Mondo
Il governo contro la cooperazione. Come ti strozzo le Ong
Ormai è allarme rosso. Per le organizzazioni non governative italiane la situazione è al collasso. Il ministero tiene bloccati 250 progetti.
L?Associazione disabili del Tigray, in Etiopia, si barcamena come può. Il Centro di riabilitazione per mutilati di guerra (non l?ultima con l?Eritrea, ma la guerra civile del 92) cerca di andare avanti ancora con l?aiuto della Croce Rossa. Ma, ormai, pochi hanno la speranza di recuperare l?uso di gambe o braccia mutilate da qualche esplosione.
La colpa è tutta di un foglio rimasto sulla scrivania di uno dei tanti uffici della cooperazione italiana, al ministero Affari esteri (Mae). Un foglio che, per la verità, ha attraversato tutta una serie di peripezie. Cuamm – Medici con l?Africa, un?organizzazione non governativa (ong) che da ben 53 anni si occupa di sanità nei Paesi più poveri, ha presentato il progetto nel marzo del 2001. Si trattava di mandare nel Tigray un chirurgo esperto in protesi e un fisioterapista, e di intervenire per rafforzare uno dei settori più deboli della sanità etiope. «In tutta l?Etiopia i medici specializzati in ortopedia sono quattro o cinque», è la premessa di Paolo Chiodini, il medico del Cuamm che ci racconta del progetto. All?inizio del 2001, il Cuamm comincia l?iter presso il Mae per accedere ai fondi della cooperazione italiana con i Paesi in via di sviluppo. Dopo un anno e tre mesi alla ong viene chiesto di ripresentare il progetto. Il motivo? Al ministero hanno perso la documentazione. «Un caso particolarmente sfortunato», dice Chiodini. Sta di fatto che il ?foglio?, a più di due anni di distanza da quando è stato presentato, non è ancora arrivato all?Ufficio direzionale della Cooperazione, che valuta e decide sui progetti.
250 progetti fermi
Caso estremo e isolato? Tutt?altro: uno dei tanti, solo con un intoppo in più. I progetti fermi al Mae sono 250, alcuni con tempi di attesa di oltre due anni. «La cooperazione italiana con i Paesi in via di sviluppo è alla paralisi completa», è la pesante denuncia di Sergio Marelli, presidente delle ong italiane. «Il ministero Affari esteri sta facendo saltare un anno intero di finanziamenti».
Un giro di telefonate nel mondo delle ong ed è il deserto: non un euro dal Mae per progetti nei Paesi in via di sviluppo datati 2003, ma anche progetti chiusi a causa di finanziamenti già decretati che non arrivano, e crediti che risalgono al 91. E Il 19 giugno le ong italiane terranno una conferenza stampa alla Camera dei deputati, nel corso della quale denunceranno lo stallo della cooperazione italiana.
«Il Comitato direzionale del Mae non si riunisce da sei mesi, quindi non approva nuovi progetti», anticipa Sergio Marelli. «Ma non si tratta solo di problemi burocratici. Ci sono progetti già approvati che non ricevono la prima trance di finanziamento. E persino progetti interrotti perché non arrivano i permessi e i pagamenti del Mae ».
Insomma, anche a iter concluso e dopo l?imprimatur del ministero, le ong attendono ancora mesi e mesi prima di ricevere i fondi stanziati. Quanto? «Da sei mesi fino a due anni», risponde Guido Barbera, vice presidente della piattaforma delle ong italiane. «Dal ministero ci dicono che ci sono stati problemi di cambi al vertice del Comitato direzionale. Ma anche se il ?direzionale? si riunisse domani per approvare i progetti, i fondi potrebbero arrivare a 2003 concluso».
Un anno zero
Anno zero delle ong? Di più. Il ministero, secondo i dati raccolti dalla piattaforma, ha debiti per oltre 25 milioni con le ong. Le risorse stanziate finora per il 2003 sono di 36,4 milioni di euro: poco più di un terzo rispetto a quelle del 2002, 99,6 milioni di euro. Di solito lo stanziamento comprende anche i fondi non spesi l?anno precendente. Ma questa voce nel 2003 è sparita, e con essa 28 milioni di euro destinati alla cooperazione internazionale. «A dicembre è saltato all?ultimo momento il ?direzionale?», spiega Barbera, «28 milioni di euro non sono stati destinati e non rientrano nel bilancio di quest?anno: sono stati semplicemente incamerati dal ministero».
Ma l?aiuto allo sviluppo non doveva aumentare? «Ce lo stiamo chiedendo da mesi», afferma Marelli. «La percentuale del Pil destinata alla cooperazione internazionale è aumentata dallo 0,13 allo 0,19. Ma l?incremento è frutto di operazioni contabili che hanno conteggiato le operazioni di cancellazione del debito e il fondo per l?Aids, la tubercolosi e la malaria. Un fondo che, secondo le raccomandazioni dell?Onu, doveva essere straordinario».
Ritorno allo 0,13%
Secondo voci bene informate, la prossima finanziaria potrebbe riportare addirittura indietro allo 0,13 per cento del Pil l?aiuto allo sviluppo (a Genova si parlava di arrivare allo 0,7 per cento entro il 2006), questa volta con un calo drastico delle risorse destinate ai progetti delle ong nei Paesi poveri. Ma già oggi molte ong sono in crisi.
«Sia in Italia che nei Paesi in cui operiamo abbiamo a che fare con le persone, non con pezzi di carta», sottolinea Patrizia Santillo, presidente del Gvc – Gruppo di volontariato civile di Bologna, che nella cooperazione ci lavora dal 77. «Ne ho viste tante», ammette, «ma questa è una crisi senza precedenti». Nove progetti sono inceppati da oltre due anni nell?iter burocratico del Mae. «Nei Paesi in cui operi perdi credibilità, questo è il primo effetto», dice la presidente del Gvc. «Ti dicono che non onori gli impegni presi, e in molte culture è ancora più grave che da noi: significa la fine di ogni fiducia. La gente contava sul nostro progetto, ora è esasperata», conclude amara la presidente del Gvc. Il finanziamento, dopo un anno di attesa, è stato decretato, ma sono già passati altri sette mesi.
Senza tempo
E poi c?è il caso Africa. Il Cuamm, per esempio, ha firmato un accordo con il governo del Mozambico. «Ci siamo impegnati a collaborare nei servizi di base, per la prevenzione dell?Aids e il sostegno sanitario a mamme e bambini», spiega il dottor Chiodini. «A novembre il progetto è stato approvato dal ministero ma dei fondi non si sa niente. Sono passati già otto mesi e non sappiamo più cosa dire».
Imbarazzo duplice, visto l?accordo con il governo. Analoga situazione dall?altra parte del globo: «In Brasile è stata la municipalità di Recife a chiederci di collaborare», fa sapere Soana Tortora, delle Acli, settore internazionale. «Nel 2001 il nostro era un progetto innovativo, che doveva favorire la nascita di microimprese a partire dalla formazione delle comunità locali, una via poi intrapresa dal presidente Lula con il piano fame-zero».
«I tempi della cooperazione sono sempre stati lunghi ma certi», continua la responsabile delle Acli. «Ma da un po? di tempo a questa parte c?è, in più, l?incertezza: non si sa quando i fondi arrivano, quindi non è possibile fare programmi e bisogna tenere le persone in sospeso, sia chi collabora al progetto che i beneficiari. Viene da chiedersi se questa incertezza sia frutto di una precisa volontà politica». Nei mesi scorsi è capitato anche che ambasciatori italiani nei Paesi in via di sviluppo siano intervenuti per caldeggiare la ripresa di progetti interrotti sollecitando i pagamenti da parte del governo italiano.
Povero sistema
«Non si tratta solo di giustizia e di atti di solidarietà», spiega Soana Tortora. «C?è tutto un ?sistema Italia?, di cui fanno parte anche le ong, che sta andando in crisi. I nostri ambasciatori sanno bene che in alcune regioni ci sono solo le ong a rappresentare l?Italia e che le relazioni di cooperazione intessute dalle società civili sono fondamentali anche per i rapporti politici e commerciali. Non vedere questa sinergia tra profit e non profit è miopia, specialmente ora che si parla tanto di lotta al terrorismo e di democrazia. Sui giornali leggiamo delle alleanze militari, ma ci sono anche le alleanze fra società civili. Che vengono intessute nel quotidiano, e rafforzano il tessuto sociale in molti Paesi. È tutto questo che una visione miope sta rischiando di cancellare».
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.