Economia

Il Mac Bun che sfida il Big Mac

L'incredibile storia di un allevatore della Coldiretti

di Gabriella Meroni

Ha chiamato la sua attività dove serve agri-hamburger fatti con carne di mucca Piemontese “Mac Bun”, in dialetto “solo buono”, ma ora si è visto diffidare dal Mc Donald’s con la scusa che il nome ricorderebbe il marchio della multinazionale statunitense. E’ la storia di un allevatore della Coldiretti al quale il colosso statunitense ha deciso di muovere guerra. Graziano Scaglia, 39 anni, allevatore di Rivoli che già aveva avviato uno spaccio aziendale per la vendita diretta dei suoi prodotti, ha deciso di aprire una “agri-hamburgeria” dove proporre panini fatti utilizzando solo carne di mucca Piemontese proveniente dalla sua azienda, oltre a verdure e formaggi rigorosamente prodotti dalle imprese agricole del territorio, pane artigianale e vino del Monferrato. L’idea ha riscosso un successo clamoroso – evidenzia la Coldiretti -, con una vendita di 300 hamburger al giorno, serviti con formaggio piemontese fuso.
   
Un ottimo esempio di filiera corta e una alternativa intelligente ai fast food tradizionali dove si serve cibo anonimo e indifferenziato – sottolinea Coldiretti -, garantendo trasparenza ai consumatori, reddito agli agricoltori e occasione di sviluppo economico per l’intero territorio. Al momento però di depositare il nome della sua attività (Mac Bün Slow Fast Food), l’allevatore piemontese ha ricevuto – spiega la Coldiretti – una lettera dei legali della multinazionale con la quale si intimava di ritirare la richiesta in quanto il nome “Mac Bun” ricorderebbe troppo il marchio McDonald’s. L’allevatore si è difeso spiegando che il termine da lui utilizzato appartiene al dialetto piemontese e viene utilizzato solitamente proprio per riferirsi al cibo genuino, “solo buono” appunto. In attesa di dirimere la questione e inaugurare ufficialmente la sua agri-hamburgeria – rileva la Coldiretti – Scaglia ha per ora deciso di “censurare” il logo sui suoi menu’, sostituendo le lettere “ac” di “Mac” con due asterischi.
 
L’idea dell’allevatore piemontese – rileva Coldiretti – è un ottimo esempio delle possibilità dell’impresa agricola di accorciare i passaggi all’interno della filiera e offrire ai consumatori prodotto sano, di qualità, agricolo e al cento per cento italiano. Obiettivo che è al centro del progetto per una filiera agricola tutta italiana lanciato da Coldiretti per tagliare le intermediazioni ed arrivare ad offrire attraverso la rete di Consorzi Agrari, cooperative, farmers market, agriturismi e imprese agricole prodotti alimentari al cento per cento italiani firmati dagli agricoltori al giusto prezzo che è al centro del Forum Internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio che si conclude il 17 ottobre.
 
La speranza dell’allevatore piemontese è ora quella di poter vincere la battaglia contro la multinazionale. Magari come accaduto in Puglia, dove una “focacceria” tipica ha costretto un grande fast food straniero alla chiusura, tanto da diventare soggetto di un film.  
 


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