Non profit

Il mercato punti sulla pace

La Pace è un valore universale su cui i mercati farebbero meglio a puntare

di Francesco Maggio

Il più antico fondo di investimento socially responsible si chiama Pax World fund. Fu lanciato nel 1971 negli Stati Uniti, dopo che le proteste dei pacifisti americani contro la guerra in Vietnam (ma anche gli echi mai del tutto sopiti delle rivoluzioni studentesche) avevano prodotto uno scenario davvero inedito per il mondo della finanza di allora: da un lato, venivano formulate forti critiche a un certo modo di investire i soldi, ispirato a criteri prettamente speculativi, indifferente alla loro ?destinazione d?uso?; dall?altro, se questo diffuso malcontento fosse stato opportunamente intercettato, si sarebbero potute aprire enormi potenzialità di crescita per un nuovo settore finanziario (quello degli investimenti socialmente responsabili, appunto) e, quindi, per le società di gestione del risparmio che fossero state in grado di entrarvi. I più rapidi a capirlo furono due pastori metodisti, Luther Tyson e Elliot Corbett che, nell?agosto di quell?anno, diedero vita al Pax World, un fondo di investimento che, oltre ad escludere tassativamente dal portafoglio titoli di aziende che operavano nel settore della produzione e del commercio delle armi, ?premiava? quelli di imprese che tutelavano l?ambiente e puntavano alla piena occupazione. Oggi Pax World è una sigla che comprende una famiglia di fondi che gestiscono nel complesso oltre 150 miliardi di dollari e anche i rendimenti, sebbene nel 2002 abbiano registrato una caduta superiore al 13%, sono stati sicuramente più contenuti rispetto al tonfo di 20 e passa punti percentuali dello Standard & Poor?s 500, uno dei benchmark internazionali più blasonati. La manifestazione per la pace svoltasi a Roma il 15 febbraio, ha visto scendere nelle strade della capitale tre milioni di persone. Diverse decine di migliaia l?hanno fatto contemporaneamente in altre città. Mai era accaduta una cosa simile nel nostro Paese: studenti e insegnanti, operai e imprenditori, politici e amministratori locali, liberi professionisti e artisti, preti e new global, tutti uniti, per dirla all?inglese, dallo stesso sentiment. Una buona fetta di questo straordinario popolo della pace, naturalmente, è anche composto da cittadini che risparmiano e investono i loro quattrini in Borsa, che vanno in banca, chiedono quale prodotto garantisce un buon rendimento e si affidano alle mani (purtroppo non sempre esperte) dei gestori di turno. A questo punto viene spontaneo chiedersi: possibile che nessuna banca, nessuna società di gestione del risparmio, nessun guru della finanza abbia ancora colto le enormi potenzialità che, in questo particolare momento storico, si schiudono per il socially responsible investing in Italia? Possibile che gran parte di loro sia capace solo di dire sempre le solite, trite e ritrite banalità sull?incertezza dei mercati?


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