Famiglia
Il Garante va bene, ma lo vogliamo cosi
Le associazioni accettano la proposta, ma mettono in guardia sui rischi di un nuovo organismo burocratico. I loro consigli e il caso del Friuli. Dove il Garante cè già
La tutela dei diritti dell?infanzia non sarà più affidata solo ai Tribunali o asi servizi sociali: nascerà presto anche in Italia il pubblico tutore dell?infanzia. Lo ha preannunciato nei giorni scosri la ministra della Solidarietà sociale Livia Turco. «Un Garante», ha spiegato, «capace di ascoltare e vigilare, ma anche di promuovere azioni in favore dei bambini. Una figura radicata sul territorio, in grado di prevenire gli abusi». La Turco pensa a una funzione «svincolata da logiche burocratiche che ne limitino l?accesso da parte dei cittadini». La costituzione di questo organismo, da realizzarsi su base regionale, verrà proposta al Consiglio dei ministri subito dopo l?approvazione della Legge finanziaria.
Un?idea che piace alle associazioni. «Quella del Garante è una figura che chiediamo da tempo», dice Isabella Poli, responsabile italiana del Bice (Bureau internazionale cattolico per l?infanzia), ong che nel nostro Paese coordina oltre 30 associazioni. «La sua istituzione», spiega, «fu uno degli obiettivi finali della Conferenza nazionale che tenemmo a Firenze all?inizio del ?96». Soddisfatto ma cauto il presidente di Telefono Azzurro, Ernesto Caffo, che dice sì alla nuova figura a patto che «non sia un ennesimo, inutile comitato lento e con a capo un burocrate in pensione». Per Caffo, «il Garante dovrà avere poteri chiari e autorità per diventare una voce a favore dei bambini, indiscutibile e difficilmente attaccabile». Una figura simile comunque esiste già, in Fiuli, introdotta da una legge regionale del ?93 Lo rivela Francesco Milanese, che da due anni ricopre l?incarico: «Per essere efficace, il Garante per l?infanzia non deve esercitare funzioni di controllo che vanno ad aggiungersi a quanto già esiste, ma svolgere un?attività di mediazione e di consulenza». Per quanto riguarda le funzioni di controllo, «le legislazioni regionali», aggiunge Milanese, «sono già in grado di offrire uno spettro di poteri sufficiente. Ciò che manca e che solo una legge nazionale può colmare è l?istituzione di una figura che rappresenti gli interessi dei minori nei procedimenti giudiziari, in particolare quando il minore è vittima o testimone in procedimenti a carico degli adulti, nelle situazioni di separazione e divorzio e quando c?è la possibilità di ricorso a tutela degli interessi non patrimoniali del minore».
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