Welfare

Il metodo San Patrignano. Fermate le foglie

Lavoro, pulizia,ordine. Con queste regole la comunità ha recuperato 15mila tossicodipendenti. Resistendo a critiche ferocissime. Noi ci siamo andati.

di Gabriella Meroni

Ci accusano di trattare i tossicodipendenti come bambini. Ma è la droga che blocca la crescita della persona. Quando un 40enne si droga diventa come un ragazzino, non sa gestire sentimenti ed emozioni. È vero, lo tratto da bambino, ma qui dentro le regole ci sono e vanno rispettate, perché la vera libertà non è fare quello che si vuole». Benvenuti a San Patrignano, il villaggio dei divieti, del lavoro e della pulizia. Ma anche benvenuti a Sanpa, il luogo che in vent?anni ha ridato la vita a 15mila ?ragazzi persi?. È con la forza di questi numeri, e delle 3mila persone che ogni anno vorrebbero entrare ma non ci riescono, che questa comunità così amata e così discussa si presenta. Senza nascondersi dietro un dito, Carlo Forquet (oggi direttore del mensile San Patrignano, ieri ?ragazzo perso? che Vincenzo Muccioli in persona spedì a temprarsi nelle stalle) ci parla di quel metodo, duro ma mai ipocrita, che ha decretato l?originalità di San Patrignano, il suo successo, e anche la sua fama di ?lager?. Per quel famoso ordine cui chi entra qui, da qualunque disordine arrivi, è ?costretto? a uniformarsi. Proibito lo scrocco Un ordine fatto di piccole cose: di bicchieri perfettamente allineati sui tavoli da pranzo, di pietanze da consumare sempre fino in fondo, di vialetti senza una sola foglia a terra, della caffeina proibita, delle 10 sigarette al giorno ?senza scrocco?, del letto da rifare ogni mattina, di puntualità, di turni, di abbondanti ?grazie? e ?per favore? che infarciscono le frasi dei rapporti quotidiani. E, ovviamente, del divieto di uscire, se non in alcuni casi e a fine percorso terapeutico. E di un altro divieto (ma qui preferiscono chiamarlo ?invito?), quello di fidanzarsi tra ospiti, che Forquet spiega ancora con il blocco emotivo provocato dalla droga: «Finché non torni padrone delle tue azioni e dei tuoi sentimenti puoi scambiare per amore un?emozione passeggera. Bisogna essere prudenti, nell?interesse dei ragazzi. Ciò non toglie che anche qui ci sono stati matrimoni e nascite, ma sono rari e di solito tutto succede a fine percorso». Molto più frequenti invece i casi di persone non più giovanissime che arrivano con la famiglia, e che alloggiano in casette rosse e chalet di legno (a San Patrignano ce ne sono 60, in cui vivono, con i genitori, 120 bambini).«Ciascuno degli 800 ragazzi che entrano qui ogni anno viene affiancato da un ?anziano?, che lo aiuta a comprendere come funziona la convivenza e ne è anche responsabile, in un certo senso», spiega Forquet. «Oltre che con il ?tutor? il nuovo arrivato viene a contatto con i compagni della propria camerata, e in seguito con i colleghi del reparto di lavoro cui è assegnato. Il lavoro è fondamentale, perché come diceva Vincenzo è attraverso il lavoro che si ritrova la dignità». Mamma, ubbidisci Per mesi e mesi, questa è la vita di chi arriva fin quassù. Le ribellioni che un tempo, dice Forquet, erano più frequenti, oggi si sono diradate. E non è necessariamente unbel segnale: «Una volta arri- vavano persone già formate, con una personalità delineata, che spesso opponevano resistenza in nome di una loro visione del mondo; oggi vediamo ragazzi il cui percorso educativo non è nemmeno iniziato, e che sono caratterizzati da una drammatica passività. La colpa è anche delle nuove sostanze, che non li portano più a ?toccare il fondo?, a fare i conti con la propria debolezza e a reagire. Per molti ospiti arrivare qui significa incontrare per la prima volta qualcuno che gli dica cosa deve o non deve fare. Qualcuno autorevole, credibile». Succede anche a chi ha superato da tempo l?adolescenza: come quella 40enne arrivata in comunità accompagnata dalla figlia di 15 anni, che come una donnina assennata le ripeteva: «Mi raccomando, mamma, ubbidisci e fai la brava». Per questo, continua Forquet, San Patrignano non è innanzitutto una comunità terapeutica, ma una comunità educante. Che proprio per ?ricostruire? ragazzi meno motivati ha allungato il percorso da 3 a 4 anni. «Noi contestiamo quel malinteso senso di libertà che significa fare quello che si vuole», spiega ancora Carlo. «È importante che chi arriva qui capisca che la libertà finisce dove inizia quella degli altri, e che ciascuno è responsabile delle proprie azioni e delle loro conseguenze. I nostri atti non sono individuali, si riflettono su altre persone: drogarsi non è un atto personale ma coinvolge altri, famiglia, amici, società». Silenzio e lavoro Una visione che, piaccia o non piaccia, è apprezzata più a destra che a sinistra. Come mai? Carlo Forquet alza le spalle. Non sa se ridere o arrabbiarsi. In fondo qui, fin dai tempi di Vincenzo Muccioli, hanno sempre dovuto confrontarsi con le etichette politiche. Alla fine sbotta: «Noi siamo più di sinistra di quelli di sinistra, perché combattiamo la droga che è mancanza di libertà e mettiamo in condizione le persone di fare veramente ciò che vogliono, facendo emergere la loro personalità. L?equivoco sta nel fatto che l?amore non è dire sempre di sì per tolleranza: per noi ci vuole anche l?autorità». Facendo un giro per il villaggio, colpisce il silenzio. Non solo perché siamo lontani dalla caotica costa riminese, ma anche perché qui si lavora, e non per modo di dire. Nei 50 reparti in cui sono impiegati, gli ospiti di Sanpa producono ogni anno merci per 5 milioni di euro, coprendo per l?80% il fabbisogno alimentare della comunità. Tanto che un visitatore malizioso potrebbe chiedersi quanta ?autorità? ci metteranno i capi reparto per ottenere questi risultati. Il sorriso di Lina Se fossero tutti come la signora Lina Balzani, responsabile della lavanderia (reparto femminile che lava e stira 8 tonnellate di biancheria la settimana), la risposta sarebbe del tutto rasserenante. Amica d?infanzia di Vincenzo Muccioli, Lina è una tipica mamma (ha quattro figli) romagnola, dalla messa in piega marmorea, la bocca rossa disegnata a cuore e un antico profumo di colonia addosso. Per tutte le sue ?ragazze?, si capisce da come la guardano, è una delle ragioni che spingono ad andare avanti. Il suo metodo? Semplice: «Sorrisi, carezze, attenzioni. E tranquillità. Per quelle che son qui, o almeno per la maggior parte di loro, questa era una parola del tutto sconosciuta». Notizie dalla comunità: http://www.sanpatrignano.org Il sito del Nida americano: http://www.nida.nih.gov


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