Non profit

Il marketing sociale sgonfia il SuperBowl

Dopo 23 anni il gigante dei soft drink ha puntato sulla beneficenza disinvestendo i 20 milioni destinati alla finale. Una rivoluzione figlia di una strategia

di Riccardo Bagnato

Non è bastata la popolarità della finale di football americano, il cosiddetto SuperBowl, e nemmeno i 107 milioni di spettatori di media che l’evento ha fatto registrare lo scorso 7 febbraio. La Pepsi Cola, dopo 23 anni trascorsi da inserzionista dell’evento, ha voltato pagina. Il big delle bevande ha infatti deciso di non utilizzare i 20 milioni di dollari destinati a una manciata di costosissimi spot da 30 secondi in programma per l’evento, e ha scelto al suo posto di finanziare un progetto di beneficenza,«Rinfresca ogni cosa», degno del miglior Web 2.0: www.refresheverything.com. Qui, gli utenti possono pubblicare un proprio progetto o votare quello di altri. Pepsi sceglierà ogni mese, fra i più votati, i progetti a cui darà un finanziamento, che va dai 5mila ai 250mila dollari, per un totale di 1 milione e 300mila dollari di fondi da elargire ogni trenta giorni. Fino ad esaurimento.

I motivi di una scelta
Una scelta radicale – che alcuni ritengono scellerata, altri rivoluzionaria – in cui il gigante dei soft drink, da un lato, ha seguito l’esempio della concorrenza, la Coca Cola, promotrice di una campagna simile dal titolo «Live Positively» (www.livepositively.com), e dall’altro si adegua a un fenomeno di crescente attenzione da parte di aziende e multinazionali ai temi sociali.
Che Pepsi rinunciasse, però, a un palcoscenico come quello del SuperBowl è cosa che ha colpito molti. L’azienda, d’altro canto, deve aver fatto tesoro del Millennial Cause Study, pubblicato qualche anno fa da Cone Inc., secondo cui il 69% dei consumatori sono inclini a scegliere i prodotti di una azienda in base all’impegno della stessa azienda per l’ambiente, mentre addirittura l’89% degli acquirenti sarebbero disposti a cambiare marca nel caso in cui il prodotto concorrentelegasse il suo nome a una giusta causa.

La pubblicità cambia
E quindi nulla di nuovo sotto il sole? Non proprio. Per capire la portata della decisione di Pepsi&Co. basta ascoltare attentamente quello che hanno detto i protagonisti della svolta. L’azienda ha speso circa 75 milioni di dollari in pubblicità nel 2008 (secondo TNS Media Intelligence), e ha dichiarato che aumenterà gli investimenti online del 60% nel 2010. Per questo le parole di Lee Clow, creativo dell’agenzia Omnicom Group e ideatore della nuova campagna, suonano come una sentenza: «Non si può più andare sul mercato solamente con uno spot televisivo». A cui si sono aggiunte quelle del vicepresidente Pepsi, Frank Cooper: «La nuova strategia della Pepsi non è una critica al SuperBowl», ha affermato al Wall Street Journal, «sarebbe semplicemente troppo difficile spiegare la nuova campagna marketing in uno spot televisivo di 30 secondi».


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