioni per cinque anni. Senza dimenticare che una donazione particolarmente cospicua riduce automaticamente l’imponibile.
FONDI CON FINALITA’ CONSIGLIATE DAL DONATORE. Ecco uno strumento che il New York Times raccomanda a chi (dirigenti e manager soprattutto) si prepara a incassare una lauta liquidazione e sta pensando di destinarne una parte in beneficenza. «La soluzione è istituire un fondo con finalità consigliate dal donatore (donor advised fund) attraverso una fondazione di comunità o un istituto come Fidelity, Vanguard o Schwab. Ciò consente di mettere da parte il denaro oggi, godere dei vantaggi fiscali l’anno successivo, e generare valore per molti anni a venire». Sconsigliate invece le fondazioni private, molto più complicate da gestire per il contribuente medio.
NON SCORDARE I FONDAMENTALI. Infine, ecco un utile vademecum per l’aspirante filantropo americano, stilato dal fiscalista Bruno L. Graziano.
1) Donare solo a organizzazioni riconosciute. In caso contrario si perde il diritto alle deduzioni.
2) Tenere traccia scritta delle somme donate, incluse le ricevute, che potrebbero tornare utili in caso di verifiche fiscali.
3) Le donazioni periodiche alle charity consentono di ottenere vantaggi fiscali costanti e perpetui.
4) Chi detiene employee stock options ottiene vantaggi dalle donazioni perché solo il valore base delle azioni è considerato reddito e le plusvalenze no, mentre le deduzioni si applicano a tutto il valore di mercato delle azioni.
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