Non profit

Il naturalista che ha scelto la “giungla” di Scampia

La storia di Ugo Mancini

di Daniele Biella

Gli studi in scienze naturali. L’incontro con il volontariato e il servizio civile. Infine, l’impegno full time per i ragazzi di una delle zone più difficili. «Un lavoro duro, ma è quello che volevo. Quando vedo un ragazzo che ha abbandonato la scuola reinserirsi nella società grazie al nostro impegno, mi ritengo un uomo fortunato»
Dagli studi sulla natura e i suoi segreti all’impegno diretto sui fronti caldi del sociale. Un bel salto, quello che ha portato l’allora poco più che maggiorenne Ugo Mancini ad abbandonare gli studi di Scienze naturali per dedicarsi al sociale. «Ho scoperto il volontariato, da allora è stato un processo inarrestabile verso il non profit, che è diventato per me una scelta di vita». Mancini, oggi 34enne, lavora a Napoli, sua città natale, come coordinatore di un progetto per minori della cooperativa sociale Obiettivo uomo: tra i vicoli di Scampia, «cerchiamo di avvicinare i ragazzi, soprattutto quelli difficili, proponendo loro laboratori culturali, sportivi e momenti formativi». Sono almeno 130 gli utenti del servizio, dieci gli operatori che Mancini coordina «dal 2005, quando sono tornato a Napoli». Dal 2001 al 2004, infatti, aveva vissuto a Como, seguendo la sua attuale moglie, chiamata a insegnare nella cittadina lombarda. «Anche lì avevo lavorato come educatore, sia per un Cag (Centro di aggregazione giovanile) comunale, sia per servizi di assistenza domiciliare». Una volta tornato nel capoluogo campano, la coop di Scampia, dove dal 1998, per tre anni, aveva lavorato come educatore, l’ha rivoluto affidandogli la responsabilità del coordinamento.
Ma torniamo ancora un passo indietro. Come è cominciato tutto? «Con alcune ore settimanali in cui facevo il volontario in un centro di accoglienza per ragazze madri, gestito dalle suore della Provvidenza», spiega Mancini. Era alle superiori. «Poi ho conosciuto il centro missionario del Pime, con il quale ho compiuto anche viaggi in Togo, ad aiutare in case famiglia». A un certo punto, la decisione di cambiare pagina e affidare al lavoro per gli altri la maggior parte della sua giornata: «È stato grazie al servizio civile, che ho svolto a 22 anni, per la Usl di Siena», continua il giovane, «tra le varie mansioni, facevo tutoraggio a ragazzi disabili che erano impiegati in una legatoria: è stata un’esperienza che ha lasciato il segno». Al ritorno nella sua città, ha abbandonato gli studi universitari in scienze naturali per iscriversi a un corso di educativa di strada della Regione, e da lì ha messo piede nella cooperazione sociale, «per rimanerci, nonostante le difficoltà di un lavoro bello ma difficile, soprattutto per la situazione economica generale, con molte cooperative come la nostra che sono alla continua ricerca di fondi».
A Napoli peggio che in altre città: basti pensare alla recente chiusura, per l’esaurimento delle casse comunali, di molte case-famiglia gestite da coop. «So di essere comunque fortunato», riprende Mancini, «perché ho il lavoro a cui aspiravo. Questo mi spinge ad andare avanti con forza, per crescere sia a livello personale sia assieme agli altri educatori di Obiettivo uomo». E nel rapporto con gli utenti? «A volte è difficile, è ovvio. Ma dopo anni di frequentazione, è stimolante vedere che un buon numero di loro, in particolare chi era reduce da un abbandono scolastico, ha ritrovato gli stimoli per rientrare nella società in modo positivo». Tra poco il giovane napoletano concluderà gli studi universitari in scienze sociali, iniziati quattro anni fa, dopo tanta esperienza sul campo. «Perché la formazione continua; soprattutto per chi si occupa di cooperazione sociale, è una componente fondamentale». L’importante è conservare il tempo per sé: «Lo “staccare” ci vuole: ricavare momenti familiari ben definiti è per me una priorità».


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