di Samuele Manzotti*
L’evoluzione dei rifugi è partita una decina di anni con l’adozione di nuove normative in materia igienico-sanitaria e di sicurezza. Il rifugio, come struttura pubblica, ha dovuto adattarsi e adeguarsi di conseguenza. In alcuni casi si è trattato di adattamenti semplici, ma in altri casi hanno comportato costi notevoli per le ristrutturazioni se si pensa che moltissime strutture hanno oltre 100 anni di vita. Con la Carta di Verona il Cai aveva già stabilito in precedenza che non si potessero costruire nuovi rifugi, quindi tutti i nostri sforzi sono stati dedicati all’ammodernamento e alla ristrutturazione di quelli già esistenti. C’è stata anche una notevole evoluzione “tecnica” e dai vecchi generatori elettrici si è passati all’energia alternativa, attraverso l’adozione di pannelli solari, impianti fotovoltaici e sistemi avveniristici.
Ed è cambiato anche il pubblico: prima nei rifugi andavano solo gli alpinisti, gli amanti puri della montagna. Con il nuovo turismo è arrivato un pubblico nuovo, un flusso di gente non necessariamente educata e abituata alla vita in montagna. E che richiede servizi diversi. Anche in questo caso il gestore si è adattato a una richiesta esterna e ha cominciato a trasformarsi in un piccolo “albergatore”, seguendo un po’ a ruota l’iniziativa dei proprietari privati, attivi specialmente in regioni come il Trentino e il Veneto. Ormai il gestore è diventato in tutto e per tutto un imprenditore, deve avere un ritorno economico e quindi trasforma l’attività del rifugio a seconda della sua tipologia. Può decidere di sfruttare al meglio la cucina locale o di organizzare corsi di alpinismo: ognuno si organizza nel modo che più ritiene utile. In Trentino i rifugi ospitano i concerti in alta quota, altrove ci sono gestori di territori limitrofi che si alleano per organizzare trekking itineranti di rifugio in rifugio. L’aspetto positivo è che sull’onda di questo interesse sono nate associazioni regionali trasversali che riuniscono sia i gestori del Cai sia i proprietari privati di rifugi. L’intento comune è di offrire ai nuovi “turisti” il massimo dell’accoglienza ma anche un nuova educazione nei confronti della montagna.
* Samuele Manzotti è presidente della Commissione Rifugi del Club Alpino Italiano. Messa in numeri, significano 433 strutture e 22.600 posti letto (bivacchi compresi). Solo tre rifugi dipendono direttamente dal Cai. Gli altri sono tutti affidati ai gestori, veri protagonisti di questa svolta dei rifugi italiani.
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