Volontariato

Il gioco delle buone cause

Dice lo slogan: 28 pence ogni pound per il Terzo settore. E ogni anno 5 mila miliardi vanno al sociale.

di Carlotta Jesi

Per accorgersene ci sono voluti 80 miliardi di jackpot e una madre di famiglia indebitata fino al collo per il Superenalotto che inscena un suicidio pur di sfuggire ai suoi creditori e alla fine torna a casa sana e salva grazie a ?Chi l?ha visto??. Ma tant?è. Che nel sistema di giochi e concorsi pronostici del Bel Paese ci sia qualcosa che non va adesso lo sanno tutti. Compreso il ministro delle Finanze Vincenzo Visco, che il 29 settembre, quando 80 miliardi di montepremi da regalare a una sola persona sono sembrati eccessivi anche ai patiti della schedina, ha firmato un provvedimento per frenare le super vincite del jackpot e aumentare l?importo dei premi minori. Tutto qui, viene da chiedersi, mentre Eurostat pubblica uno studio in cui l?Italia risulta il Paese europeo con meno sussidi per i poveri e le conseguenze dell?esclusione sociale finiscono ogni giorno in cronaca nera? Sì, purtroppo. E pensare che alla Camera c?è anche chi pensa di bocciare la proposta di legge numero 5831 presentata dall?onorevole Mimmo Lucà per stornare 300 miliardi degli utili delle lotterie e destinarli, insieme al 50% delle vincite non riscosse, a progetti occupazionali e di lotta all?esclusione sociale. Ma davvero con i circa 30 mila miliardi raccolti ogni anno con Lotto, Totip, Totocalcio, Tris, Totogol, Gratta e vinci e altri concorsi uno Stato non può fare di meglio che creare qualche Paperon de? Paperoni e rimpolparsi le tasche? No. Basta fare un giro fuori dai confini italiani per scoprire che grosse fette delle lotterie europee servono per finanziare il non profit. E non solo: ?Vita? ha scoperto che, al di là della Manica, il governo inglese si è inventato una grande lotteria nazionale proprio per raccogliere fondi da destinare al sociale e ogni anno versa al Terzo settore 1,8 miliardi di sterline (circa 5 mila miliardi di lire italiane). Ecco come… Finanziare le ?buone cause? «Su ogni pound speso per la tua schedina, 28 pence servono per finanziare buone cause», recita un cartello appeso in quasi tutte le 36 mila ricevitorie della National Lottery inglese. Che le Camere dei Lord e dei Comuni hanno istituito nel 1994 con il preciso scopo di raccogliere fondi per iniziative sociali e regolamentato con un apposito atto parlamentare che stabilisce come utilizzare i profitti: 50% ai vincitori, 28% al non profit, 13% al fisco, 5% ai venditori di schedine e gratta e vinci, 3% per spese di gestione e l?1% alla società privata scelta per concorso ogni sette anni per far funzionare l?intera macchina della lotteria. Un sistema che, nei primi quattro anni di vita della National Lottery, all?associazionismo ha donato oltre 7 miliardi di sterline mentre alle casse dello Stato appena 2,8 miliardi. Puro autolesionismo da parte della Corona? No. Una vera e propria strategia sociale con cui, a ben vedere, il governo riesce ad aiutare i cittadini più bisognosi ottimizzando le risorse di chi ha abbastanza per vivere e due volte a settimana cerca di aumentare il suo budget affidandosi alla dea bendata. Ma, soprattutto, un ingegnoso sistema per indirizzare il denaro raccolto da Londra verso le periferie del Paese, che ne hanno veramente bisogno: villaggi, fattorie e periferie dell?Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord. Fiore all?occhiello della National Lottery, che proprio come il Superenalotto italiano si gioca annerendo sei numeri su una schedina, e l?estrazione avviene in diretta televisiva due volte a settimana, è infatti la piramide di organizzazioni parastatali volute dal Parlamento inglese per raccogliere i progetti sociali presentati in tutto il Paese e deciderne le linee di finanziamento. Ecco come funziona. La piramide del gioco In cima alla piramide siedono Sports Council, Hertitage Lottery Fund, National Lottery Charity Board, New Opportunities Fund, Arts Council e Millenium Commission. Sei commissioni di esperti nelle sei ?buone cause? cui il Parlamento inglese ha deciso di destinare il 28% dei profitti della Lotteria dal 1994 al 2001: promozione dello sport, protezione e valorizzazione del patrimonio artistico e ambientale del Paese, sostegno alle organizzazioni del Terzo settore che operano nel Regno Unito o all?estero, promozione della salute e dell?educazione nelle aree svantaggiate, sviluppo delle arti e delle iniziative che promuovano il bene comune in occasione del Terzo millennio. A ciascuna delle commissioni il Parlamento ha assegnato una precisa percentuale dei fondi destinati ogni anno alle buone cause: 16% a quelle per lo sport, l?arte, il patrimonio culturale e l?associazionismo, che insieme gestiscono quindi i 2/3 del fondo, 20% alle iniziative sociali del nuovo millennio e 31% alla commissione per la promozione di educazione e salute nelle aree con più alto tasso di esclusione sociale. Percentuali che le sei commissioni gestiscono in base alle indicazioni dei loro uffici dislocati nelle quattro grandi regioni del Regno Unito. Scendendo di un gradino nella piramide della lotteria scopriamo, per esempio, che esiste uno Sport Council scozzese, uno inglese, uno gallese e uno nord-irlandese. E che spetta proprio a loro, insieme a volontari e a uno staff di professionisti appositamente nominati dal Parlamento, pubblicizzare l?esistenza dei fondi della lotteria pubblicando i bandi per la presentazione dei progetti sociali da finanziare sul proprio sito Internet. Progetti che, dall?Irlanda del Nord alle scogliere di Dover, variano a seconda del tipo di buone cause da implementare. «Si va dalla costruzione di centri di accoglienza per disabili al finanziamento di una trasferta sportiva per una squadra di pallacanestro», recita il sito Internet della National Lottery (www.national-lottery.co.uk), «E non è raro che un?associazione non profit chieda alla Lotteria di pagare lo stipendio di uno dei suoi operatori». Oltre che sui progetti, insomma, Parlamento inglese e Lotteria Nazionale hanno scelto di investire sulle persone che una società migliore contribuiscono a crearla con il loro lavoro. E, convinti che sia meglio sostenere molte iniziative con un finanziamento non eccessivo e ripetuto nel tempo piuttosto che con un grande evento, finanzia i progetti sociali con un massimo di 25 mila sterline. Che, lira più lira meno, in Italia sarebbero 75 miliardi. Quasi un terzo di quei 300 miliardi che da noi si fa fatica a pensare di poter stornare dai profitti delle lotterie e destinare al non profit. Paura che manchino i soldi o, piuttosto, come spesso accade da noi, poca fiducia negli enti cui spetta monitorare l?assegnazione dei fondi all?associazionismo? All?atto di fondare la sua lotteria nazionale il Parlamento inglese ha pensato anche a questo: per selezionare un?organizzazione che gestisse l?intero carrozzone della Lotteria nel 1993 indisse una pubblica gara vinta da Camelot. Un?impresa privata che oggi deve garantire il buon funzionamento di tutta la lotteria: 36 mila rivenditori in tutto il Paese, altrettanti terminali collegati con il server centrale di Londra, vendite settimanali pari a 20 milioni di sterline, circa 300 milioni di sterline in commissioni sui biglietti vincenti pagati ogni anno ai rivenditori e migliaia di progetti da finanziare presentati da ogni angolo del Regno. Insomma, una bella mole di lavoro che Camelot svolge destinando alle spese di gestione il 4% dei profitti e tenendosi soltanto l?1%. Certo una misera percentuale che, tuttavia, rispetto ai 5,5 miliardi di sterline con cui la Lotteria ha chiuso il bilancio del 1998, per Camelot ha significato comunque un introito quantificabile in 150 miliardi di lire.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA