Famiglia

Il mercato provvidenziale

Speciale:lezioni di economia civile.Sesta Lezione

di Stefano Zamagni e Luigino Bruni

Introduzione

È da molti considerato il padre dell??economia del tornaconto? ed è celebre la sua massima sulla non benevolenza del birraio quale motore dell?economia. Tuttavia, a una lettura più attenta dell?opera di questo studioso britannico si può scorgere una profonda consonanza con la matrice umanistica delle scuole italiane. A ben vedere, infatti, il mercato teorizzato da Smith, è un meccanismo regolatore provvidenziale che permette di ottenere pacificamente ciò che è necessario alla vita di tutti, senza dover ricorrere alla violenza e al sopruso.

Sesta Lezione.Adam Smith:il mendicante e il macellaio

Giunti a metà del viaggio, pensiamo stiano maturando due sensazioni. La prima può nascere dall?avere scoperto, magari con stupore, che diversamente da quanto comunemente si insegna e si racconta nella storiografia tradizionale, l?economia come scienza non nasce nella seconda metà del 700 in Scozia: ben prima di Smith (il cui nome ?Adamo? ha forse contribuito perché gli si attribuisse una primogenitura tra gli economisti) abbiamo avuto una ricca tradizione di pensiero economico. Assieme a questa scoperta sorprendente è forse maturata una seconda sensazione, che è anche una domanda: la ricca, originale e poco conosciuta tradizione dell?economia civile è rimasta soltanto una faccenda italiana e del tutto marginale rispetto allo svolgimento ufficiale della scienza economica? La lezione dedicata a Hobbes e Mandeville (n. 3) potrebbe avere offerto buoni spunti per ritenere che le cose, fuori d?Italia e soprattutto nel Regno Unito, siano andate di fatto in una direzione molto diversa da quella aperta dall?economia civile, dando così luogo a una scienza economica moderna basata sull?interesse privato (piuttosto che sulle virtù) e sulla paura (piuttosto che sulla socialità).
In questa occasione cercheremo di mostrare che, al contrario, l?economia classica inglese e scozzese, quella di Smith per intenderci, è molto più vicina alla tradizione umanista di quanto si racconti: è anch?essa economia civile. Questa interpretazione di Smith come ?economista civile? non è molto diffusa, in particolare tra gli economisti che continuano ancora oggi a citare di Smith la frase forse più celebre del pensiero economico, scorporandola però dal contesto del suo pensiero: «non è dalla benevolenza del macellaio, del fornaio e del birraio che ci aspettiamo il nostro pranzo ma dalla considerazione del loro interesse; non ci rivolgiamo al loro senso di umanità ma al loro egoismo, e non parliamo loro delle nostre necessità ma dei loro vantaggi».
Una frase, questa, che presa a sé stante ci farebbe subito collocare Smith dalla parte di Mandeville o Hobbes: dov?è la reciprocità, dove sono le virtù civili, in questo discorso? Ed è infatti quanto per molto tempo si è fatto, scrivendo la storia dell?economia politica. Se però abbiamo la pazienza di inoltrarci un poco nella lettura dell?intero capitolo della Ricchezza delle Nazioni (del 1776) dal quale è tratto il brano citato, e se poi addirittura collochiamo il pensiero di Smith all?interno della sua più generale teoria morale, le cose diventano più complesse e molto più interessanti per il nostro discorso.

PROPENSIONE ALLO SCAMBIO ESPRESSIONE DI SOCIALITÀ
Risalendo di qualche riga dalla frase del ?macellaio? e prendendo così il discorso di Smith al suo nascere, ci accorgiamo che egli inizia parlando della «propensione a scambiare e a barattare una cosa con un?altra», cosa che per Smith è «uno dei principi più tipici della natura umana», al punto che «nessuno ha mai visto un cane scambiare un osso con un altro cane» (p. 15).
E per questo motivo quando un cagnolino vuole ottenere qualcosa dal padrone può solo cercare di convincerlo scodinzolando e salterellando attorno a lui. La propensione a scambiare con gli altri è dunque per Smith una tipica espressione della socialità umana, che si può esprimere nella sua pienezza solo nella società civile, dove esiste la divisione del lavoro e ciascuno ha un costante bisogno di ottenere qualcosa dagli altri, non potendo provvedere da solo o con la sua famiglia a tutti i suoi bisogni. Smith riconosce che il modo più naturale e umano di ottenere le cose dagli altri sarebbe la reciprocità, l?amicizia e l?amore (come nella famiglia): ma nella grande società «la durata di tutta la vita ci basta appena a guadagnarci l?amicizia di pochi».
Quindi l?amicizia non basta per poter ottenere ciò di cui abbiamo bisogno dagli altri, la carne dal macellaio, il pane dal fornaio e la birra dal birrario. Ecco allora davanti a noi due alternative: vivere come il cagnolino o il mendicante che per il loro pasto «dipendono dalla benevolenza del macellaio», oppure «scambiare e commerciare» con gli altri. E se scegliamo di scambiare invece di mendicare, nella società non potremo fare affidamento primariamente sulla benevolenza e sull?amore degli altri per soddisfare i bisogni, ma ciascuno «potrà più probabilmente riuscirvi se può indirizzare il loro egoismo a suo favore» (p. 16).
Il mercato è quindi per Smith un meccanismo provvidenziale (sorprendente è la vicinanza tra la metafora della ?mano invisibile?, usata da Smith per indicare la trasformazione degli interessi privati in bene comune operata dal mercato, e le tesi di Vico e Genovesi sull?azione ?sociale? della Provvidenza). Esso ci permette di ottenere pacificamente dagli altri le cose che ci servono anche se non tutti sono nostri amici. Ecco perché la frase del macellaio citata sopra continua dicendo che «nessuno, tranne il mendicante, decide di dipendere principalmente dalla benevolenza dei suoi concittadini» (p. 16); e quell?avverbio «principalmente» ci dice che anche la visione economica di Smith attribuisce un posto all?amore e alla reciprocità (siamo quindi lontani da Mandeville), pur riconoscendo, forse con un velo di amarezza, che nella società moderna l?amore reciproco non è sufficiente, e occorre cercare meccanismi sussidiari: ecco così che l?esistenza del mercato che opera all?interno della società civile da una parte evita l?insinuarsi, tra le pieghe dell?insufficienza dell?amore scambievole, la guerra o il sopruso (l?altra possibilità sempre presente in questi scrittori umanisti civili), e, dall?altra parte, allontana lo scenario di un mondo composto di pochi benevolenti e da moltitudini di mendicanti ?assistiti? (dal quale l?Europa stava, con fatica, uscendo).

DENTRO L’ANTROPOLOGIA DI SMITH:IL FELLOW-FEELING
Particolarmente bella e ?civile?, poi, è la sua antropologia, la sua visione dell?essere umano che è alla base dell?intera sua costruzione teoretica. Essa è costruita attorno alla categoria del fellow-feeling, cioè il bisogno innato nella persona umana di immedesimazione con l?altro, di corrispondenza di sentimenti con il prossimo. Ciò emerge già dalle prime righe della sua Teoria dei Sentimenti Morali (pubblicata originariamente nel 1759, prima quindi del suo trattato di economia): «Per quanto l?uomo possa essere considerato egoista, nella sua natura ci sono chiaramente alcuni principi che lo fanno interessare alla sorte degli altri, e che gli rendono necessaria l?altrui felicità». E in un altro passaggio troviamo un?intuizione molto profonda e ricca: «Quale maggiore felicità di essere amati e sapere di meritare di essere amati?».
Nella formazione classica e umanista di Smith un ruolo importante l?ha avuto il suo maestro e predecessore a Glasgow, il filosofo Francis Hutcheson, la cui teoria era tutta costruita attorno all?etica dell?amore e delle virtù. Commentando la Favola delle api di Mandeville, così scriveva, nel 1750, Hutcheson: «Non c?è nessun mortale senza amore verso gli altri, e che non desideri la felicità degli altri come la propria».
Ricordiamo, poi, che dietro la visione civile di Smith c?è anche una conoscenza di prima mano delle opere degli umanisti italiani, molto rivalutati in Scozia nella prima metà del XVIII secolo, dove si rintracciano caratteristiche culturali vicine a quelle dell?umanesimo: i valori civili che avevano fatto grande la civiltà e l?economia delle città italiane li ritroviamo anche a Glasgow, che, persino architettonicamente, si volle ispirare a Firenze.
Ora ci dobbiamo chiedere: nella vulgata ufficiale dell?economia, che fine ha fatto l?anima civile di Smith, così importante come abbiamo visto? Dobbiamo riconoscere che essa in buona parte è stata smarrita durante il cammino delle moderne scienze sociali. Se infatti noi guardiamo al modo di intendere oggi l?economia (sia come teoria che come applicazioni operative), i pilastri tipici dell?economia civile – virtù, socialità, felicità – sono quasi del tutto assenti. Perché?
Una ragione è che gli economisti successivi a Smith si sono ricollegati ora all?una ora all?altra componente ma disarticolandole fra di loro.

GLI OPPOSITI ESTREMISMI DELLA STORIOGRAFIA
Di fatto, quindi, né le letture di sinistra (interessate alla sua teoria dei prezzi basata sul lavoro o agli aspetti alienanti della divisione del lavoro) né quelle di destra (che hanno fatto di Smith il paladino di tutti i liberismi, di ieri e di oggi), hanno reso giustizia alla complessità della sua opera. Solo negli ultimissimi anni si è giunti a una comprensione nuova del pensiero di Smith: si pensi, ad esempio, ad Amartya Sen; ma ? le nuove interpretazioni di un pensiero non hanno effetto retroattivo sulle conseguenze teoretiche e pratiche che quelle letture parziali hanno prodotto.
Così nel XIX secolo e per buona parte del XX ci si è rifatti a Smith per rivendicare la necessità del tornaconto individuale, affinché si dia una buona scienza economica (dimenticandone l?antropologia e la sua visione complessiva dell?azione umana e della società); d?altra parte, come reazione a una lettura di questo tipo, sono nati movimenti che contrappongono all?interesse individuale l?altruismo e il collettivismo all?individualismo.
L?economia civile di Leonardo Bruni, Leon Battista Alberti, Antonino da Firenze, Vico, Genovesi, Romagnosi e Smith non è però morta. In questi due secoli essa ha continuato a scorrere, come fiume carsico, nel sottosuolo delle dottrine economiche ufficiali; in alcuni momenti è riemersa, alimentando il pensiero di alcuni economisti, e anche importanti (un nome per tutti, Alfred Marshall): tutti brani di storia dell?economia civile che ancora deve essere scritta.
Nelle prossime lezioni, prendendo spunto dalla storia che abbiamo cercato di raccontare, inizieremo ad applicare le categorie teoretiche con cui abbiamo fatto conoscenza, all?economia e alla società di oggi.

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