Sostenibilità

Il mondo vuole l’Europa ma l’Unione non c’è

di Filippo Romeo

L’attuale condominio internazionale è stato fortemente condizionato dalla crisi economico-finanziaria che a partire dal biennio 2007/2008 ha interessato gli Stati Uniti, riversandosi successivamente sull'intero sistema occidentale. Tale crisi, tuttavia, oltre a porre sfide nuove e impegnative, ha anche generato opportunità e prospettive per quegli attori non appartenenti alla sfera occidentale, quali Cina, Russia e India, che grazie alla loro dinamicità, produttività e capacità di essere propositivi sono riusciti ad acquisire un’importanza mondiale tale da polarizzare l’interesse economico, finanziario e politico di altre nazioni in vari quadranti del Pianeta.

L’attivismo di questi soggetti ha generato iniziative innovative destinate a rivestire un ruolo determinante nella configurazione del nuovo assetto mondiale “policentrico”, nonché instaurato su scala globale un clima favorevole alla formazione di nuovi raggruppamenti. Su tutti basti pensare, all’Unione Doganale Eurasiatica. In tali nuovi scenari geopolitici e geo-economici che vanno profilandosi, l’Unione Europea si presenta come un aggregato debole e vulnerabile, privo di una visione unitaria e condivisa su tematiche considerate strategiche, quali la politica estera, quella economico-finanziaria, quella industriale, quella energetica e soprattutto quella demografica. Tale condizione favorisce un indebolimento sempre più accentuato della stessa Unione che si mostra inadeguata a dare efficaci risposte ai grandi temi che rappresentano il cuore della vita dei popoli d’Europa, nonché incapace di affrontare le nuove sfide poste dalle dinamiche globali. Di contro, a livello periferico, si vanno sviluppando tendenze “nazionalistiche” e “regionalistiche” che, oltre a minare le fondamenta della struttura unitaria, di fatto, in una più ampia prospettiva di medio e lungo termine, potrebbero indebolire gli stessi Stati europei che, in considerazione delle loro ridotte dimensioni nazionali, si troverebbero a confrontarsi autonomamente con i nuovi protagonisti della scena globale che appaiono più robusti e competitivi disponendo di dimensioni continentali.

Il contesto che si pone innanzi ci fa dunque riflettere sull’importanza di offrire delle risposte di tipo unitario su tematiche considerate strategiche (sicurezza, politica economica e finanziaria, politica estera difesa, politica energetica, migrazioni), al fine di dare vita ad un’entità politica ed economica di seicento milioni di abitanti circa, capaci di competere con le nuove potenze emergenti (le citate India e la Cina) che superano il miliardo di cittadini.

Tale Unione dovrebbe essere la reale espressione delle radici storiche del continente, nonché di analoghe caratteristiche psicologiche, di valori, di caratteri e di condizioni economiche comuni. Essa, inoltre, dovrebbe avere tutto l'interesse a sviluppare una visione autonoma, ambiziosa, di lungo termine e multi-dimensionale, capace di collegare le due sponde del Mediterraneo e il blocco asiatico attraverso delle solide partnership e farsi percepire come un interlocutore privilegiato capace di fornire tutto il necessario know how utile a costruire sviluppo, di tipo sostenibile, verso quei territori in cui se ne sente il bisogno.

Premessa l’importanza e l’urgenza di un aggregato geopolitico e geo-economico europeo è doveroso sottolineare che tale processo non potrà realizzarsi se l’Europa proseguirà a incarnare e farsi portatrice di culture, valori e istanze che risultano “estranee” alle sue tradizioni e che, provenendo dal di fuori dei propri confini, risultano funzionali agli altrui interessi.

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