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Il j’accuse di un vescovo luterano: Europa in preda ai vizi capitali
Sette sono i peccati capitali a cui si possono ricondurre i mali dell'Europa: ira, superbia e invidia come forme del disprezzo dell'altro, dipendenza da azzardo e nuove o vecchie droghe come ingordigia, avarizia e lussuria come forme di disprezzo di sé. Ma soprattutto ingordigia - anche di informazione - come forma di anestesia della ragione e del cuore. Il vescovo luterano di Helsinki Irja Askola lancia un duro monito
di Marco Dotti
C'è un tempo per tutto. Questo è il tempo di fermarci e parlare di peccato. Del nostro peccato. Lo afferma Irja Askola, vescovo della Chiesa evangelica luterana di Helsinki, prima donna a ricoprire questa carica nella Chiesa nazionale finlandese che riunisce oggi circa il 73,7% della popolazione.
La Finlandia è tra i paesi europei più secolarizzati, con il 53% dei cittadini che si dichiarano credenti. La libertà religiosa è garantita, ma esistono due chiese di Stato, quella luterana e quella ortodossa. Askola, prima donna eletta a capo di una diocesi finlandese è diventata sacerdote nel 1988, si laureata in teologia nel 1975, e negli anni '90 ha lavorato a Ginevra alla Conferenza delle Chiese europee. Ha 63 anni ed è considerata, fra i vescovi luterani, la più liberale. Non parla a vanvera, quando parla di peccato e nessuno può accusarla di oscurantismo o proibizionismo. Note sono le tesi di Askola a favore di una legge sul matrimonio e la parità di genere, mai nascosto il suo appoggio a tutte le manifestazioni che vogliono un'Europa multiculturale e interculturale. Eppure, per il Vescovo
È venuto il momento di parlare di peccato, non di piccole bagatelle o beghe di cortile. È venuto il tempo di parlare del peccato nelle sue forme peggiori: l’orgoglio e l’invidia, l’odio e la rabbia, la pigrizia e l’avidità, l’ingordigia e la lussuria. La nostra società è caduta nella rete di questi sette peccati capitali e, dinanzi a vecchie tentazioni e a nuove sfide, senza una forte presa di coscienza rischia di non uscirne più.
Superbia e ira: la community dell'odio disgrega la comunità del welfare
Oggi, osserva Askola, dobbiamo parlare di un peccato collettivo. Un peccato che sta portando molte comunità e persino un Paese solitamente additato come "avanzato" come la Finlandia in una direzione sbagliata. Se l'uomo è la meta, osserva il Vescovo, bisogna capire che stiamo andando non oltre, ma contro l'umanità dell'uomo.
Le persone frequentano piccole cerchie, si incontrano con chi la pensa allo stesso modo, si creano piccoli universi paralleli a tutto. Parlano di dialogo, ma praticano l'autoreferenzialità e il monologo.
La superbia è un rigonfiamento di questi piccoli universi: cerchi concentrici e bolle autoreferenziali, che non portano ad alcuna comprensione degli altri, tanto meno di sé.
Questa autoreferenzialità è pericolosa: disgrega la comunità, amplifica la paura, accresce la solitudine con chi ci sta accanto e finiamo per non vedere più.
La società si apre alla guerra che è anche guerra al welfare. Non può esistere, osserva il Vescovo, un welfare della paura. Esiste un welfare che si fa carico del malessere e lavora per mutarlo di segno.
Non dobbiamo, precisa Askola, fermarci ai numeri. Eppure i numeri, le cifre, le statistiche sono spesso un alibi.
Già Churchill – questo lo aggiungiamo noi – affermava che tre sono le forme di menzogna in politica: la prima è la menzogna nuda e cruda, molto rara; la seconda è la menzogna a fin di bene, molto praticata; ma la terza, la più insidiosa di tutte è la statistica.
Bisogna capire, ci spiega il Vescovo, che dietro i numeri ci sono storie. Storie vere con le loro differenze e le loro particolarità. Già, differenze. Differenza è una parola importante, ma ogni differenza scompare quando sulla scena appare – come il clown al circo – lo stereotipo del "diverso".
Tutti i giorni, sul web, nei forum, sui social network vediamo odio e rancore, superbia e cecità". Superbia: radicata convinzione della propria superiorità, reche si traduce in atteggiamento distacco e disprezzo verso gli altri.
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In una bella intervista concessa a Luca Baratto il 21 gennaio scorso per il quotidiano online Riforma, il vescovo Askola affermanva:
C'è sicuramente in Europa, e anche in Scandinavia, la tentazione di costruire sugli stranieri l'immagine del nemico. Questa costruzione simbolica e mistificante della realtà va senza dubbio combattuta, in particolare le chiese devono essere chiare nel condannarla. Tuttavia, è necessario cercare di capire cosa c'è dietro questo odio espresso da parte della popolazione europea. In Finlandia sta crescendo la disoccupazione, la povertà, l'esclusione e c'è la tentazione di convogliare il risentimento e l'insicurezza che ne derivano verso gli stranieri. È quindi una precisa responsabilità di ogni personalità pubblica non mettere in conflitto queste due fragilità. Come cristiani non possiamo venire meno all'accoglienza a cui il vangelo ci chiama. Non possiamo dire: non vogliamo questa gente perché ha dei problemi che porta con sé. Mi sembrerebbe davvero strano che persone che hanno vissuto nei luoghi più violenti della terra non avessero alcun problema!
Peccato: perché parlarne ora?
Prima di oggi, il Vescovo di Helsinki non aveva mai affrontato la questione del peccato comune in termini tanto forti. La sua parola chiave, in genere, è misericordia. Ma non c'è contraddizione. La grazia è la parola chiave dei luterani. Una grazia incondizionata sulla quale si ricomincerà a discutere nel 2017, nel cinquecentenario dell'affissione delle famose 95 Tesi sul portale della Cattedrale di Wittemberg. Affissione che diede inizio alla Riforma.
Durante la messa di consacrazione del Vescovo, nel 2010, Askola parlò a lungo di questa grazia e di questa misericordia. Ma il peccato, aggiunge oggi, è una questione molto complessa.
Il peccato è tra i concetti fondanti della fede cristiana, anche se pochi credenti parlano oggi di peccato. Forse se ne credono immuni? Lutero affermava che il peccato è ciò che ci distingue da Dio e ci allontana da lui. Ma se nulla è più considerato sacro, finiamo per cadere nel peccato più grave. Per questo costruiamo confini: per fingere di non vedere il confine che ci separa da ciò che è sacro
Discoccupati contro migranti: chi vuole questa guerra?
Tutti parlano di confini, distanze, muri. Costruiti o abbattuti. Ma chi li vede? Oggi, osserva il Vescovo, c'è più distanza tra un quartiere povero e il centro ricco di una città, che tra quel quartiere e un quartiere simile posto all'altro lato del mondo.
“Quando vado al mattino nella zona est di Helsinki e il pomeriggio e il pomeriggio in quella ovest, mi sembra di aver attraversato l'Europa" afferma Askola. La città è divisa da muri sottili, da linee di faglia, le comunità dentro la comunità non si vedono, non si sentono, non si parlano. Eppure si sfiorano. Perché?
Il vescovo dichiara di ricevere moltissime e-mail.
Ricevo messaggi che parlano delle situazioni più difficili. Ne ho ricevuta una di una mamma che, disperata, racconta di aver perso il lavoro. Il marito l'ha lasciata e lei è costretta a scegliere se usare i soldi per comprare lo yoghurt al suo bambino o le pastiglie per la pressione. Alla fine dell'e-mail mi chiede. perché il Vescovo parla sempre di migranti?
"Vedo questo e capisco", commenta Askola.
Molte persone "rovano sentono che dei loro problemi non importa niente a nessuno. Che le loro storie non le ascolta nessuno. Da questo nasce l risentimento. Ma è sbagliato contrapporre i richiedenti asilo alle persone che sono state licenziate. Siamo tutti nella stessa barca. Tutti abbiamo una responsabilità forte: non far precipitare la situazione nell'odio.
Eppure, osserva Askola, l'odio non è il solo rischio. Il rischio è la menzogna.
Parliamo a favore dell’integrazione ma contemporaneamente progettiamo delle leggi che rendono il ricongiungimento familiare quasi impossibile. Allora bisogna chiedere: questo è fare il bene? Questo è non fare il male?
Oggi è venerdì santo, La Pasqua arriverà presto. Il Vescovo Askola ha aperto per la Quaresima la sua residenza istituzionale, offre cibo e parole. La parola, fondamentale oggi affinché l'odio non dica la sua. Quaresima, tempo di digiuno. Ma quale digiuno?
Penso che la Quaresima sia il tempo per ripensare la nostra vita e il nostro stile di vita. Stiamo dalla parte della giustizia, della misericordia, dell'amore? O all'odio aggiungiamo odio?
Pigra Finlandia, ignava Europa
Pigrizia, ignavia, accidia. Il non fare niente quando si potrebbe fare. Dalla primavera scorsa, la Finlandia è scossa da continui attacchi al "contratto sociale": più competitività al ribasso, quinto anno di recessione, welfare sotto attacco. I media italiani e inglesi parlano di "modello Finlandia" per il reddito di cittadinanza, ma non dicono che dietro quella formula si nasconde un taglio del 40% del sussidio di disoccupazione. Anche non dire è accidia, peccato.
Sazi e scontenti. L’ingordigia e l'overload di informazioni
Quando si parla di ingordigia si pensa subito al cibo, Ma Askola è precisa su questo: parliamo di dipendenza.
Dipendenza è tutto ciò che nega all'uomo la sua libertà. Dipendenza è il contrario dell'indipendenza. Oggi dipendiamo dall'azzardo, dalle nuove droghe, da ciò che gli psicologi chiamano acquisto compulsivo. Ma dipendiamo anche dalla valanga di informazioni che pesa come un fardello sulla nostra capacità di riflettere, meditare, elaborare e, di conseguenza, agire per il bene comune. Si cade nel peccato e il peccato ha un prezzo
Qual è, dunque, il prezzo del peccato?
Nella Lettera ai Romani, l'apostolo Paolo afferma che il "salario del peccato è la morte". Parola forte, temuta, esorcizzata. "Dobbiamo vincere il peccato, non cedere alle lusinghe della morte". Le nostre società sono cadute nella rete del peccato, la conseguenza è chiara. Non si gioca a scacchi con la morte.
È compito di chi esercita una funzione intellettuale o spirituale essere franco e indicare la via. È quasi Pasqua e forse proprio questa franchezza è il vero messaggio di speranza.
In copertina: la cattedrale di Helsinki
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