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Il mio Brasile, paese equo

Dalla riforma agraria alle politiche d’inclusione, dai rapporti con l’Italia all’importanza delle ong. In quest’intervista a 360 gradi, il presidente del gigante sudamericano si confida con Vita

di Paolo Manzo

Brasilia, base aerea militare. L?appuntamento è per le 15.30, ma è la terza località differente che Iván Marsiglia, trentenne di origine toscana preposto a organizzare l?intervista, comunica a Vita e a 30Giorni. Sino alle 12 la meta era Planalto, alle 13.30 il palazzo presidenziale era stato sostituito dall?Alvorada, dove Lula stava ricevendo una delegazione Fiat. Alle 15 l?ultimo cambiamento. E bisogna sbrigarsi perché subito dopo presidente e Consiglio dei ministri al gran completo voleranno a Minas Gerais, stato strategicamente fondamentale per le elezioni del primo ottobre. Del resto la campagna elettorale è entrata nel rush finale, l?obiettivo di Lula & Co. è di vincere al primo turno e anche un ritardo di cinque minuti potrebbe far sfumare tutto. La Fiat targata Senado Federal sgomma a folle velocità e l?autista della senatrice Fátima Cleide fa un?inversione a ?U?: in meno di un quarto d?ora passiamo dalla Praça dos Três Poderes, pieno centro di Brasilia, alla periferia sud, dove ci aspetta Iván. Lula deve ancora arrivare, ma ci sono già alcuni ministri. Per abbassare la tensione avvicino prima il ministro degli Esteri, Celso Amorim, poi Dilma Roussef, ex guerrigliera, oggi ministro e – per i bene informati – candidata nel 2010 a succedere a Lula, infine Luiz Dulci, ghostwriter presidenziale, capo della segreteria e interessato a rafforzare i rapporti tra il suo centrosinistra e quello di casa nostra. «Nell?ottica sarebbe interessante la nascita di un Partito democratico, non crede?», mi fa lui, lisciandosi i baffi. Ma la domanda rimane senza risposta perché, proprio in quell?istante, entra nella base aerea militare Lula assieme alla moglie Marisa, dietro il fotografo Domingos Tadeu e l?immancabile cameriere che, vassoio in mano, chiede se gradiamo un cafezinho. «No, obrigado, meglio iniziare subito l?intervista». Domanda: Presidente, lei è stato il primo operaio a essere eletto presidente del Brasile, rappresentando una grande speranza per il suo paese. Qual è il suo bilancio di questi anni alla guida del ?gigante? dell?America latina? Luiz Inácio Lula da Silva: Sono felice per il risultato di questi tre anni e mezzo di lavoro. Ma felice non significa che io sia soddisfatto: sono consapevole della dimensione del debito storico che il Brasile ha con il suo popolo e di quanto ci sia ancora da fare in questo paese. Domanda: Presidente, il programma Fome Zero ha avuto una grande risonanza in tutto il mondo, ma numerose sono state anche le critiche, soprattutto da parte della sinistra radicale che l?ha accusata di avere dato priorità alle politiche di risanamento economico a scapito delle politiche sociali. Quali sono stati i reali risultati conseguiti da Fome Zero? Lula: Alle critiche preferisco rispondere con i dati. Fome Zero oggi è integrato da 31 programmi o azioni che puntano a sradicare la fame tramite l?inclusione sociale. Nel 2006 abbiamo investito 11,7 miliardi di reais (pari a circa 4,3 miliardi di euro) per combattere la povertà. Si tratta d?investimenti che consentono a moltissime famiglie di avere accesso a un?alimentazione corretta, che promuovono la generazione di lavoro e di reddito, migliorando la qualità della vita nelle regioni più povere del Brasile. Quest?anno il volume delle risorse usate per combattere la povertà sarà l?89% in più rispetto a quello stanziato nel 2003, pari a 6,2 miliardi di reais (circa 2,3 miliardi di euro). Mai prima, nel mio paese, un governo aveva dato tanta importanza alle politiche sociali. Domanda: Resta il fatto che in Brasile, più che di Fome Zero, si parli molto di Bolsa Família. Di che si tratta? Lula: Bolsa Família è il principale programma di redistribuzione del reddito mai creato in Brasile, ed è già presente nelle case di circa nove milioni di famiglie povere. Su questo programma abbiamo speso dal 2003 a oggi 17,5 miliardi di reais (circa 6,4 miliardi di euro). Bolsa Família è un?evoluzione di Fome Zero ed è stato introdotto a partire dall?ottobre del 2003, unificando altri quattro programmi di redistribuzione del reddito: Bolsa Escola, Bolsa Alimentação, Cartão-Alimentação e Auxílio Gás. Abbiamo intensificato fortemente gli investimenti e oggi è presente in tutti i comuni brasiliani. Le famiglie beneficiarie rappresentano l?81% dei poveri di tutto il Brasile ed entro la fine del 2006 l?obiettivo di Bolsa Família è di elevare il numero a 11,1 milioni di famiglie, ovvero tutte le persone che per l?Istituto nazionale di statistica, l?Ibge, vivono sotto la soglia della povertà. Domanda: Il problema della distribuzione delle terre è da sempre una questione nevralgica per il Brasile. Come giudica l?attuale situazione e quali i risultati conseguiti? Lula: La riforma agraria è avanzata molto in Brasile negli ultimi tre anni e mezzo. Durante il nostro governo sono stati destinati alla riforma agraria oltre 22 milioni di ettari, un territorio maggiore di quello di tre paesi europei come Portogallo, Olanda e Belgio. Di questo ne hanno beneficiato oltre 245mila famiglie. Ma non abbiamo ragionato solo in termini quantitativi, quanto piuttosto a creare condizioni qualitativamente elevate. Domanda: Nello specifico cosa avete fatto? Lula: Abbiamo fatto investimenti pubblici in infrastrutture, abbiamo allargato le concessioni creditizie elevando il quantum e introducendo nuove linee di finanziamenti, abbiamo offerto assistenza tecnica… La sfida è stata superare il passivo che abbiamo ricevuto, creando un nuovo modello di costruzione degli insediamenti, in cui l?arrivo nella terra distribuita delle famiglie sia accompagnato da condizioni adeguate per coltivarla e da una vita degna di essere vissuta. Perché vi facciate un?idea, nel 2005 sette nuovi insediamenti su dieci hanno avuto accesso ai servizi di assistenza tecnica per produrre di più e meglio, ovvero per aumentare la produttività. Domanda: Presidente Lula, lei è considerato uno dei principali leader del Sud America. Come giudica la situazione del continente? Lula: In tutta la regione e, in modo particolare, in Sud America, stiamo vivendo l?esaurimento del modello economico neoliberale, fondato sulla riduzione della presenza dello Stato come elemento causale del processo di sviluppo nazionale. I governi progressisti che sono stati eletti recentemente nella regione riflettono un riconoscimento del fatto che occorra assegnare un ruolo strategico allo Stato nella definizione delle politiche pubbliche. Ma, oltre a ciò, i governi progressisti hanno elaborato anche la convinzione che non si assicurerà la crescita di lungo periodo necessaria per eliminare le condizioni di esclusione sociale che contrassegnano le realtà dei nostri paesi, senza promuovere una distribuzione del reddito a vantaggio dei settori più vulnerabili e marginalizzati. In altre parole, la distribuzione del reddito deve essere percepita come un importante motore di sviluppo e non solo come conseguenza del processo di crescita. Niente di quanto detto esclude, sia chiaro, l?impegno con la stabilità macroeconomica, la prudenza fiscale e le riforme microeconomiche che si stanno implementando progressivamente nella regione sudamericana ed è evidente, quindi, che all?interno di questo quadro generale ogni paese imboccherà il suo cammino specifico, alla luce dell?esperienza storica e della realtà contemporanea di ciascuna società. Per quanto possano pesare queste specificità, resto convinto che sia unendo gli sforzi, lavorando assieme, che i nostri paesi potranno promuovere le trasformazioni necessarie per integrarsi in modo competitivo in un?economia globalizzata. Ed è proprio per questo che siamo tutti impegnati nel processo di integrazione regionale, la cui espressione più ampia è la nascente Comunità sudamericana delle nazioni. E per lo stesso motivo siamo uniti nel rafforzamento e nel perfezionamento del Mercosul, il mercato comune del Sud America. Un elemento centrale del processo d?integrazione regionale. Domanda: Il Mercosul sta acquisendo sempre maggior importanza e, dal maggio del 2006, ha un nuovo membro, il Venezuela. Che contributo può dare Caracas e quali sono le sfide maggiori che questo blocco regionale si trova di fronte? Lula: Il Mercosul oggi si estende dalla Terra del Fuoco ai Caraibi, confermando la sua vocazione naturale ad accogliere nuovi soci della regione e porre le basi per associazioni più ambiziose. Senza dubbio ci sono molte sfide davanti a noi, una cosa naturale in qualsiasi associazione con il livello di ambizione e profondità del Mercosul. Siamo nel frattempo impegnati a diminuire le asimmetrie che gravano sui soci minori del blocco, come Paraguay e Uruguay. E per questo il Brasile è impegnato a fondo, ad esempio, nel rendere operativi il Fondo strutturale che aiuterà le economie di Paraguay e Uruguay ad attrarre investimenti e a facilitare l?accesso delle loro merci nei mercati più sviluppati del blocco. Domanda: E il Venezuela di Chávez? Lula: La sua entrata nel Mercosul è un fatto di grande importanza perché, oltre a rappresentare 25 milioni di consumatori, possiede riserve di gas e petrolio cruciali per l?integrazione energetica del continente ed è fortemente impegnato con gli obiettivi di integrazione territoriale e commerciale che stanno alla base del blocco. Domanda: Lula crede nel Mercosul? Lula: Credo molto nel futuro del blocco e proprio questo è il messaggio che ho voluto trasmettere all?ultimo vertice del blocco, tenutosi lo scorso luglio a Cordoba, in Argentina. Domanda: L?Alca è definitivamente tramontata? Lula: L?Area di libero commercio delle Americhe sarà riattivata quando e se ci saranno le condizioni per arrivare a un pacchetto di proposte negoziali accettabile per tutte le parti in causa. Molti degli elementi necessari affinché ciò possa avvenire dipendono dagli sviluppi nelle negoziazioni in sede Wto. Il Brasile non si oppone all?Alca; semplicemente così com?era, non ci interessava. Domanda: Il Brasile, tramite il ministro degli Esteri, Celso Amorim, è il paese che si è maggiormente impegnato nella creazione del G20 con l?obiettivo di coordinare gli Stati del Sud del mondo e i cosiddetti ?emergenti? e negoziare così da una posizione di forza maggiore il Doha Round, in sede Wto. Come giudica l?interruzione dei negoziati? Quali le soluzioni possibili per uscire dall?impasse attuale? Lula: Il Brasile, insieme alla grande maggioranza dei paesi, ha lamentato profondamente l?interruzione delle negoziazioni per un?Agenda per lo sviluppo nell?Organizzazione mondiale del commercio. Quello che è in gioco in questi negoziati non sono solo una manciata di concessioni in materia commerciale, bensì lo stesso futuro del multilateralismo nella sfera economica, con le ovvie ripercussioni sul piano sociale e politico. I paesi poveri non hanno bisogno di favori, ma di condizioni giuste per far valere i loro vantaggi comparati. Il G 20 ha contribuito in modo decisivo ad avvicinare le posizioni, con le sue proposte al tempo stesso ambiziose ed equilibrate, ma la crisi nelle negoziazioni non è tecnica bensì politica. E deriva da una mancanza di leadership: per questo il Brasile continua a collaborare con i principali leader del mondo sviluppato e in via di sviluppo per trovare una possibile via d?uscita, una strada percorribile. Confido che, dopo una valutazione del quadro attuale, torneremo al tavolo negoziale pronti a dimostrare la flessibilità richiesta, affinché l?Agenda per lo sviluppo di Doha sia ambiziosa ed equilibrata, con vantaggi per tutti. La recente visita in Brasile, la seconda negli ultimi sei mesi, del ministro statunitense incaricato per i negoziati commerciali, Susan Schwab, per esaminare le condizioni in cui questo potrebbe realizzarsi è un segnale assai ben augurante. Domanda: Come sono le relazioni con il governo Prodi? Lula: In un colloquio con il vostro presidente del Consiglio, in occasione della sua elezione, abbiamo parlato dell?interesse reciproco di intensificare i rapporti bilaterali tra Italia e Brasile, rapporti che hanno solide basi, sia storiche che umane. Ci siamo accordati nel dare un seguito ai progetti e alle iniziative già in corso tra i nostri due paesi. In questo ambito tengo molto a sottolineare la recente visita di una folta delegazione di Confindustria negli stati brasiliani di Minas Gerais, Rio de Janeiro e São Paulo. Una visita che ha dimostrato il potenziale per la nascita di nuove collaborazioni tra le imprese dei due paesi. In quell?occasione, gli imprenditori italiani hanno manifestato interesse nello sviluppare joint ventures nei settori delle infrastrutture, dell?agroindustria, nel manifatturiero, dell?elettronica e della microelettronica, della moda e del design. Sul versante brasiliano, noi possiamo offrire la nostra cooperazione nei settori della tecnologia bancaria, della raccolta tributaria, delle urne elettroniche, della biotecnologia e dei combustibili rinnovabili. Domanda: Da operaio lei ha sperimentato il lavoro, la disoccupazione, lo sfruttamento e l?umiliazione. Come giudica oggi la condizione operaia in Brasile? Lula: La grande soddisfazione che ho da quando sono al governo è di vedere che la vita dei lavoratori sta migliorando nel nostro paese. Il governo ha investito nella creazione di posti di lavoro, nell?aumento del reddito dei brasiliani, rinforzando la specializzazione professionale, oltre a combattere ogni forma di lavoro degradante, come quello schiavizzante o il lavoro minorile. Il numero degli impieghi regolarizzati è cresciuto sensibilmente. Dal gennaio del 2003 all?aprile del 2006 sono stati generati quattro milioni di posti con relativo libretto di lavoro. Inoltre, l?aumento del salario minimo, anticipato quest?anno ad aprile, ha avuto una crescita reale e netta del 13,7%, la maggiore dal 1995. Domanda: «La speranza ha vinto la paura» recitava quattro anni fa il suo principale slogan elettorale. Adesso, tenendo conto della difficile situazione internazionale, che significato ha per lei questa frase? Lula: In un momento in cui l?agenda della comunità internazionale era in buona misura dominata dal tema della minaccia terroristica, siamo riusciti a far prevalere certi principi fondamentali. Allo stesso modo oggi, assieme al terrorismo che deve essere combattuto con fermezza e senza tregua, non possiamo lasciare che questa lotta minacci le nostre istituzioni democratiche e i nostri valori di rispetto ai diritti e alla dignità della persona umana. D?altro canto ho sempre sostenuto che la maggiore e più radicata minaccia che grava sulla nostra sicurezza collettiva è la piaga globale della miseria e della fame che affligge milioni di persone in tutto il mondo. Una piaga che, se non spiega il terrorismo, certamente aiuta a farci comprendere perché esso attecchisca nelle comunità dominate dalla mancanza di speranza e dalla frustrazione. In tal senso, i progressi che abbiamo raggiunto nell?ottenimento dell?appoggio per l?Azione internazionale contro la fame e la povertà, lanciata nel settembre 2004 a New York, è ragione di ottimismo. Oggi stiamo già cominciando a porre in essere meccanismi finanziari innovativi e concreti per creare risorse addizionali e regolari. Con l?obiettivo di aiutare i paesi più poveri a raggiungere gli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Solo allora la speranza avrà vinto la paura, anche nel mondo. Domanda: Come giudica la collaborazione delle ong? Lula: Sin dall?inizio del nostro governo abbiamo adottato come metodo la partecipazione sociale e l?interlocuzione diretta con la società civile organizzata, con le imprese e i movimenti sociali. In questi tre anni e mezzo ho ricevuto una varietà immensa di persone, di qualsiasi settore brasiliano si possa immaginare. Persone che mai e poi mai avevano pensato di mettere piede dentro un palazzo presidenziale. Del resto il dialogo – invece dell?imposizione di politiche e programmi – è una delle caratteristiche fondamentali del nostro governo. Da quando mi sono insediato ho ricevuto i rappresentanti delle aree più diverse dell?agire sociale: indigeni, abitanti dei quilombos (i villaggi di ex schiavi, ndr), lavoratori rurali, piccoli produttori, grandi industriali, intellettuali, operai, artisti, educatori, studenti, ambientalisti… Le decisioni importanti sono state prese con la collaborazione del Parlamento e in contatto diretto con questi gruppi. In questo modo le politiche pubbliche hanno iniziato a essere costruite con la partecipazione delle classi popolari e in aperto dialogo con la società brasiliana. È questa nuova tipologia di governo che ci ha garantito molte conquiste e, tra le tante, l?aumento del salario minimo, la riforma universitaria, il Piano raccolto per l?agricoltura familiare e il Piano nazionale di riforma agraria. I movimenti sociali e le ong hanno guadagnato più importanza e hanno smesso di avere solo e semplicemente un ruolo di rivendicazione, per assumere invece un ruolo di corresponsabilità nella costruzione delle politiche pubbliche. è questo dialogo con la totalità della società civile che legittima le azioni del nostro governo. Domanda: Come mai c?è tanta burocrazia, anche per le ong che vorrebbero aiutare? Lula: Tradizionalmente lo Stato brasiliano non è stato organizzato per assistere i meno favoriti e fortunati. Cambiare questa cultura secolare richiede tempo e volontà politica ma è ciò che stiamo facendo nell?adottare il dialogo e la partecipazione sociale come metodo di governo. La società civile è sempre stata molto distante dal processo di gestione dello Stato ma, dal 2003, abbiamo iniziato a lavorare per condividere questo know-how. Reputo fondamentale che la società civile si impossessi della gestione dello Stato, conosca i suoi meccanismi e sappia come partecipare alla costruzione delle politiche pubbliche. È vero che in Brasile c?è ancora burocrazia, ma abbiamo compiuto molti passi in avanti e sono convinto che abbiamo raggiunto una nuova piattaforma nelle relazioni tra Stato e società. Una piattaforma che ha introdotto cambiamenti notevoli nell?interazione tra il governo brasiliano e il suo popolo. E si tratta di un?eredità che è destinata a rimanere nel futuro di questo paese.


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