Politica

Il mio primo ospite? Il duca Federico, con tagliatelle acqua e farina

"A tavola" con Gino Girolomoni.

di Gino Girolomoni

Chi non conosce Federico da Montefeltro, questo celebre duca della mia terra che nella seconda metà del ?400, riuscì a realizzare un?utopia, quella di far diventare un paese di montagna come poteva essere Urbino una capitale del mondo? La sua tavola, poi, oltre ai cibi succulenti di cui qualcosa rimane fino ai nostri giorni, era un evento quotidiano, con ambasciatori da tutta Europa e dal Mediterraneo, e il tempo scandito minuziosamente non soltanto per mangiare, ma per dare udienza ai sudditi e per farsi leggere Aristotele e Platone dai migliori conoscitori del tempo e commentarli, come poteva e voleva fare colui che ricordò il suo maestro Vittorino da Feltre nel famoso studiolo con i ritratti dei grandi con questa dedica: “Al mio santo maestro che mi ha insegnato la dignità di vivere”. Dalla tavola imbandita traggo tre portate, i maccheroni, le salsicce di maiale e la crescia, che chi giungesse da queste parti potrebbe gustare anche nei nostri giorni. Per maccheroni però non si deve intendere i rigatoni odierni, ma le tagliatelle fatte in casa: anche nella mia famiglia ricordo che quando chiedevo alla nonna cosa ci fosse da mangiare sovente rispondeva “i macaron sai fagioi“, ed erano tagliatelle fatte con acqua e farina cui si aggiungeva qualche uovo, rarissimi d?inverno perché le galline non ne facevano. L?uccisione del maiale era un rito attesissimo da cui si ricavavano due prosciutti, due o tre lombate, i salamini, costarelle, cotiche (buonissime nella pignatta a cuocere sul fuoco lento con i fagioli), la coppa (con tutte le carni meno preziose). Ve ne parlerò settimana prossima. Buon appetito.


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