Governo

Il ministro cancella 4.250 coop e le cooperative applaudono

Il ministero delle Imprese e del Made in Italy guidato da Adolfo Urso ha disposto lo scioglimento e la cancellazione dal Registro delle Imprese di migliaia di società non più attive. Soddisfatte Legacoop e Confcooperative:«Avanti così nella battaglia contro le false coop»

di Redazione

Con un decreto il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha disposto lo scioglimento e la cancellazione dal Registro delle Imprese di 4.250 società cooperative non più attive da anni. Un provvedimento che il mondo cooperativo rappresentato da Legacoop e Confcooperative valuta molto positivamente.

Simone Gamberini, presidente di Legacoop: «Per la quasi totalità dei casi si tratta di cooperative che non aderiscono alle associazioni di rappresentanza del settore, la cui attività di vigilanza sulle cooperative aderenti copre quasi il 100% della platea associativa. Sicuramente ci sono ancora molte cooperative che si trovano nella stessa condizione di quelle sciolte con questo provvedimento. Auspichiamo che questa attività di controllo prosegua e si rafforzi, in quanto è uno strumento importante per contrastare il fenomeno delle false cooperative, spesso costitute per scopi che niente hanno a che vedere con le finalità mutualistiche della cooperazione autentica riconosciuta dalla Costituzione, che non rispettano le leggi e gli obblighi contrattuali, ledendo i diritti dei lavoratori e l’immagine delle cooperative sane».

Una posizione condivisa dal numero uno di Confcooperative Maurizio Gardini: «C’è ancora molto grasso da aggredire. Gli elenchi non vengono aggiornati da tempo. Delle 100mila cooperative ancora iscritte all’Albo meno di 80mila sono verosimilmente attive. L’atto del MiMIT è di grande importanza. Una misura non simbolica, ma di reale contrasto alla falsa cooperazione azione che vede Confcooperative impegnata al fianco del ministero sia ai tavoli di lavoro sia sul territorio. Cattiva impresa vuol dire cattivo lavoro e cattiva economia: va estirpata».

Foto: Adolfo Urso/La Presse

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