Il centenario di Montanelli si è trasformato in una angosciosa beatificazione. Angosciosa perché con lui si è celebrato un giornalismo che morto e sepolto: sfrontato, colto, ironico. E angosciosa perché alla fine a Montanelli ci si è appesi soprattutto per alleviare budget disastrati, con iniziative editoriali su di lui, sfornate a spron battuto. È un revival accademico, che toglie a Montanelli il suo lato migliore: l’asprezza, a volte sprezzante, nei giudizi. La libertà di irridere i potenti. E che ovviamente oscura le sue debolezze che invece affiorano nei Diari appena pubblicati. Come quell’appunto scritto appena morto Buzzati: «Ora devo dimenticarmi di lui, scacciarlo dal pensiero e dagli occhi. Ma come, come?»
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