Formazione

Il made in Italy va alla guerra

I dati clamorosi del Rapporto Amnesty sull’export di armi.

di Benedetta Verrini

Tra il 1993 e il 1997 le società italiane sono state tra i maggiori fornitori di esplosivi e armi di piccolo calibro verso la Sierra Leone, per un valore complessivo di 1,6 milioni di dollari. Di queste si sono servite sia le forze governative che quelle rivoluzionarie della Ruf, per fronteggiarsi nel conflitto interno che ha fatto migliaia di vittime civili. è solo un esempio dei “clienti poco raccomandabili” dell?industria italiana delle armi, elencati nel Rapporto di Amnesty Italia Armare i conflitti. Il G8: esportazioni di armi e violazione dei diritti umani – (Ega). Il libro esce in concomitanza con la campagna mondiale di Amnesty International, Oxfam e Iansa ?Controllare le armi?, che lancia la necessità di negoziare un trattato internazionale sul commercio delle armi. Perché i conflitti a bassa intensità dei Paesi poveri si combattono con le armi prodotte nei Paesi ricchi: circa due terzi delle esportazioni globali di armi negli anni 1997-2001 proveniva da cinque Paesi membri del G8: Usa, Federazione russa, Francia, Regno Unito e Germania. Nonostante il vigore della (recentemente riformata) legge 185, l?Italia ha esportato rivoltelle, fucili da caccia e relative munizioni, di cui è tra i maggiori produttori. Armi ?ad uso civile?, il cui export è libero dai rigidi controlli previsti per le armi da guerra. Tra i clienti: Congo, Algeria, Nigeria, Kenya, Colombia, Turchia, Centrafrica. Info: Amnesty International – Sezione Italiana


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