Welfare

Il lavora cambia e cerca generatività e inclusione

Di fronte ai cambiamenti in atto e all’evoluzione culturale in corso soprattutto tra i giovani sul tema dell’occupazione Mestieri Lombardia dedica il suo incontro annuale per riunire intorno a un tavolo i diversi attori del mondo del lavoro. Mercoledì 23 novembre, a partire dall’esperienza del progetto In-Jobs, la riflessione punta a individuare linee di indirizzo che permettano di non lasciare indietro nessuno favorendo processi di inclusione delle fasce più vulnerabili

di Antonietta Nembri

Quando le imprese – una volta allentate le limitazioni della pandemia – hanno ripreso a cercare lavoratori e lavoratrici trovandosi davanti una drammatica indisponibilità soprattutto dei giovani, un tema sotteso e fino a quel momento sottotraccia è esploso in tutta la sua evidenza. Il mondo del lavoro è cambiato. Sia se si guarda alle attese giovanili sia se si analizzano le mutazioni in atto tra smart working, conciliazione, pari opportunità, clima aziendale, benefit e welfare aziendale.
È cambiato anche il clima culturale. Come osserva Stefano Radaelli, direttore di Mestieri Lombardia: «Fin dallo scorso anno, quando l’emergenza pandemica non era del tutto superata, le nostre rilevazioni ci hanno segnalato una significativa riduzione del numero di giovani, ragazzi e ragazze, che entravano nei nostri programmi di accompagnamento all’inserimento lavorativo. In un primo momento abbiamo pensato che potesse dipendere dalla scarsa efficacia dei nostri strumenti e delle nostre modalità di reclutamento ed incrocio della domanda di occupazione. Quando però questo dato si è dimostrato comune alle più diverse agenzie per il lavoro, comprese quelle che dispongono di budget milionari nelle loro campagne di comunicazione, allora abbiamo capito che vi era anche altro, qualcosa di più strutturale e meno strumentale». Radaelli, sottolinea inoltre come anche i «datori di lavoro di ogni settore ci hanno raccontato del fenomeno delle grandi dimissioni, della difficoltà a trovare personale, cosa che ha riguardato anche imprese floride capaci di remunerare le proprie risorse umane in maniera adeguata, allora abbiamo inteso che fosse necessario approfondire la questione, da più punti di vista perché difficilmente una domanda complicata ha una risposta semplice».

«”I giovani vogliono tutto è subito, non sono disposti a fare sacrifici, tutti che vogliono fare gli influencer”. Queste sono solo alcune delle frasi che puntualmente tornano in auge ogni qualvolta vengono diffusi dati sullo stato della disoccupazione giovanile in Italia. Una visione in parte miope e figlia di un pregiudizio di fondo. Forse è giunto il momento di guardare con onestà cosa c’è alla base del mismatch che affligge il mercato del lavoro italiano» afferma Federica Castellucci, coordinatrice regionale Mestieri Lombardia, che spiega: «Un sistema scolastico escludente, con elevatissimi tassi di abbandono precoce; una cultura del lavoro distorta che etichetta come “indesiderabili” alcune professioni; l'inaccessibilità dei servizi per il lavoro o la loro eccessiva standardizzazione; la sfiducia in un sistema del mercato del lavoro che ha abusato degli strumenti disponibili, come l'ormai famigerato tirocinio extracurriculare; una retribuzione che troppo spesso non va oltre i minimi contrattuali».

Un cambio di paradigma che ha anche una ricaduta sul mondo della cooperazione sociale il quale, come osserva Giusi Biaggi, presidente Consorzio Nazionale Cgm, «è divenuto meno attrattivo per i giovani. Questa affermazione è sostanziata dai dati che segnano un netto calo di presenze under 29 nelle nostre imprese. Dobbiamo muoverci velocemente con un cambio di atteggiamento nei confronti dei giovani affinché per loro si aprano spazi di movimento, responsabilità e carriera. Non possiamo pretendere dai giovani modelli di appartenenza antichi, ma possiamo suscitare, invece, il loro ingaggio su temi che stanno loro a cuore e che sono contemporaneamente sfide per le nostre imprese sociali».
Una situazione complessa per la quale, sottolinea ancora Castellucci «è fondamentale un’azione di sistema, fare rete integrando risorse e attori. L’esperienza del progetto In-Jobs, ad esempio, ha dimostrato il ruolo chiave del coinvolgimento delle aziende nell’offerta di percorsi formativi che non siano percepiti dai giovani come un “rischio di buttare del tempo”. Costruire partenariati in cui le aziende partecipano all’ideazione e alla realizzazione del percorso formativo, magari mettendo anche a disposizione spazi e risorse, si è rilevata una strategia win win, per i giovani che hanno avuto accesso a una formazione concreta calata in un contesto aziendale o settoriale specifico, con un possibile sbocco lavorativo immediato, e per le aziende che hanno potuto tarare la formazione in base ai propri bisogni».

Nasce da queste considerazioni il seminario dal titolo “Desiderio di un lavoro nuovo – In-JOBs, alla ricerca di un lavoro generativo ed inclusivo” in programma mercoledì 23 novembre a Milano alla Fondazione Triulza in MIND Milano Innovation District (Area Ex Expo) dalle ore 9 alle 13 (dettagli in agenda online).
Il seminario annuale di Mestieri Lombardia, conclude Radaelli ha l’obiettivo di portare «un contributo alla riflessione sul fenomeno, sull’evoluzione culturale in atto rispetto al senso del lavoro, sul ruolo del Terzo settore, ma anche rispetto a come possono evolvere le offerte di lavoro da parte delle imprese, e da come si possa provare a valorizzare questa situazione per favorire i processi di inclusione delle fasce più vulnerabili della popolazione».

In apertura foto da Pixabay

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