Sostenibilità

Il libro dei sogni è rimasto chiuso

Secondo la corte dei conti è stato aperto soltanto il 18% dei cantieri. Storia e risultati di un elenco di opere “strategiche” diventato sempre più lungo. Di Gaetano Benedetto

di Redazione

La cosiddetta Legge Obiettivo è utile? E se sì, a cosa? Proviamo a ragionare in modo semplice. Chiunque di noi si accinga a comprare una casa che dev?essere costruita, prima di decidere pretende di vedere due cose: il progetto e il piano finanziario per l?acquisto. In concreto vorrà sapere le caratteristiche del terreno su cui sorge la casa, o i materiali di cui è fatta, ma anche come sono le fognature, gli impianti elettrici, il riscaldamento, le strade di accesso. Non solo vuole sapere quanto quella casa costa, ma anche in quanto tempo è in grado di ammortizzare il finanziamento necessario per comprarla, valuta gli interessi passivi, le clausole bancarie. La Legge Obiettivo è stata fatta apposta per approvare progetti preliminari (cioè non definitivi, né esecutivi) e per non sottoporli a Valutazione di impatto ambientale ordinaria. Ma se si fa una legge apposta per approvare opere valutate soltanto nei loro progetti preliminari vuol dire che i progetti esecutivi o definitivi non ci sono. Se si fa una legge per sottoporre queste opere a Valutazione ambientale semplificata vuol dire che si teme che la Via ordinaria (che prevede tra l?altro l?analisi dell?utilità dell?opera rispetto alle possibili alternative) non consentirebbe di far approvare quelle opere, o quanto meno non consentirebbe di farle costruire in un certo modo. E se così è, allora non sono stati gli ambientalisti a bloccare le grandi opere di questo paese, ma l?assenza di progetti seri, completi, capaci di reggere alle osservazioni ambientali e capaci di reggere l?analisi dei piani economici. Un ragionamento forse semplicistico, ma non infondato.Vediamo nel merito alcune questioni della Legge Obiettivo. Alcune opere vengono definite ?strategiche?, e in quanto tali si dispone che non siano valutate nei progetti definitivi e non siano sottoposte a Via ordinaria. Ma quante sono le opere ?strategiche?? Quando era ancora candidato premier, Silvio Berlusconi, il 18 dicembre 2000 nel corso della trasmissione di Raiuno Porta a Porta, illustra con l?aiuto di cartine e gessetti la centralità che ha la realizzazione delle grandi opere per l?Italia. Circa sette mesi dopo l?inizio della XIV legislatura, il governo approva la Legge Obiettivo e il primo programma per le infrastrutture strategiche (che allora individuava circa 180 interventi, mentre oggi c?è chi ha calcolato si sia giunti a 235 opere e 531 progetti). Insomma, tutto è diventato strategico, quindi nulla lo è più. Il risultato è che l?aggettivo ?strategico? lo si usa in termini clientelari per consentire appunto che le opere siano realizzate in deroga rispetto la normativa Via. Il paradosso che si crea è assoluto: in Italia le procedure che si applicano per realizzare opere mai fatte al mondo (il ponte sullo Stretto di Messina in primis) sono meno rigide che non quelle che si applicano per costruire una tangenziale. In questi cinque anni le politiche governative hanno previsto in 15 anni qualcosa come 264 miliardi di euro (calcoli aggiornati all?aprile 2005 contenuti nel Secondo rapporto sull?attuazione della Legge Obiettivo). Sono risorse che il paese non ha: nel Secondo rapporto dell?Ufficio studi della Camera dei Deputati emerge che solo lo 0,2% delle infrastrutture strategiche previste sono state completate in questi anni e la Corte dei Conti, nella sua indagine sulla Legge Obiettivo, calcola che le opere cantierate sarebbero solo il 18%. Era inevitabile, considerato che, se davvero si fosse data piena attuazione al primo programma delle infrastrutture strategiche, secondo il valore complessivo ri-calcolato nel luglio 2005, sarebbe stato necessario reperire ogni anno, per quindici anni, tra risorse pubbliche e private, qualcosa come 17,6 miliardi di euro, cioè più di 2/3 delle risorse previste in una legge finanziaria pesante. Proviamo a continuare ad applicare la logica del buon senso. Quando si decide un investimento ad altissimo costo (e non solo), occorre che il controllore sia soggetto distinto dal controllato. Per questo motivo la procedura Via ordinaria costituisce un atto autonomo, obbligatorio e vincolante. Per le opere della Legge Obiettivo non è così. L?esame dei progetti delle opere strategiche è stata costituita una Commissione speciale che applica la procedura Via semplificata e la decisione finale di compatibilità ambientale è adottata dal Cipe (il Comitato interministeriale per la programmazione economica, lo stesso che decide di dichiarare o meno una determinata opera come ?strategica?) e non più dai ministero dell?Ambiente. Le associazioni ambientaliste hanno riscontrato lacune, omissioni, mancanze tali da far considerare i progetti preliminari proposti neppure rispondenti agli standard previsti dalle norme tecniche nazionali e europee. I progetti mancano ora di un calcolo veramente attendibile della spesa per la realizzazione dell?opera, ora di stime sul rapporto costi-benefici dal punto di vista economico, tecnico e ambientale, ora di valutazioni sugli effetti diretti e indiretti delle opere e delle alternative sino all?opzione zero. Mancano poi di credibili scenari programmatici e di elaborati progettuali leggibili, di valutazioni d?incidenza fatte in modo corretto sulle aree protette, del quadro completo dei vincoli ambientali, paesaggisti, storici, archeologici e urbanistici. Molte delle opere che si vogliono realizzare hanno alternative più sostenibili, sia sotto il profilo ambientale che sotto quello economico. Questo è certamente un paese che forse ha bisogno di alcune grandi opere, ma innanzi tutto il nostro è un paese che bisogno di migliaia di piccole opere, di manutenzione ordinaria e straordinaria dell?esistente, di interventi di adeguamento calati e dimensionati sul territorio. L?Italia è un paese le cui priorità stanno nella difesa del suolo, nelle bonifiche, nell?adeguamento degli acquedotti… Così mentre i quattro quinti delle persone si muovono nell?arco di 50 km, mentre noi tutti siamo in fila in auto, o in attesa di un bus che non passa, o in una metropolitana affollata perché non ci sono sufficienti soldi per i trasporti pubblici, ecco che oltre i quattro quinti degli investimenti in infrastrutture fatti con la Legge Obiettivo sono per opere a lunga o lunghissima percorrenza.

di Gaetano Benedetto Direzione Affari pubblici e relazionali istituzionali WWF Italia


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