Welfare

Il mutuo soccorso torna protagonista

In Italia sono oltre 1.500, molte hanno le loro radici nel XIX secolo. E sono diventate la risposta moderna all'arretramento del welfare nazionale.

di Redazione

Con lo Stato sociale che si affievolisce sempre più, con i precari che non sanno più a che santo votarsi in caso di malattia, tornano in auge le società di muto soccorso. Diffuse in Italia a partire dalla fine del XIX secolo, ora all’inizio del XXI secolo di fronte a uno Stato sempre più incapace di rispondere ai bisogni dei propri cittadini – trattati sempre più come clienti dei servizi erogati – il mutualismo si scopre capace di rispondere alle necessità di sempre più persone.
E proprio al ritorno del Mutuo soccorso il Manifesto dedica non solo l’apertura della prima pagina, ma ampi servizi per raccontare che “Se lo stato sociale non c’è più operai e precari fanno come nell’800 e puntano sul mutuo soccorso”. Questa forma di auto-tutela nata dal basso sta conoscendo una rinnovata fortuna, 120 anni fa in Italia c’erano 6.700 mutue con circa 800mila soci. A livello europeo, secondo un rapporto dell’Europarlamento, le mutue raccolgono in Europa 180 miliardi di contributi, impiegano 350mila persone e garantiscono coperture sociali e sanitarie di tipo complementare. Oggi in Italia le società di mutuo soccorso sono oltre 1.500 e aderiscono alla Federazione italiana mutualità integrativa volontaria (Fimiv). Una realtà, presente soprattutto nel centro-nord che aderisce alla Lega nazionale delle cooperative e mutue, all'Associazione internazionale della mutualità (Aim) e partecipa al Forum del terzo settore e che ha dietro di sé una lunga storia, essendo erede della Federazione italiana delle società di mutuo soccorso sorta nel 1900.
Occorre anche osservare che le realtà di mutuo soccorso, fanno parte di quell’auto-organizzarsi che negli ultimi anni ha portato alla nascita dei Gas (Gruppi di acquisto solidale), delle banche del tempo, ma anche di esperienze di moneta virtuale utili per il baratto di beni e servizi, come pure del commercio equo e solidale.
Nell’articolo del Manifesto vengono presentate in particolare due esperienze. La prima è quella della Cesare Pozzo, specializzata nell’intervento socio-sanitario, che è una delle più antiche d’Italia con oltre 130 anni di storia, con quasi 90mila soci e 270mila assistiti. Una seconda realtà presa in considerazione è Insieme Salute, con base in Lombardia conta 10.500 soci, in crescita se si pensa che nel solo 2011 i soci in più sono stati 200, con un patrimonio che ammonta a oltre un milione di euro.


Quattro anni fa il Governo Prodi con un decreto autorizzò l’apertura dei fondi sanitari integrativi, già previsti dalla riforma sanitaria del 1999. Anche grazie a questo provvedimento nell’ultimo quinquennio sono sorte un centinaio di società di mutuo soccorso. Inoltre Fimiv e Confcooperative hanno stretto un accordo che ha permesso di promuovere la mutualità attraverso le Banche di credito cooperativo di Lombardia e Puglia. Se in una cinquantina di contratti nazionali il rinnovo ha previsto la presenza di forme di mutualità la situazione degli autonomi, iscritti alla gestione autonoma dell’Inps e per oltre 4 milioni di precari la situazione è diversa. Anche solo per quanto riguarda la detraibilità. Per i lavoratori dipendenti che aderiscono a un fondo mutualistico la deducibilità fiscale dell’assistenza integrativa è del 100%, mentre per i lavoratori autonomi è possibile detrarre solo il 19% della quota associativa a un fondo mutualistico.
Intervistato dal Manifesto il presidente della Fimiv, Placido Putsolu, osserva che: «Oggi che la spesa sanitaria delle famiglie cresce, e lo Stato non riesce più a garantire prestazioni efficienti e si sta ritirando dalla gestione del welfare, la mutualità si propone come un soggetto non profit. Il nostro intervento è integrativo, non sostitutivo rispetto a quello del pubblico»
 

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