Non profit

Il G8 e la ciotola della carit

Un interessante commento di Ennio Caretto su "Il Corriere della sera"

di Redazione

Ci può essere anche una ragione contingente, politica, oltre a quelle clamorosamente umanitarie, per aiutare l’Africa: impedire che gli effetti si sommino, che da sacca di povertà e disperazione diventi anche sacca di destabilizzazione e terrorismo, e non solo nella sua parte musulmana. Dalla fine della guerra fredda nell’89, quando l’Africa cessò di avere una rilevanza politica e militare per l’Occidente, gli aiuti internazionali si sono dimezzati, da 24,4 a 12,2 miliardi di dollari nel ’99. Abbandonata ai conflitti – chi scorderà mai l’orrore dei genocidi in Ruanda? – privata spesso dei diritti civili dai suoi leader, l’Africa rischia di essere il continente perduto dell’inizio del millennio.
Accogliendo per la prima volta quattro presidenti africani e il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ai suoi lavori, varando nuovi aiuti, e impegnando gli ospiti alla democrazia e al libero mercato, il G8 ha ieri risposto alle pressioni dei no global e alla sfida delle istituzioni internazionali. Gli ottimisti parlano di un Patto nord-sud, della svolta da un rapporto parassitario, come lo chiamò Yoweri Museveni, il presidente dell’Uganda, a una partnership di eguali: è la migliore opportunità offerta all’Africa dalla scomparsa del colonialismo, rileva il Times di Londra.
Ma l?odissea africana dell’ultimo mezzo secolo è costellata di facili speranze e atroci delusioni. Al premier canadese Chrétien che promette di fare del secolo XXI «il secolo del riscatto dell’Africa e del suo ingresso nella globalizzazione», Annan ribatte che «non è realistico coltivare eccessive aspettative».
La volontà d’incidere dell’Occidente è sincera, e la disponibilità della maggioranza degli Stati africani a riformarsi è onesta. Ma c’è il pericolo che Calgary e Genova, che ne fu la premessa, restino un rito tanto sterile quanto variopinto. Quello dell’Africa è uno scenario che spaventa. Su 800 milioni di persone, 350 milioni sopravvivono con meno di un euro al giorno, e 200 milioni sono denutriti. Risultano ammalati di aids o sieropositivi 28 milioni di africani – su un totale di 40 milioni di esseri umani in tutto il mondo – con 2 milioni e 300 mila morti nel solo 2001. Mancano l’acqua corrente e le infrastrutture, dai trasporti alle telecomunicazioni, e l’80 per cento dell’energia è sempre prodotta con il legno, lo sterco e la paraffina. La durata media della vita è diminuita a 54 anni e diminuisce ancora, contro oltre 81 anni per le donne e quasi 75 anni per gli uomini in Europa.
La povertà e le carenze della sanità sono aggravate dalla mancanza d’istruzione: oltre 42 milioni di bambini in età scolastica non frequentano le scuole, e metà delle giovani africane ignorano che l’Aids si trasmette con il sesso. Con rarissime eccezioni, come il Botswana, che l’anno dopo l’indipendenza scoprì di possedere estesi giacimenti di diamanti, i massicci aiuti degli ultimi cinquant?anni, quasi 400 miliardi di euro, non hanno frenato il crollo economico del continente. L’Africa, che nel 1950 forniva l’8 per cento delle esportazioni mondiali, è scesa al 2 per cento, e attira appena l’1 per cento degli investimenti privati. E tra le colpe di una retrocessione tanto impetuosa, il malgoverno diffuso. Ma se questa spirale non verrà spezzata, ammonisce l’Onu, presto l’Africa starà peggio che nell?Ottocento, andando incontro a una tragedia storica senza precedenti.
Il presidente del Sudafrica, Mbeki, l’erede di Mandela, assicura che il continente dimenticato «è deciso a gettare la ciotola della carità» (…)

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