Cultura

«Il mio amico Bernard Maris»

Intervista al giornalista di Alternatives Economiques Guillaume Duval, grande amico dell'economista ucciso nella strage di Parigi: «Era un eccellente conoscitore di Keynes, ma anche un personaggio bizzarro, che scriveva di economia in maniera umoristica ma nella sostanza molto seria per un giornale, Charlie Hebdo, che non è serio per niente»

di Cristina Barbetta

Bernard Maris è una delle 12 vittime dell’attentato a Charlie Hebdo dello scorso 7 gennaio. Nato a Tolosa nel 1946, scriveva sul settimanale francese  con lo pseudonimo “Oncle Bernard” (“Zio Bernard”). Economista, professore universitario, consigliere della Banca di Francia, giornalista  e uomo di grande umanità e cultura, collaborava  regolarmente anche con Alternatives Economiques, mensile francese di informazione economica e sociale, con sede a Parigi. Abbiamo incontrato Guillaume Duval, caporedattore di Alternatives Economiques, per parlare di Maris e degli avvenimenti degli ultimi giorni nella regione parigina.

Come ha reagito all'attentato a Charlie Hebdo ?
E’ stato uno shock terribile per la società francese. E’ stata una carneficina, e non solo sul piano fisico.  Noi giornalisti di Alternatives Economiques ci siamo sentirti molto  toccati perché conoscevamo personalmente la maggior parte delle persone che sono morte . Non solo: queste persone erano molto presenti nella  “bande dessinée” francese  da 40 anni. Con loro molti francesi- come me, che ho 58 anni – hanno passato gran parte della  loro gioventù. C'erano già state delle minacce contro Charlie Hebdo, è stato anche lanciato un cocktail molotov contro il giornale, ma quest'attentato  è tutt’altra cosa.

Che ricordo ha di Bernard Maris?
I 12 morti a Charlie Hebdo  erano sopratutto dei disegnatori. Ma non solo. Bernard Maris era  un professore universitario di economia  e un giornalista  che ha collaborato per Alternatives Economiques per molti anni, scrivendo di  teoria economica e  storia. Era molto conosciuto perché interveniva anche sulla radio pubblica  France Inter.  Era un eccellente conoscitore dell’opera di Keynes, sul quale aveva scritto molto. Si interessava anche alla  psicanalisi e alla letteratura. Era sposato con la figlia di un autore francese molto conosciuto, Maurice Genevoix, di cui conosceva molto bene l’opera. Era una persona di grande cultura, umanità e tolleranza. E’ stata una grande perdita per noi e per il mondo dell’economia. Era un personaggio bizzarro, che scriveva di economia in maniera umoristica ma nella sostanza  molto seria per un giornale, Charlie Hebdo, che non è serio per niente, che utilizza l’ironia, la derisione. Ma  aveva trovato davvero il suo posto nella squadra e concorreva molto attivamente al funzionamento del giornale, di cui era anche azionista.  Era anche impegnato nel movimento altermondista.

Mi parla del rapporto di Maris con lo scrittore Michel Houellebecq?
Bernard  era amico di Houellebecq e gli ha anche dedicato un libro: Houellebecq economista. Pensava che  Houellebecq avesse capito molto bene la realtà dell'epoca e i suoi cambiamenti. E’ un’idea che condivido anch’io: spesso gli artisti, gli scrittori, comprendono meglio la realtà di un’epoca che cambia rispetto agli autori universitari.

Cosa vuole comunicare su quello che è successo a Parigi?
Questo avvenimento  è successo in un contesto in cui c’era già una reazione antimusulmana nella società francese. C’è stato  a questo proposito  un dibattito su un libro scritto da  Eric Zemmour , un giornalista di Le Figaro: “Le suicide francais “, e qualche giorno fa è ripartita  una discussione su un nuovo libro di  Houellebecq, “Sottomissione”,  un romanzo  ambientato nel  2024 che prevede uno  scontro finale tra Marine Le Pen e il primo capo di Stato musulmano nella storia d’Europa. Quindi penso che già da prima della violenza degli ultimi giorni ci fossero  delle questioni poco “simpatiche” attorno alla questione  musulmana in Francia.Il rischio è ora grave: che la reazione della società francese sia di cadere completamente  in quelle idee  rappresentate da Marine Le Pen e dal suo seguito elettorale.  La nostra capacità dopo questi avvenimenti  deve essere quella di  conservare  una società aperta, democratica , di non dare ragione a questi terroristi che cercano sangue, che cercano di creare uno scontro tra i musulmani e “gli altri” in Europa . La nostra capacità di non cedere a questo sarà determinante.

Ci sono in Francia  delle strutture della società civile che funzionino come presidio del territorio di fronte al rischio della criminalità?
Ci sono  strutture pubbliche, soldi pubblici, assistenza sociale ma non sono sufficienti in un contesto come quello francese dove c’è una segregazione urbana molto forte e la gente in difficoltà vive in ambienti degradati. La situazione  è così da molto tempo.  La crisi ha aggravato la disoccupazione e quella giovanile in particolare.

 Cosa si può fare per ovviare a questa situazione?
Ci sono dei programmi di riqualificazione urbana che risalgono agli anni ’60, ma sono falliti. Da circa 10 anni è stato lanciato un altro programma di riqualificazione urbana ma il suo sviluppo richiede  tempo. E non sempre è ben realizzato perché è fatto in modo un po’tecnocratico. E' realizzato da ingegneri senza la partecipazione degli abitanti. In più oggi la crisi fa sì che il budget per questi progetti sia ridotto parecchio.

Chi sono gli jihadisti che hanno commesso queste violenze?
Sono  giovani radicalizzati nelle banlieues dove  hanno vissuto in condizioni sociali e materiali difficili in una Francia che ha fallito nell’integrazione degli immigrati e che ora paga questa mancanza. Questa gente si monta la testa  nelle prigioni.  Lo stato terribile  in cui versano le  prigioni francesi e le vessazioni che subiscono i detenuti  in condizioni materiali spaventose ha una responsabilità non trascurabile. Infatti tutte queste persone sono diventate estremiste in prigione, dove i gruppi religiosi  sono venuti in loro soccorso di fronte ad una società che non li aiuta. Chi  ha sparato a Charlie Hebdo  viene da Charleville-Mézières, una regione molto degradata dove c'è molta disoccupazione e questo ha dei legami stretti con questi avvenimenti.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.