Cultura

Il giornalismo? Una miniera dell’altro mondo

Recensione del libro "Il mondo capovolto" di padre Giulio Albanese.

di Ettore Colombo

“Cani da guardia della segregazione razziale”. Non usano mezze parole le Chiese, in Africa, per definire i mercenari delle sporche guerre che si combattono da decenni nei Paesi dove operano. Lo racconta, nel suo libro, padre Giulio Albanese, ideatore, fondatore e direttore dell?agenzia Misna. L?Africa gli sta a cuore sul serio: le omissioni e i silenzi dell?informazione planetaria sulle sue tragedie lo indignano, le omertà e il guardare dall?altra parte del Nord del mondo e dei suoi governi verso le tragedie africane lo offendono.
Quando scrive, però, padre Albanese è pacato, non apocalittico, sa raccontare, induce alla riflessione. Come quando racconta le storie vere di “bambini reclutati e costretti ad uccidere senza pietà”. O riporta la lettera di una vittima del moderno commercio degli schiavi, vivo nonostante tutto (la schiavitù, la sua abiezione, una gamba amputata). O quando ricostruisce, con il ritmo del thriller, l?avventura sua e di altri padri missionari che cercano di fare da pacieri nella guerra civile in Uganda, rischiano di essere giustiziati dall?Esercito di resistenza del Signore e si salvano quasi per miracolo. Nel libro Il mondo capovolto, i missionari e l?informazione (Einaudi, pag. 175, 13 euro) si trovano una miniera di simili spunti. Miniera e spunto, la rete dei missionari, fonte primaria e insieme terminali preziosi della Misna, una ?forza d?urto? di cui forse lo stesso padre Giulio, che pure da lì viene, non si era reso appieno conto.
Fu il vicedirettore della Cnn di Atlanta, infatti, quando andò nella ?mitica? sede della grande tv mondiale, a suggerirgli l?idea di fondare la Misna: “Hai una rete di corrispondenti ramificata ovunque, che conosce il territorio e gratis, quella dei missionari, e una tecnologia, Internet, disponibile a basso costo. Se metti in piedi un?agenzia di stampa il successo è assicurato”. E così è stato -anche se a prezzo di enormi sacrifici, con una piccola redazione che lavora molto e una sede più volte cambiata ma sempre priva di lussi – al punto che oggi persino le agenzie Onu o i governi africani stanno incollati davanti allo schermo della Misna per avere notizie, in tempo reale, sui loro stessi Paesi…
Ma se il giornalismo è (o dovrebbe essere) una vocazione, lo è ancora di più nel caso di padre Albanese, che riporta le parole del Papa: “Essere missionari vuol dire avere coraggio, perseveranza, capacità. E coltivare orizzonti ampi”. Fino al rischio del sacrificio, oltre che alla scelta di vita: stare sempre ?dalla parte degli uomini?. Le storie di missionari e suore in Sierra Leone o in Uganda sono lì a testimoniarlo, con tanto di rischio martirio. Fede? Certo, ma anche coscienza di un ruolo. Giornalisti laici, leggetelo.

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