Sostenibilità

Il killer dell’Eternit di Casale al vertice di Rio + 20

Perchè Stephan Schmidheiny è stato invitato al summit

di Paolo Manzo

“Tu chiamale se vuoi emozioni” cantava l’indimenticato Battisti (Lucio e non Cesare, trattandosi di Brasile la specifica è doverosa) all’inizio degli anni Settanta quando, a Casale Monferrato continuavano a morire di cancro a causa dell’Eternit ma, all’epoca, nessuno o quasi sapeva nulla dell’impatto fatale del business che ha arricchito il magnate svizzero Stephan Schmidheiny.

Qualche mese fa, 40 anni dopo, le 2.191 vittime fatali delle minuscole particelle bianche dell’Eternit, che vigliacche s’insinuano nei polmoni delle persone ignare, colpevoli solo di respirare, sono state onorate da una sentenza di primo grado del Tribunale di Torino che ha fatto parlare di sé persino sul Times of India e sul Wall Street Journal, inorgogliendo – e di questi tempi è una vera e propria rarità – l’Italia nel mondo.

Sedici anni di carcere per il magnate svizzero e per l’oramai anziano barone belga Jean Louis Ghislain de Cartier, suo sodale nel business mortale dell’Eternit. “Tu chiamale se vuoi coincidenze” canterebbe forse oggi Lucio Battisti, costringendo Mogol ad una variante lessicale perché, per incredibile possa sembrare, Schmidheiny, il killer dell’Eternit di Casale e di molti altri comuni del Monferrato, proprio mentre a Torino veniva condannato alla galera veniva invitato a partecipare al tanto pubblicizzato vertice Rio + 20, tre giorni sulla sostenibilità ambientale, che si terrà nella città carioca dal 20 al 22 giugno prossimo.

Un affronto alle vittime, ha scritto giustamente Alberto Gaino su La Stampa ieri, ma tutt’altro che una sorpresa in un paese come il Brasile dove la lobby dell’Eternit è tra le più potenti e dove, ancora oggi anno domini 2012, sono ben 16 le industrie che producono la mortifera materia prima che è rivenduta regolarmente sia per i tetti delle case dei quartieri più poveri delle favelas che per ricoprire le capanne di popolazioni indigene quali, ad esempio i Tupinambá della Bahía. Sedici come gli anni di carcere a cui Torino lo ha condannato.

Del resto, non deve stupire questo invito scandaloso se è vero che 20 anni fa Schmidheiny fondò la lobby imprenditoriale del World Business Council for Sustainable Development (WBCSD) e la lanciò sempre a Rio nel corso della prima Conferenza sull’ambiente assieme al suo libro “Changing Course” con cui brandiva a mo’ di clava la causa delle “imprese verdi” e il ruolo chiave del settore privato nelle politiche di sviluppo sostenibile.

Una boiata che passò in secondo piano forse a causa della minore attenzione data all’ambiente all’epoca o, forse, perché il crollo del muro di Berlino con annessa fine della Guerra Fredda aveva lasciato le briglie sciolte a settore privato e a finanza creativa con le conseguenze che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Resta lo scandalo, enorme, della presenza di Schmidheiny al prossimo Rio + 20 al punto che, grazie all’attivismo di una coraggiosa avvocatessa giuslavorista come Fernanda Giannasi, presidente dell’Abrea, l’Associazione Brasiliana degli Esposti all’Amianto, è stata scritta in più lingue la seguente petizione, inviata al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon ed alla presidente del Brasile Dilma Rousseff.

Con la presente petizione, i sottoscritti si rivolgono alle Nazioni Unite, alle autorità internazionali, ai capi di stato e di governo, alla Presidente del Brasile Dilma Rousseff, affinché dichiarino Stephan Schmidheiny ‘persona non grata’ alla conferenza Rio + 20 organizzata dalle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile che si terrà a Rio de Janeiro dal 20 al 22 giugno 2012. Schmidheiny è stato condannato per aver causato un disastro ambientale, e per questo dovrebbe essergli vietata la partecipazione a questa importante riunione che preparerà un piano e discuterà di come proteggere il futuro del nostro pianeta Terra. Se da una parte Schmidheiny è uno dei fondatori del WBCSD (Consiglio Mondiale per lo Sviluppo Sostenibile) e se è un benefattore – come filantropo ha creato la Fondazione Avina tramite la quale sostiene progetti ambientali e sociali in America Latina – dall’altra è anche l’ex proprietario dell’Eternit, l’azienda produttrice di amianto-cemento. Il 13 febbraio 2012 il Tribunale di Torino, in Italia, ha condannato l’imputato Schmidheiny a 16 anni di reclusione per aver causato un disastro ambientale doloso permanente e per omissione volontaria delle cautele antinfortunistiche. Se fossero state attuate, tali misure avrebbero potuto proteggere le vite dei lavoratori e della popolazione locale dai ben noti rischi di morte derivanti dall’esposizione all’amianto. L’amianto è un minerale cancerogeno e secondo l’OMS è responsabile per la morte di oltre 107.000 persone l’anno. Vista la condanna penale emessa nei suoi confronti ed il danno ambientale che ha causato, ci appelliamo alle Nazioni Unite ed alla Presidente del Brasile Dilma Rousseff , affinché dichiarino Stephan Schmidheiny persona non grata vietandogli di partecipare alla Conferenza di Rio + 20.

Al momento la petizione non ha avuto nessuna risposta da parte dei destinatari e la presenza di Schmidheiny resta confermata. Un’offesa alle vittime ed al buon senso. Un favore alla lobby brasiliana dell’amianto.

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