Politica

Il Manifesto del Terzo settore e della società civile per lo Ius Scholae

VITA ha redatto un “Manifesto del Terzo settore e della società civile per lo Ius Scholae”. Insieme, chiediamo al Parlamento di avviare seriamente il dibattito sullo Ius Scholae e di arrivare rapidamente ad approvare una norma. Ecco le nostre 5 buone ragioni per farlo: quali sono le tue?

di Sara De Carli

La scuola è il luogo principale in cui si impara a vivere insieme, da uguali, nella diversità. È questo il senso di quella continua educazione alla cittadinanza che è lo stare in classe insieme e che tutti gli studenti e le studentesse fanno ogni giorno, quale che sia l’origine dei loro genitori che VITA sta raccontando con la serie “Scuole di cittadinanza” (qui l’ultima storia pubblicata).

Riconoscere la cittadinanza italiana a chi ha compiuto un percorso nella scuola aumenterebbe in tanti giovani il senso di appartenenza al nostro Paese, rafforzando la volontà di costruire qui il loro futuro, con vantaggi per tutti. Significa credere nella scuola, negli insegnanti e nel loro ruolo.

Per questo VITA ha redatto un “Manifesto del Terzo settore e della società civile”, con cui, insieme, chiediamo al Parlamento di avviare seriamente il dibattito sullo Ius Scholae e di arrivare rapidamente ad approvare una norma. Ecco le 5 ragioni per farlo.

  1. Perché l’Italia è già multiculturale.
  2. Per evitare disparità tra adolescenti.
  3. Perché ce lo chiedono l’economia e la competitività.
  4. Perché crediamo nella scuola.
  5. Perché il Paese è pronto.

L’obiettivo è quello di contribuire a mantenere vivo il dibattito, ponendolo però come un tema di civiltà e di democrazia, su cui tutti ci si può incontrare. Siamo partiti proponendo il contenuto del Manifesto al Comitato Editoriale di VITA e ora lo presentiamo pubblicamente per raccogliere adesioni delle realtà del Terzo settore e delle sue reti.

Le organizzazioni della società civile e del Terzo settore possono aderire compilando questo form, anche indicando quali sono le loro buone ragioni a favore dello Ius Scholae.


Le prime adesioni

Dal Csi a Confcooperative Federsolidarietà, da Cgm a Cittadinanzattiva, ecco le prime adesioni: Associazione Comunità Progetto Sud Ets; Centro Sportivo Italiano-Csi; Ciai-Centro italiano aiuti all’infanzia; Cittadinanzattiva; Confcooperative Federsolidarietà; Consorzio Cgm; Consorzio nazionale Idee in Rete; Consorzio Percorsi; Cooperativa Casa delle Stelle; Coopi-Cooperazione Internazionale; Fondazione Arché; Fondazione Vincenzo Casillo; Lav-Lega Anti Vivisezione; Scuola Penny Wirton; Siscos.

«Crediamo nella qualità della relazione umana», scrive Eraldo Affinati, fondatore della Scuola Penny Wirton che su VITA ha aperto la serie “Scuole di cittadinanza”. «Le motivazioni di Ciai all’adesione al Manifesto sono ben rappresentate dalle parole del nostro presidente Paolo Limonta: “I bambini e le bambine che nascono in Italia dovrebbero essere considerati da subito cittadini italiani: questa sarebbe la normalità in un paese moderno e democratico. Se l’approvazione dello Ius Scholae ci può portare verso questa normalità, ben venga questa prima fase di normalizzazione. La scuola d’altronde è una fotografia avanzata della realtà ed è prontissima a questo passo: lo Ius Scholae è già in vigore perché non c’è nessuna differenza tra bambini e bambine italiani e chi ha genitori stranieri. La scuola non solo è già pronta, la scuola ha già ‘approvato’ questa legge che quindi renderà reale una situazione che esiste già. Lo Stato italiano dovrebbe anche per questo motivo rimettere la scuola al centro della propria politica e definire una politica scolastica che la consideri l’evoluzione della società e veda la crescita delle cittadine e dei cittadini come uno degli elementi più importanti del Paese».

Fondazione Arché aderisce perché «crediamo fermamente che questa riforma rappresenti un atto di giustizia. L’Italia di oggi ha bisogno di una legge che rispecchi la sua realtà attuale, una legge che riconosca e celebri la diversità come parte integrante della sua identità. Perché non si può essere stranieri per sempre», mentre il consorzio Cgm con la sua presidente Giusi Biaggi scrive che «ogni persona, in modo particolare i più giovani, sente il bisogno primordiale di essere riconosciuta per sviluppare sicurezza personale, aprirsi alle relazioni e alla comunità. Il rifiuto, l’esclusione, l’indifferenza generano fragilità, rabbia, chiusura. Che tipo di società desideriamo? La rete Cgm lavora affinché nessuno sia escluso e ogni persona possa essere messa nelle condizioni di portare il proprio contributo alla società. Per questo diciamo sì allo Ius Scholae».

La Lav scrive che «tra i tanti valori e principi che ci caratterizzano, sicuramente l’antispecismo ci contraddistingue fortemente. Riconoscere pari diritti a tutti gli esseri viventi è cosa giusta e nobile. Sentirsi cittadini a pieno titolo motiva maggiormente i ragazzi e li rende più ricettivi, più partecipi, non ghettizzati. Cittadini di un’Italia che sogniamo più sensibile ed accogliente nei confronti di chi è altro da noi, animali compresi».

Molte le realtà che sono impegnate sul tema della cittadinanza e che sottolineano come lo Ius Scholae sia un obiettivo minimo, necessario come primo passo di un percorso. «Sono d’accordo a firmare, però inteso come compromesso. Sono infatti del parere che l’attribuzione della cittadinanza piena alle persone straniere debba passare direttamente attraverso il riconoscimento dei diritti civili e politici e dei conseguenti doveri. Ritengo riduttivo che si continui in Italia a intervenire primariamente o esclusivamente attraverso modalità sociali che mai si traducono in diritti realmente riconosciuti», scrive don Giacomo Panizza di Comunità Progetto Sud. «Saremmo più a favore di uno ius soli “temperato” dalla residenza legale dei genitori in Italia, come già accade in molti altri Paesi europei, ma crediamo che lo ius scholae possa rappresentare una buona mediazione e un passo intermedio per un approdo, speriamo non molto lontano, verso il riconoscimento di una piena e assoluta cittadinanza per le nuove generazioni che vivono in Italia», indica nella sua adesione il Consorzio nazionale Idee in Rete.

Cittadinanzattiva è una delle realtà che proprio in questi giorni ha promosso una raccolta firme per presentare un quesito referendario riporti da 10 a 5 anni il periodo di residenza continuativa necessario per ottenere la cittadinanza italiana. Laura Libero, coordinatrice Giustizia per i diritti di Cittadinanzattiva, nell’aderire al Manifesto del Terzo settore e della società civile per lo Ius Scholae afferma che «sulla cittadinanza occorre una riforma organica, che contempli sia la condizione dei minori senza cittadinanza che nascono e crescono in Italia sia degli immigrati adulti che risiedono stabilmente e partecipano a tutti gli effetti alla vita del Paese. Lo Ius Scholae è un primo passo urgente e non più rinviabile che si inserisce in questa direzione e che sosteniamo come importante opportunità di inclusione di decine di migliaia di giovani che frequentano le nostre scuole, italiani sotto ogni profilo tranne che per lo status di cittadino».

Foto di Daiano Cristini, agenzia Sintesi

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