Famiglia

Il governo cambia il dna delle politiche antidroga

La tre giorni di San Patrignano è stata l'occasione per capire qual'è l'idea del governo Berlusconi sulla questione tossicodipendenze

di A. Capannini

VENERDI’ 26 POMERIGGIO Mentre vado a San Patrignano il Rainbow Meeting è già in corso da due giorni. Ci vado lo stesso per la giornata conclusiva perché, a naso, sento che sta avvenendo qualcosa di importante. Sabato è prevista una tavola rotonda su ?Lotta alla droga: quali politiche sociali per l?Italia e l?Europa?? i cui relatori sono Roberto Maroni, ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Letizia Moratti, ministro della Pubblica istruzione, Claudio Scajola, ministro dell?Interno, Girolamo Sirchia, ministro della Salute. Uno schieramento di tutto rispetto, forse addirittura sovradimensionato rispetto alla normale importanza di un meeting di una rete di comunità: senz?altro un grande riconoscimento all?attività di San Patrignano. Insisto sul grande dimensionamento della presenza governativa in quanto con Gianfranco Fini, vicepresidente del Consiglio dei ministri, Rocco Buttiglione, ministro per il Coordinamento delle politiche comunitarie, Maurizio Gasparri, ministro per le Comunicazioni e Maria Grazia Sestini, sottosegretario al ministero del Lavoro e delle politiche sociali, al Rainbow meeting, sebbene in momenti diversi, è presente una buona fetta del governo. Una cosa che non era accaduta neppure all?ultimo convegno istituzionale: la terza Conferenza nazionale, a Genova, alla fine dello scorso anno. L?allora ministra Livia Turco era rimasta quasi sola con una coalizione di centro sinistra che, probabilmente, non riteneva il tema droga qualcosa su cui valesse la pena investire più di tanto. A Genova la situazione era, per certi versi, opposta a quella del Rainbow Meeting: la presenza istituzionale sembrava sottodimensionata a quella degli operatori del settore. In quella sede, San Patrignano e alcune Comunità amiche avevano presentato, in chiusura, un documento di dissenso verso le politiche sulla droga, la riduzione del danno e l?operato dei servizi pubblici che aveva incontrato la dura opposizione della platea tanto che la conduttrice aveva avuto non poche difficoltà a far concludere l?intervento. Così, mentre sono in autostrada, arrivano due telefonate che si assomigliano nel significato: «Fini ha attaccato tutto l?attuale impianto di intervento sulla droga: vuole chiudere i servizi pubblici». Ormai ho abbastanza esperienza per andare cauto sulle notizie sentite al volo e, per di più, riferite. Penso al rapporto Eurispes di qualche giorno prima: situazione diffusione droghe in peggioramento, età di primo consumo in diminuzione, tossicodipendenti in carico ai servizi pubblici 145.897 (in aumento), tossicodipendenti in cura presso le comunità 19.289. Possibile che in una situazione simile il governo voglia chiudere i Sert? Continuo a guidare, con calma, la strada è ancora lunga. SABATO 27 MATTINA Arrivo a San Patrignano abbastanza presto. L?ospitalità e l?organizzazione sono ineccepibili. Attraversando la comunità ? un po? di invidia la provo. Lavoro nel servizio pubblico, conosco le sedi dei Sert: francamente molte di queste mettono malinconia. D?altra parte il servizio sanitario deve contenere le spese e una bella sede è un lusso. Chi mi accompagna spiega che Vincenzo Muccioli voleva dare ai suoi ospiti il meglio perché fosse possibile, per loro che avevano toccato il fondo, aiutarli ad uscire dall?emarginazione. Evidentemente chi, oggi, amministra il servizio pubblico non ha gli stessi intendimenti o non riesce ad attuarli. All?ufficio stampa leggo dichiarazioni del vicepresidente del Consiglio, Fini. Riporto alcune parti del comunicato come documentazione: Un dipartimento per il coordinamento di tutte le politiche di contrasto alla tossicodipendenza. è questa l?iniziativa che il governo intende intraprendere nella sua strategia di lotta alla droga. Lo ha annunciato il vicepresidente del Consiglio, Gianfranco Fini, in occasione del settimo convegno di Rainbow. Il vicepremier ha dichiarato che il governo intende modificare la legislazione vigente istituendo presso la presidenza del Consiglio dei ministri il Dna (Dipartimento nazionale antidroga), una struttura unitaria che accorpi le varie competenze finora distribuite tra i vari ministeri (Salute, Interno, Politiche sociali, Pari opportunità?), affidandone la gestione all?ex prefetto Pietro Soggiu, ex capo dei servizi antidroga italiani. Una scelta, quella di una persona competente, che incarna l?obiettivo dell?esecutivo: «Recuperare il valore della persona nella sua interezza e reinserirlo nella società», come recita il paragrafo ?Politiche sociali? del Documento di programmazione economica e finanziaria. E cioè, «invertire la tendenza, dimostrando che», come ha dichiarato Fini, «quella contro la droga è una lotta che si può vincere». Una politica, quella illustrata dal numero due del governo Berlusconi, che non vuole limitarsi alla riduzione del danno, («una logica miope», secondo il vicepremier, «che ha a cuore solo l?interesse della società, trascurando il bene dell?individuo»), ma un percorso di recupero integrale della persona che abbia come scopo non solo la disintossicazione, ma anche il reinserimento nella società, quindi nel mondo del lavoro. Il comunicato parla di prevenzione, di coinvolgimento della scuola, della famiglia e del lavoro ma è anche estremamente preciso attaccando alcuni argomenti che hanno costituito colonne portanti nella politica e nell?azione antidroga sino ad oggi. Vediamo testualmente questa parte del comunicato: «Se è vero, infatti, che il Dap ha consigliato ai direttori sanitari di far ricorso alla ?terapia a scalare? con uso di metadone, nessun carcerato chiederà mai di uscire se in carcere la droga gliela dà lo Stato». Bando alla logica della riduzione del danno, quindi. «Non si può sposare la filosofia del ?bùcati ma non dare fastidio?», ha detto Fini, puntando il dito contro la strategia del ?fatti furbo? che ha orientato alcuni esecutivi fino al punto di diffondere opuscoli finanziati dal ministero della Salute, «che insegnavano ai giovani a drogarsi con il minor danno». «Non esiste danno minore quando si parla di droga», secondo Fini, «come non ha senso distinguere le droghe tra leggere e pesanti, buone o meno buone», ribadendo che quella del governo è una lotta contro ?la droga?. E in quanto tale, va combattuta non solo cercando di ridurre la domanda, ma anche l?offerta. Per questo, «deve essere usata la parola ?repressione? nei confronti dello spaccio» ha dichiarato il vice presidente, «anche se non politicamente corretta». «Qualunque forma di compromesso», ha concluso Fini, «è già una resa e contrasta con i valori che devono esserci dietro ogni politica, che in quanto tale deve sempre avere un primo grande obiettivo: la lotta per la salvaguardia della vita, quindi contro ogni tipo di droga». Non è difficile capire perché qualcuno abbia pensato alla chiusura dei Sert. Non ne trovo traccia nel comunicato ma il ritorno al concetto del metadone che non è un farmaco ma una ?droga di Stato? e il bando alla riduzione del danno non possono che colpire chi il metadone utilizza e chi crede che anche ridurre i danni, in mancanza di altre possibilità, possa essere importante. Infatti c?è subito chi, sul fronte politico opposto, interpreta la posizione del vicepremier come una dichiarazione di guerra. Franco Corleone su Il Manifesto commenta, ?Un Prefetto al posto dei Sert?. E Miriam Mafai su La Repubblica non è da meno. Non c?è che dire, ormai sembra una vera e propria guerra, ma non solo alla droga. Sembrano risvegliarsi antichi fronti. Pieno di dubbi e preoccupazioni vado alla conferenza. Incontro anche persone che conosco. Alcuni, intanto che parliamo, cercano di capire se sono un amico o un nemico, visto che sono nei Sert. Invece io sono interessato ad altre cose. Francamente non ne posso più del fatto che della questione droga o non si parli oppure si finisca per fare la guerra su metadone sì o no e sulla legalizzazione o no della cannabis. Possibile che il dibattito politico rimanga ormai da vent?anni sugli stessi temi e sia ogni volta tanto prorompente quanto inconcludente? Nella quotidiana realtà, pubblico e privato sociale lavorano sempre più assieme sugli stessi pazienti. Ci si compensa reciprocamente e, quando si può, uno arriva dove non arriva l?altro. Ci sono moltissime persone che hanno fallito trattamenti comunitari di diverso tipo e adesso sono nei Sert, altre che sono ?guarite?, magari dopo diversi interventi del pubblico e del privato sociale, altre ancora che stanno male comunque, qualunque cosa tu faccia, altre ancora che vanno bene in comunità, altre con il metadone o con uno degli altri programmi anche psicologici, sociali ed educativi che nemmeno prevedono l?utilizzo di questo o di altri farmaci. Per tutti si spera in un futuro migliore e si lavora per questo. Addirittura a Milano il Coordinamento territoriale composto da Asl, Comune, privato sociale e coop sociali ha deciso di finanziare un progetto che vedrà operatori del privato sociale lavorare in programmi socioeducativi all?interno dei Sert. Sono, piuttosto, interessato a capire bene cosa sia esattamente il Dna visto che il comunicato parla di «una struttura unitaria che accorpi le varie competenze finora distribuite tra i vari ministeri (Salute, Interno, Politiche sociali, Pari opportunità?)». Mi spiego allora la presenza, assieme ai colleghi, del ministro degli Interni anche se non capisco bene attraverso quale meccanismo tecnico e giuridico il costituendo Dipartimento possa coordinare assieme l?intervento sociale, educativo, sanitario ma anche repressivo (funzione del ministero degli Interni) così come il curriculum del prefetto potrebbe far pensare. All?apertura della sessione, tuttavia, mi accorgo dell?assenza, giustificata, del ministro degli Interni mentre il moderatore legge una lettera del presidente del Consiglio di cui riporto alcuni interessanti passi: «è stata messa in campo una rete di servizi pubblici e privati relegati al ruolo di meri esecutori di decisioni altrui, spesso prese da burocrati e funzionari lontani dal bisogno dei ragazzi e delle loro famiglie. Sono state previste procedure distorte e dispensati finanziamenti a pioggia a chiunque dicesse di occuparsi di tossicodipendenza, anche se questa attività non aveva alcun riscontro in termini di risultati. Oggi serve un?inversione di tendenza che faccia tesoro delle esperienze e delle conoscenze acquisite e le valorizzi in un rapporto di uguale dignità, uguali doveri e uguali diritti tra servizio pubblico e privato nella volontà di sottoporsi alla verifica dei risultati. (?) Spendiamo miliardi per mantenere in una condizione di ?emarginazione a vita? persone che, con gli stessi investimenti, potremmo riabilitare e reinserire nella società e nel mondo del lavoro. (?) L?obiettivo da perseguire non è il controllo sociale dell?individuo scomodo, per rassicurare la società, ma il suo reinserimento effettivo nella società stessa. (?) Tante, troppo differenti entità (dal ministero degli Interni a quello della Salute, dal ministero dell?Istruzione a quelli del Welfare e della Giustizia, dalle Regioni alle Province, ai Comuni) hanno operato, spesso in modo caotico e in contraddizione tra loro, generando una proliferazione di consulte e di commissioni di tipo esclusivamente burocratico. Allora ci siamo chiesti: fatte salve le scelte di fondo che sono quelle della prevenzione, della riabilitazione e del reinserimento e fatte salve le strategie generali che competono al Parlamento e al governo, perché non riunire sotto un?unica struttura i compiti di coordinamento e di tempestiva attuazione del programma? Un?agenzia antidroga esiste negli Stati uniti, per esempio, alle dirette dipendenze della Casa Bianca; ma esiste anche in molti altri Paesi tra i quali, in Europa, la Gran Bretagna. Da ieri, con l?annuncio del vicepresidente del Consiglio, questa è diventata una precisa scelta strategica del governo. SABATO 27 POMERIGGIO L?intervento del ministro della Salute, Sirchia, porta su un piano diverso quella che, prima della lettura della lettera di Berlusconi, sembrava la cercata contrapposizione Sert-Comunità: «Vorrei partire con un commento sulla libertà del cittadino che è stata evocata dalla lettera del presidente. Che cos?è la libertà del cittadino? è la libertà anche di una persona che si è imbattuta nella droga, e ne è diventata dipendente, di scegliere come farsi curare. (?) Vuol dire che non è necessario andare al Sert per farsi curare, non è obbligatorio (APPLAUSI) è possibile che un cittadino scelga di farsi riabilitare globalmente in una comunità, ovviamente non tutte le comunità, nelle comunità che diano delle garanzie (?), le comunità accreditate (?) che sui fatti, sui risultati e sui numeri abbiano dato prova di sé. (?) Non vuol dire ridurre o osteggiare o colpire o punire i Sert. Il Sert è una struttura territoriale che ha una certa funzione, che si inserisce, quindi, in un dipartimento dove altri collaborano dove non ha più, essendo lui solo, l?esclusiva del trattamento, l?esclusiva della certificazione, l?esclusiva di indirizzo. Fa parte di un gruppo di operatori di cui fanno parte anche coloro che credono non tanto e non solo nella riduzione del danno ma nel reinserimento e nella valorizzazione globale della persona. Su questo punto stiamo rivedendo la legge 444». Sirchia ribadisce poi il significato del Dna: «? concentrare in un?unica persona che abbia una sufficiente autonomia e potere di intervento all?interno e all?estero (?) i poteri oggi dispersi in mille rivoli» e si sofferma sull?importanza della comunicazione sociale anche intesa come trasferimento della fiducia che la persona ha in un grande marchio nella campagna che il grande marchio organizza a favore di un tema sociale. Particolare attenzione viene dedicata anche alla ricerca: «La dipendenza che è la parte comune dalla droga, al fumo, all?alcol, all?iperalimentazione non è un fatto solo psicologico e sociale (?). La dipendenza, secondo me, non deve essere combattuta solo con le seppur validissime e importantissime tecniche del sociale, della ricerca sociale e psicologica, ma deve essere fatta una vera ricerca medico scientifica». L?intervento del ministro del Lavoro e delle politiche Sociali, Maroni, sottolinea ancora l?attenzione sulla novità di non voler più parcellizzare le competenze nel settore dell?azione antidroga tra almeno cinque ministeri. «Una delle cose che fa il mio ministero è quella di spendere ogni anno dieci miliardi per attività di comunicazione sulla tossicodipendenza. Questi dieci miliardi sono stati spesi nel 2000 e nel 2001 secondo criteri che a me paiono da rivedere (?), ma non ha senso che io definisca autonomamente, nell?ambito del mio ufficio, come spendere questi dieci miliardi, se sulla carta stampata, se in televisione e quali messaggi dare attraverso le scuole senza che il ministro Moratti sia non dico informato, ma coinvolto». Il ministro Maroni risponde anche alle accuse provenienti dall?opposizione di voler smantellare il pubblico per favorire il privato «che è una cosa che loro hanno fatto in questo settore senza dirlo, che è peggio, (?) perché di questi dieci miliardi, cinque sono stati spesi a discrezione di non si sa chi per finanziare migliaia di piccole iniziative locali di cui non abbiamo riscontro sull?efficacia ? per finanziare quindi il privato: le tante piccole associazioni scelte da loro (APPLAUSI)». Per quanto riguarda il Dna, il ministro spera che coordini non solo l?azione dei ministeri ma anche quelle della società italiana, ?pubblico e privato sociale?. Si dichiara preoccupato per l?abbassamento dell?attenzione al fenomeno. All?interno della ridefinizione in corso degli strumenti d?azione, Maroni si dichiara «un profondo assertore del principio che non tutto ciò che è pubblico deve essere statale (?), il privato sociale deve svolgere in tutti i settori (non c?è un settore in cui non possa operare) un ruolo assolutamente importante, decisivo, compreso il settore della tossicodipendenza, non solo come contrasto e recupero ma anche come passaggio successivo: il reinserimento o l?inserimento nella società e nel mondo del lavoro. (?) Penso che il pubblico debba rimanere in questo settore ma certo quando mi arrivano lettere o email da parte di esponenti, dirigenti dei Sert che mi criticano non perché ho fatto una politica sulla tossicodipendenza sbagliata ma semplicemente perché ho tolto dalla consulta sulle tossicodipendenze una persona, il dottor Agnoletto (APPLAUSI) ? qualche ripensamento dobbiamo farlo con il governo: la politica deve stare fuori da queste strutture e oggi, invece c?è e c?è pesantemente (APPLAUSI) (?). Questa è l?altra operazione che la sinistra ha fatto: privatizzare le strutture pubbliche mettendo i loro uomini dentro; occupandole. Se questo è il pubblico è meglio che ci sia solo il privato (APPLAUSI)». Per Letizia Moratti, ministro dell?Istruzione, la politica del governo consiste nel «recupero della persona nella sua interezza: da qui discende tutto». Approfondisce il tema del disagio inteso come «relazione tra individuo e società», con particolare riferimento alle difficoltà dei più giovani, forse più fragili che nelle passate generazioni e in difficoltà «tra quello che vorrebbero essere e quella che in realtà è la loro esperienza». La tossicodipendenza viene vista come conseguenza, come un rifugio di una personalità non formata. In questo senso la scuola deve recuperare la propria missione educativa. Ci sono dati positivi, in questo campo ma anche negativi come, ad esempio, una altissima dispersione scolastica: solo 4 ragazzi su 10 hanno il diploma di scuola secondaria superiore in confronto dei 6 della Francia e gli 8 della Germania. La scuola dovrebbe rivedere le proprie politiche accentuando la propria missione educativa. Secondo Letizia Moratti ci sono progetti che, purtroppo, hanno poco a che fare con la capacità di rispondere al disagio come i «progetti della cittadinanza studentesca», particolarmente deboli nella loro costruzione e significato, e i progetti dei Centri di consulenza (Cic) attivati anche da personale non adeguato a conoscere e ad affrontare per davvero le situazioni problematiche. Inoltre, il ministro auspica una revisione complessiva dell?azione in tema di disagio e di droga: «Io non credo che la politica della scuola debba essere quella di distribuire, come purtroppo è avvenuto nel passato, opuscoli che insegnano ai ragazzi come drogarsi (?). I ragazzi vanno aiutati a formare la propria personalità: non vanno aiutati a drogarsi meglio». Importante viene visto un nuovo ?patto con le famiglie?, indebolite come agenzie educative per diversi motivi. La scuola «deve prendere atto che la famiglia ha esigenze diverse, quindi ha bisogno di un supporto maggiore da parte della scuola», che deve affiancarla in una più stretta relazione. La scuola può anche aprirsi a progetti che non sono unicamente scolastici: «Ho ascoltato con interesse alcune linee che ieri Andrea Muccioli ha delineato rispetto alla possibilità di creare delle reti per i giovani, dei centri nei quali i giovani possano ritrovarsi per sperimentare, per vivere da protagonisti la propria vita con l?aiuto di maestri, di educatori, di persone del volontariato sociale, di professionisti che mettano a disposizione le loro competenze, il loro desiderio di essere utili alla società». (?) UN BILANCIO AL RITORNO Questa è dunque la nuova politica sulla droga secondo i ministri. Senza dubbio un punto di svolta nelle politiche in tema di tossicodipendenze, ma non solo. Più precisamente a San Patrignano viene dato l?annuncio di una rivoluzione quasi genetica della politica governativa che parte da un dipartimento che, guarda caso, si chiama Dna. Che dire? L?intenzione è, senza dubbio, positiva e molti dei punti della lettera scritta dal presidente del Consiglio ad Andrea Muccioli sono assolutamente condivisibili. Purtroppo, per anni, il problema della diffusione delle droghe in Italia è stato sottovalutato ed è giusto che ci si assuma il fine di costruire (finalmente) un?azione coordinata. è altrettanto vero che in questi anni sono stati attribuiti finanziamenti a pioggia senza verificare sufficientemente come i soldi pubblici venivano spesi. Il governo ha colto la necessità e la priorità di una svolta decisiva ad una situazione, fin troppo, stagnante. Mi sembra, tuttavia, che nell?annuncio di questa svolta siano stati compiuti, forse involontariamente, degli errori che non hanno favorito la comunicazione pubblica di un intendimento così importante. Il rischio è che, anziché costruire l?unione e il coordinamento del meglio delle diverse esperienze che sono in campo, si finisca a generare una battaglia tra chi è a favore del governo e chi è contro. La dialettica e lo scontro politico sono parte vitale del sistema democratico ma sono assolutamente distruttive se applicate a un sistema sociale, sanitario ed educativo che appare già molto debole e dotato di risorse minimali rispetto ai problemi che dovrebbe affrontare. Ci sono molti motivi per pensare che queste risorse non possano essere aumentate ma debbano, invece, essere ottimizzate e questo va fatto con l?apporto di tutti. L?errore di comunicazione che è stato fatto, a mio parere, è quello di aver trasformato il convegno in una conferenza istituzionale e di scegliere Andrea Muccioli e i partecipanti al meeting come diretti interlocutori del governo per un annuncio di grande portata di cui, evidentemente, non possono essere gli unici destinatari. L?ovvia conseguenza è che altri si sono sentiti esclusi. Forse, questo ha riacceso antiche competizioni che rischiano di minare alla base la possibilità di un?effettiva collaborazione per la costruzione di quello che il ministro Sirchia ha definito ?un mondo nuovo?. D?altra parte è anche vero che, da parte della compagine governativa, sono partiti attacchi non indifferenti ai servizi pubblici e, di conseguenza, anche a quel privato sociale che con il servizio pubblico collabora normalmente. Gli attacchi ai servizi pubblici da parte di alcuni esponenti del governo sono stati duri. La mancanza di motivazioni precise e di proposte operative, purtroppo, ha probabilmente rafforzato l?opinione di chi interpreta questi attacchi come un desiderio di chiusura piuttosto che di miglioramento. La stessa atmosfera dell?assemblea, in certi momenti, poteva far pensare che il vero nemico fossero i Sert, e chi ci lavora, piuttosto che un mercato della droga che si è fatto sempre più potente, penetrante e aggressivo. Non per nulla in molti, primo fra tutti il ministro Sirchia, hanno cercato di ricucire la pericolosa frattura che si stava aprendo. Allo stesso modo è stata messa al bando la politica della riduzione del danno sostituita da quella del recupero integrale della persona senza, però, che si approfondisse la realtà di situazioni che non sempre sono totalmente recuperabili. Parto da San Patrignano con sentimenti diversi e contrapposti. Siamo alla vigilia di un vero e necessario cambiamento, l?idea prospettata va nella giusta direzione, ma mi preoccupa che questo processo di cambiamento sia già scivolato sul terreno dello scontro politico. Riccardo Gatti, docente di Sociologia università Milano-Bicocca e responsabile Servizio Alcol-tossicodipendenze Asl Città di Milano


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