L'appello

Il giornalismo di Cecilia Sala, baluardo di democrazia e conoscenza. Riportiamola a casa

La giornalista del "Foglio" dallo scorso 19 dicembre è rinchiusa in un carcere a Teheran in Iran. VITA si unisce all'appello per riportarla a casa. Lo facciamo riprendendo alcuni passaggi del messaggio di papa Francesco in occasione della 55esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Un messaggio che restituisce il senso e il profondo valore sociale del lavoro di Cecilia Sala

di Stefano Arduini

Lo scorso 19 dicembre la giornalista Cecilia Sala è stata arrestata in Iran. Sala è giornalista del Foglio e autrice del podcast quotidiano Stories sulla piattaforma Chora. “Il giornalismo non è un crimine, e per una volta tanto scriverlo non è retorica ma è una realtà viva, reale e spaventosa”, scrive il direttore del Foglio Clauio Cerasa in un articolo intitolato “Il giornalismo non è un crimine. Riportiamo a casa Cecilia Sala”. Un appello che facciamo nostro, riprendendo alcuni passaggi del messaggio di papa Francesco in occasione della 55esima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Un messaggio che restituisce il senso e il profondo valore sociale del lavoro che Cecilia Sala stava svolgendo in un Paese complesso come l’Iran.

Pensiamo al grande tema dell’informazione. Voci attente lamentano da tempo il rischio di un appiattimento in “giornali fotocopia” o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, “di palazzo”, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società. La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più “consumare le suole delle scarpe”, senza incontrare persone per cercare storie o verificare de visu certe situazioni. Se non ci apriamo all’incontro, rimaniamo spettatori esterni, nonostante le innovazioni tecnologiche che hanno la capacità di metterci davanti a una realtà aumentata nella quale ci sembra di essere immersi. Ogni strumento è utile e prezioso solo se ci spinge ad andare e vedere cose che altrimenti non sapremmo, se mette in rete conoscenze che altrimenti non circolerebbero, se permette incontri che altrimenti non avverrebbero…

il giornalismo, come racconto della realtà, richiede la capacità di andare laddove nessuno va: un muoversi e un desiderio di vedere. Una curiosità, un’apertura, una passione. Dobbiamo dire grazie al coraggio e all’impegno di tanti professionisti –  giornalisti, cineoperatori, montatori, registi che spesso lavorano correndo grandi rischi – se oggi conosciamo, ad esempio, la condizione difficile delle minoranze perseguitate in varie parti del mondo; se molti soprusi e ingiustizie contro i poveri e contro il creato sono stati denunciati; se tante guerre dimenticate sono state raccontate. Sarebbe una perdita non solo per l’informazione, ma per tutta la società e per la democrazia se queste voci venissero meno: un impoverimento per la nostra umanità.

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