Politica

Il miracolo lombardo: nessun taglio al welfare

l'assessore alla Famiglia e Solidarietà sociale alla Regione, Carolina Pellegrini: «Per quest'anno ce l'abbiamo fatta, ma siamo al limite». Il futuro? «Un nuovo welfare comunitario, ecco come lo costruiremo»

di Redazione

Non ha timore di parlare di «miracolo», l’assessore alla famiglia della Lombardia, Carolina Pellegrini, presentando a Vita.it il Fondo sociale regionale che «anche per il 2013, nonostante i tagli del Governo, la spending review, la legge di Stabilità, manterrà una dotazione complessiva di 1.632 milioni di euro che ci consentirà di non tagliare i servizi ai cittadini». In più verranno finanziate anche le nuove strutture nate nel 2012 (+14 per cento di posti negli hospice e nuovi nuclei Alzheimer) e verranno garantiti nuovi contributi fino a 2.500 euro al mese per i malati di Sla (15 milioni di spesa). «E il fondo per i Comuni lombardi da 70 milioni», continua la Pellegrini, « sarà erogato e non più in due tranche di 30 e 40 milioni, in modo da permettere alle Amministrazioni locali di programmare i loro interventi (qui il panorama completo di tutte le misure rifinanziate).

Assessore, siete la dimostrazione che se si vuole anche di questi tempi si può evitare di tagliare la spesa sociale. Come è stato possibile?
Grazie a una gestione assolutamente corretta dei finanziamenti, all’eliminazione di ogni spreco, alla vigilanza sulle erogazioni e all’attenzione che questa amministrazione ha dimostrato di avere per il sociale. I risparmi li abbiamo fatti su altri capitoli.

Il problema però è che i bisogni sono in costante aumento, cos’ anche il vostro “miracolo” rischia di non essere sufficiente. Non crede?
È così, infatti siamo al limite della sopportazione anche in Lombardia. Il nodo delle risorse aggiuntive resta irrisolto. C’è molto da lavorare. A partire dalla costruzione di un nuovo Patto per il Welfare regionale.

Che tipo di assetto avete in mente?
Il punto di partenza è che il welfare universalistico come lo abbiamo conosciuto fino ad ora non è più economicamente sostenibile. La nostra direzione è quella che ci porta a un nuovo welfare di comunità, che parta dai bisogni e non dall’offerta dei servizi. Quando dico bisogni, intendo una cosa diversa da domanda, perché anche la domanda di servizi va interpretata in modo efficiente affinché le corrisponda una risposta davvero adeguata.

In altre parole volete espandere il principio della dote e l’utilizzo dei voucher. Non è così?
Sì, ma solo in parte. Lo strumento dei voucher è funzionale ad alcuni ambiti, mentre in altri, quelli appunto in cui il bisognoso non è in grado per x motivi di scegliere, occorrono strumentazioni diverse.

Voi a febbraio dopo le elezioni passerete la mano. Non vede il rischio che tutto il vostro lavoro finisca in un freezer?
Non credo. Quello del welfare di comunità è un percorso che stiamo condividendo con tutti gli attori coinvolti: sindaci, sindacati, organizzazioni non profit, enti erogatori, fondazioni e società civile. Non credo che chi verrà dopo di noi possa pensare di chiudere gli occhi di fronte a questa partecipazione.
 
 


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