Welfare
Il lavoro in carcere? Sta scomparendo
Al minimo dal 1991 il numero di detenuti impiegati durante la pena, mentre cresce ancora il sovraffollamento, oggi ai massimi storici. È un ritratto realisticamente crudo quello che esce dal IX Rapporto nazionale sulle condizioni detentive dell'associazione Antigone
Lavoro in carcere addio. È il dato più basso da 20 anni a questa parte quello che esce dal nono rapporto nazionale dell’Osservatorio dell’associazione Antigone sulle condizioni di detenzione, dal titolo ‘Senza dignità’ e presentato oggi a Roma: “Nel primo semestre 2012 a lavorare sono stati 13.278 detenuti, ossia meno del 20% del totale dei reclusi e comunque una cifra assai inferiore rispetto al numero dei condannati, che al 30 giugno erano 38.771, ai quali l’amministrazione ha l’obbligo di garantire un’occupazione retribuita in base all’art. 20 dell’Ordinamento penitenziario: si tratta della percentuale più bassa dal 1991”, commentano i ricercatori di Antigone. “Questo calo è conseguenza dei drastici tagli del budget previsto nel bilancio del Dipartimento per le mercedi dei detenuti che negli ultimi anni si è ridotto del 71%: si è passati dagli 11milioni di euro del 2010, ai 9,3 euro del 2011 ai 3,2 euro dell’anno in corso”.
Non solo meno lavoro: dal rapporto emerge come anche il sovraffollamento continua a essere una piaga insanabile del nostro sistema penitenziario La dichiarazione dello stato di emergenza per il sovraffollamento carcerario risale al 13 gennaio 2010. In quei giorni il numero di detenuti era di 64.791, con una capienza regolamentare di 44.073 posti. “Al 31/10/2012 la presenza è stata di 66.685 detenuti, 1.894 in più. Ma i detenuti non dovevano diminuire?”, è la laconica domanda dell’Osservatorio di Antigone. “L’Italia resta il paese con le carceri più sovraffollate nell’Unione Europea. Il nostro tasso di affollamento è oggi infatti del 142,5%, oltre 140 detenuti ogni 100 posti, mentre la media europea è del 99,6%”, denuncia Antigone nel rapporto. Le regioni più affollate sono Liguria (176,8%), Puglia (176,5%) e Veneto (164,1%). Le meno affollate Abruzzo (121,8%), Sardegna (105,5%) e Basilicata (103%). Per quanto riguarda la lista degli istituti più sovraffollati al 30/06/2012, la maglia nera va a Mistretta, in Sicilia, con il 268,8% di sovraffollamento (43 detenuti a fronte di una capienza di 16), ma per grandi numeri il record è di Brescia (Canton Mombello) con il 254,9% (525 presenti su 206 posti) seguita da Busto Arsizio, sempre in Lombardia, con il 251,5% (420 su 167) e Reggio Calabria con il 247,8% (389 anziché 157).
Antigone, nei vari punti del rapporto (uscito in forma cartacea e accompagnato dal videodocumentario web Inside carceri, disponibile gratuitamente anche sul sito associazioneantigone.it nella sezione apposita), sottolinea anche aspetti che destano stupore: “secondo i dati ufficiali al 31/10/2012 la capienza regolamentare complessiva dei 206 istituti penitenziari è di 46.795 posti. La notizia però incredibile è che il 31/08/2012, due mesi prima, la capienza degli istituti era di 45.568 posti. Da agosto il numero degli istituti è rimasto lo stesso in ogni regione, ma in Calabria ci sarebbero 263 posti in più, in Umbria 196 e in Lombardia addirittura 661 in più. Ad Antigone non risultano però apertura di nuove carceri, né di nuovi padiglioni in vecchie carceri, né in Calabria (dove è anzi stato chiuso il carcere di Laureana di Borrello), né in Umbria e né in Lombardia. A che gioco giochiamo?”, si chiede Antigone, che ribadisce: “Seppur in quasi due anni la capienza dei nostri istituti fosse cresciuta di 2.722 posti in tutto, come affermato dal Dap, sarebbe comunque un risultato modesto, enormemente al di sotto dei posti promessi dal piano carceri, la cui prima stesura prevedeva oltre 17.000 nuovi posti entro il 2012 e la cui ultima stesura ne prevede 11.000 circa entro il 2013”.
Per quanto riguarda gli ingressi in carcere, nel 2009, già prima della dichiarazione dello stato di emergenza, sono entrate in carcere 88.066 persone, quasi 5mila in meno dell’anno precedente. La dinamica decrescente è poi proseguita. Nel primo semestre del 2012 gli ingressi in carcere sono stati 32.625, ed è dunque possibile che nel 2012 si registrino meno di 70.000 ingressi in carcere, un dato praticamente senza precedenti. Ma questo calo è da imputare agli interventi del governo volti a contenere gli ingressi in carcere per periodi brevi? “Rispetto all’anno precedente gli ingressi nel2009 sono diminuiti del 5,1%. Nel 2010 del 3,9%. Nel 2011 (prima che il decreto-legge sulle “porte girevoli”, n. 211 del 22 dicembre 2011, potesse sortire alcun effetto) del 9%. Nel primo semestre del 2012 questa tendenza subisce una ulteriore accelerazione (-18,5% rispetto al primo semestre del 2011). Pare dunque che l’intervento del governo sul tema consolidi e rafforzi una tendenza già in atto”, conclude Antigone.
I 66.685 detenuti nelle carceri al 31 ottobre 2012 sono per lo più uomini. Le donne, 2.857, rappresentano solo il 4,2% delle presenze. Sono poi in maggioranza italiani, provenienti soprattutto da Campania (26,3%), Sicilia (17,9%), Puglia (10,5%), Calabria (8,6%), Lombardia (7,3%) e Lazio (6,5%), ma gli stranieri, 23.789, rappresentano comunque il 35,6% dei detenuti, una percentuale, stabile ormai da tempo, anche questa con pochi paragoni in Europa. Le nazionalità più rappresentate sono quella marocchina (19,4%), romena (15,3%), tunisina (12,7%), albanese (11,9%) e nigeriana (4,4%). Le percentuali più alte di stranieri tra i detenuti si registrano in Trentino Alto Adige (69,9%), Valle d'Aosta (68,9%) e Veneto (59,1%). Le più basse in Basilicata (12,3%), Campania (12,1%) e Molise (11,8%). Ad oggi però la percentuale degli stranieri tra i detenuti è scesa di poco rispetto al dicembre del 2010, quando era del 36,7%.
I reati maggiormente diffusitra i detenuti sono quelli contro il patrimonio, subito seguiti da quelli previsti dal Testo Unico sugli stupefacenti, ed infine da quelli contro la persona. Se si guarda però ai soli detenuti stranieri, le prime due posizioni si invertono, ed i reati maggiormente diffusi diventano quelli previsti dalla legge sulle droghe. In base agli ultimi dati del Consiglio d’Europa erano condannati per aver violato la legge sulle droghe in Italia il 38,4% dei detenuti. In Francia questa percentuale era del 14,1%, in Germania del 14,8, in spagna del 28% ed in Inghilterra e Galles del 15,6%. Tra coloro che al 30 Giugno 2012 avevano almeno una condanna definitiva, “il 26,5%, 10.296 persone, avevano un residuo pena inferiore all’anno, 18.090 (il 46,6%) inferiore ai due anni e 23.596 (il 60,8%), inferiore ai tre anni. Se con un’azione normativa si facessero uscire quelli che devono scontare meno di tre anni di pena le carceri tornerebbero nella legalità contabile e costituzionale”, sentenzia l’associazione.
Altri numeri sulle persone detenute: gli ergastolani al 31 ottobre 2012 erano 1.567. Alla fine del 2005 erano 1.224. Ancora, delle 66.685 persone detenute nella stessa data, ben 26.804, il 40,1%, non sconta una condanna definitiva ma è in carcere in custodia cautelare. “Nonostante vi sia una decrescita rispetto al 2011, in base ai dati pubblicati dal Consiglio d'Europa nel marzo 2012 questa percentuale è del 23,7% in Francia, del 15,3% in Germania, del 19,3% in Spagna e del 15,3% in Inghilterra e Galles. La media dei paesi del Consiglio d'Europa è del 28,5% e questo dato rappresenta certamente l’anomalia maggiore del nostro sistema”.
Il 41,2% dei detenuti in Italia, aggiunge il rapporto di Antigone, ha meno di 35 anni. “Nonostante questoi detenuti presenti nelle nostre carceri non sono in buone condizioni di salute. Non ci sono dati nazionali affidabili ma nelle carceri toscane sono malati ben il 73% dei detenuti, e non c’è motivo di ritenere che altrove le cose stiano in modo diverso. Le patologie più comuni sono i disturbi psichici (26,1%), seguiti dalle malattie dell’apparato digerente (19,3%) e da malattie infettive e parassitarie (12,5%). Afferma il documento da cui sono tratti questi dati: “La giovane età dei detenuti spiega l’assenza di patologie che normalmente si presentano in età avanzata mentre, per quanto riguarda il disturbo mentale, risulta di facile comprensione l’influenza che il contesto abitativo e relazionale può esercitare sulla manifestazione di sintomi psicopatologici”. Un dato ancora più inquietante fornito da questa ricerca è quello relativo agli atti di autolesionismo o ai tentati suicidi registrati nella storia clinica dei detenuti oggetto dellarilevazione. Tra costoro il 33,2% avrebbe posto in essere atti autolesivi ed addirittura il 12,3% avrebbe tentato il suicidio.
Con riferimento alle attività scolastiche, i dati più recenti messi a disposizione dal Dap riguardano coloro che hanno frequentato i corsi scolastici nell’anno 2010/2011. Meno di un quarto dei 67.961 detenuti presenti in carcere alla fine del 2010 era impegnato in attività scolastiche (15.708), e poco più di un decimo dei presenti ha portato a termine con successo un percorso di studio (7.015). “Ancora più allarmante è il quadro relativo alla formazione professionale”, fa sapere Antigone. “Al 30/06/2012, quando erano presenti nelle nostre carceri 66.528 detenuti, erano stati attivati 237 corsi di formazione professionale. Vi avevano partecipato 2.974 detenuti, un misero 4.4% dei presenti. Degli iscritti 1.114 erano stranieri (37,4%) e 214 donne (7.1%).
Al 30 settembre 2012 in totale in Italia scontavano la propria pena in misura alternativa 19.107 persone. Alla fine del 2005, prima dell’entrata in vigore dell’indulto del 2006, il numero totale delle persone in misura alternativa era 23.394, molti più di oggi. Da allora il numero dei detenuti ha superato ampiamente quello del 2006, ma il numero delle persone che scontano la propria pena fuori dal carcere è ancora troppo basso.
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