Giornata internazionale della donna

Il grido delle donne afghane: «Il gender apartheid è un crimine contro l’umanità»

A Roma e in diverse parti del mondo le organizzazioni sono scese in piazza, per chiedere che l’Apartheid delle donne sia condannato come crimine contro l’umanità da Ue e Onu. La testimonianza di Musdha, giovane afghana fuggita in Italia nell’agosto 2021

di Chiara Ludovisi

Sono scese in piazza a Roma e in diverse parti del mondo, per chiedere che l’Apartheid contro le donne sia riconosciuto come crimine contro l’umanità: è questo l’appello che tante donne afghane hanno rivolto oggi all’Unione Europea e alle Nazioni Unite, alla vigilia della Giornata internazionale della donna. A Roma, l’iniziativa è stata organizzata dalla Fondazione Pangea, che ha raccolto l’invito di numerose organizzazioni internazionali che hanno promosso analoghe manifestazioni in Afghanistan, Pakistan, Francia, Olanda, Germania, Danimarca, Svezia, Canada, Usa a in altre parti del mondo, per la tutela e la promozione dei diritti umani, Fondazione Pangea si unisce all’azione globale per chiedere il riconoscimento dell’Apartheid delle donne come crimine contro l’umanità all’Unione Europea e alle Nazioni Unite.

In piazza Santi Apostoli, a Roma, c’era anche Muzdha. Nata 23 anni fa in Afghanistan e lì vissuta e cresciuta fino al 15 agosto 2021, quando insieme alla sua famiglia è fuggita dal Paese e dalle minacce dei talebani, che ne avevano ripreso il controllo. Suo papà lavorava per la Fondazione Pangea e aveva sempre incoraggiato Muzdha a studiare, per poter essere libera. E Muzdha infatti aveva sempre studiato e oggi continua a farlo, qui a Roma, dove vive insieme ai genitori e ai due fratelli minori nel cohousing di Pangea per le donne afghane.

Qui racconta la sua storia, insieme a Simona Lanzoni, vicepresidente di Pangea: «Sono nata e cresciuta in Afghanistan, un Paese dove le libertà delle donne sono drasticamente limitate e costantemente minacciate. La mia vita è cambiata da un giorno all’altro quando sono arrivata in Italia nell’agosto 2021, con l’aiuto della Fondazione Pangea. Adesso io sono al sicuro con la mia famiglia, i miei genitori e due fratelli più piccoli, sto frequentando l’università e lavoro con Pangea, che non lascia sole le donne afghane».

Simona Lanzoni, vicepresidente di Pangea e Muzdha

La Fondazione Pangea sarà presente, con la vicepresidente Simona Lanzoni, alla Commissione sulla condizione delle donne all’Onu di New York, che si svolgerà dal 10 al 21 marzo 2025, in occasione del trentesimo anniversario della Quarta Conferenza mondiale sulle donne e dell’adozione della Dichiarazione e della Piattaforma d’Azione di Pechino (1995). Spiega Lanzoni: «Oggi vengono cancellate le conquiste delle donne del 1995: se da un lato sono aumentate le istituzioni preposte, le leggi e le misure in favore delle donne, allo stesso tempo è tale la risposta misogina che ne ostacola l’applicazione che c’è bisogno seriamente di ricostruire l’alleanza tra le donne tutte, affinché non si perda definitivamente quanto faticosamente costruito. Chiederemo in particolare l’applicazione di quanto stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea il 4 ottobre 2024 con una decisione storica: le restrizioni imposte dai talebani alle donne afghane (come il divieto di andare a scuola, di girare liberamente, di curarsi ecc) sono e ‘atti di persecuzione’ sufficienti per ottenere automaticamente lo status di rifugiato ai sensi della Direttiva 2011/95/UE che stabilisce i parametri per la concessione della protezione internazionale nell’UE. Questa decisione ha implicazioni importanti per le donne e le ragazze che subiscono gravi violenze o che vivono in Stati o in regimi in cui esiste una discriminazione sistemica tra i sessi, sia perché radicata nella legge, sia perché la legge non viene applicata».

Fondazione Pangea, insieme ad altre organizzazioni come Women Without ViolenceEuropean Network of Migrant WomenPlataform Portuguesa para os direitos das mujheres e Shirakat ha organizzato diversi panel (il 12, il 13 e il 17 marzo) che andranno ad affrontare questioni cruciali, quali la prevenzione della violenza per tutte le donne, incluse quelle con disabilità; il riconoscimento della discriminazione sessuale sistemica come avviene in Afghanistan quale motivo di protezione internazionale nell’UE per le donne richiedenti asilo; il rafforzamento della protezione internazionale delle donne durante il loro percorso migratorio e la loro integrazione nei paesi ospitanti.

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