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Il giornalista si fa scudo con la polizia.

Leggi, censure e privilegi in internet.

di Riccardo Bagnato

L?ultima volta che ho visto Franco Carlini, popolare giornalista che da anni si occupa di Internet, è stato allo Smau di due anni fa. Il tema principale era: e adesso, di tutti questi giornalisti professionisti scalzati dalle nuove leve non professioniste che sul Web pubblicano buona informazione, del giornalista professionista che ne facciamo? Dilemma da new economy. No problem: legge sull?editoria 62/00 (che obbliga tutti i siti Internet che intendono fare informazione continuativa ad avere un direttore responsabile, cioè giornalista professionista, nonché a registrare la testata presso il Tribunale), magistratura (che alla lettera ha interpretato in più casi la legge in senso restrittivo e chiuso siti ingiustamente), e polizia postale (che ha arrestato recentemente ragazzi di 18-23 anni con l?accusa di aver cambiato la homepage di siti importanti durante le giornate di Genova, in gergo, defacement); tutto ciò ha messo le cose a posto tranquillizzando Carlini & Co e assicurandoci un?informazione politically correct anche online. Per carità, una delizia. Peccato che questi provvedimenti siano andati proprio a discapito di tante organizzazioni non profit che non si possono permettere un direttore responsabile. Molti provider, che fino a ieri ospitavano gratuitamente il sito della Associazione Piconpallino, non lo fanno più per evitare qualsiasi controllo (ovvero costi) sui contenuti ospitati, al fine di tutelarsi da contenuti contrari alla pubblica moralità. Pubblica moralità per cui si fa garante una magistratura che, con le nuova legge sulle rogatorie , non si fida neanche più del fax come mezzo di comunicazione di documenti, fate un po? voi.


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