Natale con i poveri
Il mio primo Natale in famiglia, dopo tanti anni di carcere
Anna è in affidamento ai servizi sociali, lavora in un laboratorio di Lequile (Lecce), dopo essere stata detenuta nell'istituto penitenziario salentino. «È il primo Natale a casa con mia figlia e i miei nipoti dopo tanti passati in carcere. Nonostante le grandi difficoltà economiche, la paura di non farcela, i pensieri che non mi fanno dormire la notte, la parola di queste feste per me è solo una: felicità»
«La mia famiglia mi è mancata troppo. Ho proprio voglia di fare tutto ciò che posso con mia figlia e miei tre nipoti, durante queste feste». Anna (nome di fantasia), ha 60 anni ed è felice. Il suo Natale è molto modesto «ma all’insegna della gioia, perché è il primo che passo a casa dopo tanti anni. Quando si esce dopo aver passato molto tempo in carcere è dura, ma sto provando a ricostruire la mia vita con tanti sacrifici e impegno. Mentre ero nell’istituto penitenziario ho perso mia mamma, era lei a portare avanti la famiglia. Io, mia figlia e i miei tre nipoti ci siamo ritrovati a vivere in grandi difficoltà economiche», racconta.
«Ogni giorno ho paura di non farcela, vado a letto con tanti pensieri. Ma ora ho voglia di rimboccarmi le maniche e ricominciare. Nonostante le difficoltà, la parola di queste feste per me non può essere che una: felicità. Perché sto con le mie persone più care, in un angolo di paradiso tutto mio. Sarà anche l’occasione di stare con le mie sorelle e mio fratello, ci vediamo pochissimo».
Questo Natale «per me è fantastico, posso organizzare il menu e riscoprire le piccole cose. Mia figlia e i miei nipoti (due sono piccoli, una lavora) mi fanno sentire al centro della casa. Cerco di non far mancare loro nulla», continua Anna. «Tutti e tre i miei nipoti hanno sentito tanto la mia assenza, avermi a casa per loro è importante, mi coccolano sempre e cerco di essere presente in tutto. Al nipote più piccolo, qualche sera fa, dicevo che una cosa che non è possibile avere oggi non è detto che un domani non sia possibile averla. Lui mi ha detto: “Nonna, dobbiamo sempre pensare alle cose più importanti. La più importante di tutte è la famiglia”».
Da sei mesi Anna è in affidamento ai servizi sociali, lavora in un laboratorio di sartoria a Lequile (Lecce) gestito da Officina Creativa, fondata da Luciana Delle Donne: offre ai detenuti la possibilità di lavorare favorendo il loro reinserimento grazie al progetto Made in Carcere, attivo nelle carceri di Lecce, Trani, Taranto, Matera e nel minorile di Bari. È nel carcere di Lecce che Anna nel 2014 ha iniziato a lavorare grazie al laboratorio presente nell’istituto penitenziario, «poi ho continuato a lavorare fuori con la cooperativa Officina Creativa, questa è la strada giusta. Con lo stipendio riesco a pagare l’indispensabile: l’affitto, le bollette. Io e mia figlia ci diamo una mano, cercando di mantenerci, faccio anche altri lavoretti oltre al laboratorio».
«Non voglio deludere nessuna delle persone che mi hanno aiutato e che mi danno fiducia nell’ambito lavorativo», prosegue Anna. Avere la possibilità di lavorare in carcere «è utilissimo come educazione mentale: nella mia vita non avevo mai avuto l’opportunità di lavorare e mi si è aperto un mondo. Il laboratorio di Lequile per me è una seconda famiglia, mi dà una forma di educazione al lavoro che non avevo avuto prima. È grazie a questo mio percorso professionale che ho tutta questa forza di andare avanti, di gestire i soldi e ciò che è importante nella vita, aspettando di vedere se domani potrò avere qualcosa che oggi non posso permettermi».
Passare il Natale in carcere «significa avere una grande angoscia e creare dei disagi alla famiglia. Ho dato delle difficoltà a casa, in mia assenza. Oggi sto mettendo da parte anche il mio orgoglio, non voglio far vedere agli altri che non mi serve nulla, come facevo prima», dice. «Non faccio finta che sto bene, anche quando non è vero. Ho imparato che questo porta a dei compromessi nella vita e che l’umiltà alla fine paga».
Anna ha imparato a vedere il bicchiere mezzo pieno. «Avere la possibilità di passare il sabato, la domenica e i giorni di festa al villaggio di Babbo Natale, con i miei nipoti, non ha prezzo. Non ho 100 euro in tasca da spendere, ma partecipiamo alla festa vedendo le vie illuminate, gli addobbi, i mercatini: non costa nulla. Andiamo in tutti i posti vicini che possiamo visitare, poi entro le 21 devo tornare a casa. La casa l’abbiamo addobbata e illuminata a festa, per sentire ancora di più questo Natale».
«Non voglio più cadere nella tentazione del reato. Quando si vive in troppi disagi, in troppe difficoltà ci si “rifugia” nei reati. Mi sto riscoprendo giorno per giorno, ho più forza anche perché nei miei confronti vedo dei piccoli gesti, che per me sono enormi. Grazie a Luciana (Delle Donne, ndr) ho ricevuto una piccola donazione, degli oggetti di arredo e dei materassi, avevamo un estremo bisogno di cambiarli, dopo tanti anni i bambini li avevano rovinati. Per noi era una spesa troppo grossa in questo momento», prosegue Anna.
«Ricevere questi gesti di generosità e di stima mi rincuora, mi dà grande forza, mi aiuta ad avere fiducia. Quando sei in carcere, la fiducia la perdi, negli altri e anche in te stessa. Ormai sono sei mesi che sono fuori, sto facendo tutti i sacrifici possibili. Tra un anno, se tutto va bene, riesco a finire l’affidamento ai servizi sociali e sono libera del tutto».
La povertà è un tema totalmente dimenticato del dibattito politico e pubblico. Eppure abbiamo tassi mai visti negli ultimi dieci anni. E allora occorre avere il coraggio e la responsabilità di raccontare le storie di chi fatica ad arrivare a fine mese. Perché non solo le “loro” storie, sono le “nostre” storie. Questo articolo fa parte di una serie intitolata “Natale con i poveri”. Leggi anche:
– Quei 5,7 milioni di poveri che non vogliamo vedere
– Gli abitanti delle Vele di Scampia: «Il nostro Natale da “senzatetto”»
Foto in apertura dell’intervistata
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.