Il tempo sembra davvero volare. Prendo sempre in giro mia madre per quella sua innata propensione, so brit, di conversare ore e ore sul tempo, meteorologico e cronologico, ed ora eccomi qui, anche io a sfogliare i giorni passati. Mi sembrava di aver scritto ancora ieri novità sul blog, invece sono passate settimane di assoluto silenzio. Vergogna.
Il 23 maggio, nella giornata della legalità contro le mafie, abbiamo presentato una piccola linea (nella moda si chiama “capsule“) di borse di denim, in concomitanza con il lancio della nuova collezione del marchio di abbigliamento Maggie. Onestamente non so quanti abbiano colto la particolarità della giornata, ma per noi ha avuto un significato importante. Parlare di borse realizzate in carcere nella giornata che tutta l’Italia ricordava la strage di Capaci del 1992 in cui morirono il magistrato antimafia Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre uomini della scorta, Schifani, Docillo, Montinaro, va ben oltre un discorso di tendenze.
Ieri, dopo un’intensa settimana di lavoro, ho consegnato delle borse a un nuovo cliente che – devo ammettere – mi ha riempito il cuore di gioia. È un piccolo ordine, niente di che, ma che bellezza sapere che le nostre borse, confezionate in carcere a Milano Opera, aiuteranno a raccogliere fondi per la fondazione Ivo de Carneri che lavora per la cura e lo sviluppo delle popolazioni in Tanzania. Nata nel 1994 in memoria di Ivo de Carneri, professore di parassitologia all’Università di Pavia e consulente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la onlus si prefigge di debellare le malattie della povertà con il sostegno dell’omonimo laboratorio di sanità pubblica a Zanzibar e di dispensari che curano gratuitamente mamme e bambini.
«Per molte malattie tropicali dimenticate, i farmaci ci sono e i costi sono accessibili» mi spiega Alessandra Carozzi, presidente e vedova del professore. «Eliminarle è una realtà raggiungibile». In quest’ottica, anche le nostre borsine confezionate con i tessuti africani, mi sono sembrate magnifiche. Ogni passaggio, taglio o cucitura, abbiamo cercato di farlo al meglio, pensando a quelle mamme e bambini nel sole dell’Africa.
Se pensi così, tutto quello che fai acquista un valore diverso. E diventa molto più interessante. «I chose my camera as a weapon against all the things I dislike: povertà, razzismo, discriminazione» ha affermato Gordon Parks – il “ragazzo nero” del Kansas diventato uno dei più interessanti fotografi di “Life” raccontando la vita degli afroamericani in America –, lasciandosi coinvolgere totalmente nelle cose che accadevano alla gente. Chissà se anche nella nostra nuova Italia c’è un saggio che vuole veramente mettersi in gioco, spendersi, contro queste ingiustizie.
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