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Il miracolo della società civile in Siria

A poche ore dalla conquista di Palmira, città patrimonio dell’Unesco, da parte dell’Isis, dalla Siria continuano ad arrivare racconti di violenza devastante e distruzione, eppure la società civile siriana continua a resistere e a battersi, rischiando la propria vita per proteggere il patrimonio culturale del Paese e la propria identità

di Ottavia Spaggiari

Mentre arrivano le notizie, sugli ultimi drammatici sviluppi del conflitto in Siria, dove l’Isis ha preso il controllo di Palmira, garantendosi così il controllo sul 50% del territorio nazionale e, mettendo a serio rischio l’enorme ricchezza della città antica, dichiarata patrimonio dell’Unesco, la società civile siriana continua a mobilitarsi, per proteggere il proprio patrimonio architettonico e continuare a resistere alla guerra.

“Dall’inizio della guerra, in Siria e all’estero, sono nate moltissime iniziative per salvaguardare il patrimonio culturale nazionale, dalla distruzione del conflitto, dai saccheggi e dal contrabbando,” spiega Issan Ballouz, architetto e coordinatore del Syrian Heritage Archive, un progetto che permette di mappare tutte le iniziative messe in atto per proteggere il patrimonio culturale siriano, così da tenere traccia dei movimenti delle opere sottratte alla violenza del conflitto. Ballouz è intervenuto durante l’Assemblea Generale Annuale dello European Foundation Centre, l’organizzazione che riunisce le principali fondazioni internazionali, che si sta svolgendo proprio in questi giorni a Milano e che ha dedicato un momento di riflessione per discutere dell’aiuto che le fondazioni possono offrire alla società civile siriana.

“Moltissimi studiosi, organizzazioni e semplici volontari, si sono impegnati per mettere in salvo opere d’arte e reperti archeologici, per questo è stato necessario condividere le informazioni e creare un database, per localizzare e verificare le condizioni i cui si trovano i reperti e le opere salvate.” Il progetto è stato sviluppato insieme all’Istituto Archeologico Tedesco, al Ministero degli Esteri tedesco e al Museo dell’Arte Islamica di Berlino, i finanziamenti però si concluderanno a dicembre. “E’ fondamentale riuscire a trovare altri fondi per portare avanti questo progetto. In questo conflitto è come se avessimo perso la nostra identità, ma il nostro patrimonio culturale può aiutarci a ritrovarla, perché appartiene a tutti. Una volta finita la guerra si potrà partire da questo terreno comune per ricostruire.”

Solo ad Aleppo sono stati messi in salvo più di 2mila reperti, nascosti dietro a dei muri di protezione, costruiti da studiosi e volontari del posto.

“Ciò che sta facendo la società civile in Siria è vero un miracolo,” racconta Rim Turkmani, astrofisica siriana, da anni residente in Gran Bretagna, oggi presidente di Madani, un’organizzazione che offre sostegno alle iniziative locali attivate sul territorio dai cittadini siriani. “Se ad Aleppo c’è ancora l’acqua e l’elettricità e si continua a resistere, è grazie all’impegno dei volontari e delle persone comuni che non si arrendono.”  Fondamentale, secondo Turkmani, riuscire a far sì che anche la filantropia internazionale riesca ad offrire un sostegno alle iniziative locali. Tra gli ostacoli più grossi a questo tipo di sostegno, la difficoltà di transazioni finanziare con il Paese e la possibilità di entrare in contatto con le realtà locali attive sul territorio, con cui è spesso troppo complicato comunicare e spesso nate dall’iniziativa dei cittadini in modo molto informale.

Portato ad esempio, come progetto di cooperazione tra i più efficaci l’iniziativa dell’Agenzia per lo Sviluppo Danese, Danida che ha lanciato un vero e proprio programma di incubazione per una non-profit locale, Our House Syria. “Sostenere la società civile sul territorio è importantissimo”, ha spiegato Bassma Kodmani, professoressa siriana, Direttore Esecutivo dell’ Arab Syrian Initiative, “perché significa nutrire un tessuto sociale che sarà ancora lì quando il conflitto sarà finito e dovrà ricostruire il proprio Paese.”

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