Politica
Il mio gran rifiuto a tutela del territorio
Il rappresentante della Compagnia di San Paolo per il Comune di Torino spiega che loperazione è troppo sbilanciata verso Milano: è questo il perché del suo no
di Redazione
Bruno Manghi ha detto no al patto Intesa – San Paolo. Un veto che non smonta di una virgola l?impalcatura del nuovo colosso bancario, ma che fa crescere dissapori e interrogativi sulla linea Torino – Milano. Nei panni di rappresentante della Compagnia di San Paolo per il Comune di Torino, l?ex sindacalista della Cisl e ora sociologo del lavoro tra i più ascoltati dalla politica, è stato l?unico dei sette membri del comitato esecutivo piemontese a mettersi di traverso all?accordo tra fondazioni azioniste. Ma non il solo a manifestare disagio per delle nozze più turbolente del previsto.
Vita: Allora, secondo lei, questo matrimonio non si doveva fare?
Bruno Manghi: Non sono contrario di principio all?idea di un grande istituto. Può dare grossi benefici, possibilmente remunerando al meglio le fondazioni azioniste (Compagnia di San Paolo, Cariplo, Carisbo, Cariparo ndr), che raccolgono il 21% del capitale. Sul come organizzare quest?unione, però, esprimo molte perplessità, peraltro piuttosto diffuse e condivise. E non si dimentichi il mio passato da sindacalista. L?atteggiamento duro del voto è un messaggio preciso per ricordare che la fondazione, in qualità di azionista, deve mantenere un ruolo di tutela del territorio. E forse il primo pezzo di strada fatta assieme è sbilanciato in direzione di Milano e della Lombardia. Occorre riequilibrare la situazione.
Vita: Quindi il suo è un invito a cambiare a rotta. A Torino tanti temono che l?aggregazione delle due banche si stia trasformando in un acquisto di Intesa su San Paolo. Il grattacielo che doveva sorgere sotto La Mole, come quartier generale, forse non si farà. L?area informatica torinese è in partenza per Milano. Sono solo malumori o c?è qualcosa di più?
Manghi: L?edificio, simbolo di una grande banca del territorio, è stato promesso alla città. Abbandonare il progetto significa concretizzare tutti i fantasmi e le paure della gente. Non è una questione di campanilismi, ma di funzioni di comando che, se perse, andranno a indebolire un?intera area. Le fondazioni, come enti stabilizzatori della fusione, non possono non tenerne conto. Cariplo forse è più abituata a questo compito perché è storicamente più coinvolta nelle vicende bancarie, mentre la Compagnia di San Paolo, per tradizione, ha mantenuto un profilo più esterno alla gestione.
Vita: Sembra di capire che non c?è grande intesa tra le fondazioni?
Manghi: Il vero problema è il management che spesso, benché non lo sia, si comporta come proprietario della banca. Invece i soldi che amministrano, e rendono forte un istituto, sono dei cittadini, ai quali dovrebbero rendere conto.
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