Cultura

Il mio amico Barcellona, stupito dalla vita

Intervista a don Francesco Ventorino, il sacerdote catanese che negli ultimi anni era diventato grande amico del filosofo scomparso venerdì. «Era un uomo pronto a valorizzare tutto ciò che di vero incontrava»

di Giuseppe Frangi

Negli ultimi anni della sua vita il “comunista” Pietro Barcellona aveva stretto una grande amicizia con un sacerdote catanese, don Francesco Ventorino che ieri ha concelebrato la sua cerimonia funebre. Con lui aveva anche scritto un libro a quattro mani dal titolo emblematico: L’ineludibile questione di Dio. Un libro, in due atti più un epilogo, che affianca al saggio del teologo rigoroso il saggio dell'intellettuale inquieto e si conclude con un dialogo appassionato e appassionante tra loro. Non è una contrapposizione di teoremi, ma un paragone fra uomini; e riesce tanto più significativo in quanto sorge e si sviluppa sul terreno di un’amicizia. L’incontro tra don Ventorino e Barcellona è datato 2006. Furono gli studenti cattolici di Comunione e liberazione  gli regalarono un libro dell’università catanese dove il filosofo aveva insegnato sempre con grande dedizione e un suo scritto lo colpì, a fare da tramite. Da quel momento, lo aveva voluto conoscere, l’amicizia è cresciuta in un confronto libero che per Barcellona ha rappresentato una sorta di seconda giovinezza.


Don Ventorino, com’è avvenuta la svolta di Barcellona?
«Il suo percorso è iniziato dopo il crollo del muro di Berlino, attraverso il travaglio di una revisione profonda della sua personalità. Barcellona è pervenuto ad una sorta di resurrezione della consapevolezza di sé, come egli stesso la chiamava, nella quale tutto è recuperato, soprattutto il suo passato. Importanti e decisivi sono stati per lui gli incontri fatti».

Come quello con lei…
«La confessione cristiana di Barcellona mi commuoveva, sempre, perché mi riguardava personalmente. Barcellona infatti riconosceva pubblicamente che questo incontro per lui era accaduto attraverso un prete di cui era diventato amico nei suoi ultimi anni»

Un ricordo del rapporto con lui…
«Tanti, ovviamente. Ma per restare nel discorso citerei la volta che mi regalò un libro di Luisa Muraro, dal titolo affascinante Al mercato della felicità. In quel libro c’era una pagina che spiega molto del cammino fatto da Barcellona. Scrive la Muraro: “Il reale non è indifferente al desiderio e non assiste indifferente alla passione del desiderare”. È stata proprio questa contrattazione instancabile con la realtà rilanciata continuamente dalla molla del suo desiderare che ha contrassegnato l’esistenza del mio amico Pietro. Un uomo stupito continuamente da ciò che la vita poteva offrirgli e pronto a valorizzare quanto di nuovo e di vero essa gli faceva incontrare».

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