Formazione

Il microcredito lancia la sfida a Bush

L’economista Muhammad Yunus è intervenuto a Milano il 19 marzo scorso. Ecco un passaggio del suo intervento.

di Redazione

Pensate al mondo ingiusto che abbiamo creato: ci vivono 6 miliardi di abitanti e possiamo dire con sicurezza che la metà non ha accesso a servizi finanziari. Anche più della metà. E non c?è bisogno di andare in Bangladesh per rendersene conto. Guardatevi intorno in Italia: quante persone non hanno accesso ai servizi finanziari! È un problema di cui la religione si occupa da sempre, parlando dell?usura e del potere che ha di distruggere la vita delle persone. Lo dice chiaramente il Cristianesimo, e ne parla anche l?Islam che condanna l?interesse perché è uno strumento di sfruttamento. Ma mentre la religione si preoccupava dell?usura, cos?hanno fatto le istituzioni finanziarie tradizionali e i governi? Niente. Nessuno si è mai interessato alle persone che avrebbero bisogno dei servizi delle istituzioni finanziarie. Dicono che non valgono abbastanza per avere del credito, il che è come emettere un verdetto: una sentenza di morte per metà della popolazione della terra. In un mondo in cui non puoi iniziare niente di nuovo senza soldi, infatti, dire che una persona non può avere credito è come condannarla a morte. Io penso che gli esseri umani, insieme, possono fare tutto quello che vogliono se ci mettono veramente la testa. La povertà,però, è un argomento cui nessuno ha prestato veramente attenzione. Ed è per questo che le banche tipo Grameen Bank sono importanti: non sto dicendo che la mia banca sia la migliore soluzione al problema, dico che è un tentativo, e che funziona. Funziona in Bangladesh da 26 anni, in molte altre parti del mondo in contesti e forme diverse. Mentre noi siamo qui a parlare di microcredito, i potenti del mondo parlano di povertà a Monterrey, in Messico. Ma come puoi parlare di povertà senza assicurare l?accesso ai servizi delle istituzioni finanziarie? Non possiamo parlare di affrancare le persone dalla povertà senza dare loro l?opportunità di cambiare la loro situazione. La povertà non può essere sconfitta da qualcun altro, deve essere il diretto interessato a farlo. Ma come puoi uscire dalla povertà se non ti danno i 10 dollari di prestito che ti servono per cambiare la tua vita? Le istituzioni non si preoccupano di dare prestiti da 5 milioni di dollari e perdere tutto, e del fatto che le banche chiudano una dopo l?altra perché le persone ricche non restituiscono i prestiti, però non si arrischiano a dare 10, 20 o 50 dollari a una persona povera. Cosa vi ferma? Su questo mi piacerebbe che si concentrasse la discussione a Monterrey. Durante il Summit del millennio delle Nazioni Unite, il mondo intero si è impegnato a tagliare della metà il numero delle persone povere entro il 2015. E il 2015 è qui dietro l?angolo: quanti poveri vogliamo aiutare nel 2002, quanti nel 2003? Ci dedichiamo attenzione o speriamo di svegliarci nel 2015 e scoprire che abbiamo dimezzato il numero dei poveri? Non succederà così, dobbiamo lavorarci passo dopo passo. Questo è il paradosso sulla povertà: continuiamo a parlarne ma dietro non c?è alcun ragionamento. Se i governi non pongono attenzione al problema, a questo punto spetta ai cittadini farlo. È compito nostro. Non è una questione di risorse, e nemmeno di tecnologie. Affrancare le persone dalla povertà, è solo questione di volontà. Di attenzione, tutto qui. Possiamo farcela, e possiamo andare anche oltre. Se riesci a ridurre una cosa della metà, infatti, puoi ridurla anche a zero. Ma allora, perché non possiamo pensare di creare un mondo completamente libero dalla povertà? L?unica cosa che dobbiamo fare è aiutare le persone povere a tirare fuori le potenzialità e la creatività che hanno dentro. A questo servono i piccoli prestiti.


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