Sostenibilità

Il futuro fa rima con self driving car

Nel giro di 15-20 anni la mobilità è destinata a venire totalmente stravolta e rivoluzionata. A cambiare tutto saranno le macchine senza conducente. Luca Studer, responsabile del Laboratorio Mobilità e Trasporti del Politecnico di Milano, nella sua rubrica “Muoversi” sull'ultimo numero di Vita Bookazine analizza vantaggi e criticità del nostro futuro prossimo

di Luca Studer

Non è per domani, neanche per dopodomani, ma il futuro sarà targato self driving car, l’auto che si guida da sola. Diamoci 15-20 anni, ma la mobilità è destinata a cambiare in modo totale.

Nonostante alcuni nodi importanti restino da sciogliere, i vantaggi competitivi dell’auto senza pilota sono destinati a sconfiggere tutti gli scettici. Mettiamoli in fila.

Innanzitutto la sicurezza: le future quattro ruote saranno sempre connesse e dotate di sensori su ogni lato e potranno “leggere” perfettamente l’ambiente circostante, riconoscendo in anticipo i pericoli e reagendo di conseguenza. Molti modi di trasporto hanno, di fatto, limitato molto l’intervento dell’uomo nella fase di guida, si pensi agli aerei, ai treni o alle metropolitane automatiche che, infatti, hanno dei tassi d’incidentalità molto bassi; molto minori di un mezzo lasciato completamente al controllo umano come l’auto che solamente in Italia ha causato oltre 3.300 decessi l’anno scorso. Si stima che le auto del futuro saranno in grado di abbattere l’incidentalità almeno del 90%. Si ridurranno drasticamente gli scontri tra mezzi in movimento, regolati in modo sicuro perché si “vedranno” reciprocamente; rimane però l’incognita dei pedoni e dei mezzi a due ruote. Gli anni che abbiamo davanti serviranno a progettare dispositivi che riducano questi fattori di rischio.

Secondo vantaggio: il valore del tempo. Già qualche designer tende a sbizzarrirsi e a progettare abitacoli dove il volante è ovviamente sparito e le poltrone sono sistemate a salotto, magari ad ufficio o addirittura come camere da letto. Il tempo di spostamento non è più tempo perso, ma pienamente utilizzabile. Il viaggio diventerà simile allo spostamento fatto con i mezzi pubblici, con il vantaggio di un maggiore comfort e una maggiore privacy.

Terzo vantaggio: con ogni probabilità calerà il numero di auto di proprietà, perché sarà un sistema di tipo “sharing”, condiviso e di fatto disponibile in continuo specialmente in ambito urbano. Il risultato è che i mezzi gireranno sempre e non avremo più quella montagna di auto parcheggiate che sono spesso uno sfregio per le nostre bellissime città.

Quarto vantaggio: le auto saranno sicuramente a impatto ambientale quasi zero, probabilmente elettriche perché a quel punto l’eventuale persistenza di un limite di autonomia verrà superato perché le auto potranno andarsi a ricaricare da sole. Evidenti quindi i benefici ambientali.

Ma nessun punto critico? Su qualche aspetto è necessario ragionare. La mobilità verrà rivoluzionata e la facilità di spostamento aumentata. Già quando l’auto fece la comparsa nella mobilità, si è registrò come effetto secondario la “sprawl” urbano, vale a dire la nascita di agglomerazioni urbane diffuse e lontane dal centro metropolitano perché grazie all’auto era divenuto facile raggiungere il luogo di lavoro. Le auto a guida autonoma potrebbero accrescere questo effetto portando a un’ulteriore diminuzione delle aree verdi o non edificate e a un aumento degli insediamenti. Inoltre le auto senza guidatore potrebbero essere in concorrenza con il trasporto collettivo perché lo spostamento risulterebbe molto simile ad esso ma con maggiore comodità e privacy. Se così fosse si andrebbe verso una maggiore congestione di auto in circolazione.

Quali sono gli ostacoli che oggi limitano tale sviluppo? Sicuramente difficile da affrontare è la fase che ci aspetta nei prossimi anni, in cui le sperimentazioni delle self driving car vanno avanti mentre la gran parte delle macchine continuano ad essere guidate in modo tradizionale. Difficile la convivenza. Può accadere così quello che è successo alla Tesla (un marchio americano all’avanguardia nella sperimentazione) che non avendo “visto” un camion tutto dipinto di bianco e ovviamente non dotato di sensori, ha causato il primo morto dell’auto che si guida da sola. Il regime misto è pericoloso, anche perché chi sale su un’auto a guida autonoma, per quanto sia ancora dotata di volante, tende a staccare la spina o comunque ha poco tempo per riprendere il controllo in caso di emergenza.

Inoltre anche le infrastrutture stradali dovranno essere riprogettate in modo da essere facilmente “lette” dai sensori delle auto autonome.

Infine si rende necessario affrontare questioni etiche di non facile risoluzione: le decisioni a bordo dei veicoli saranno prese da algoritmi che potrebbero avere come obiettivo l’ottimo per la collettività. Quindi, se un incidente fosse inevitabile, l’auto driverless potrebbe essere programmata per non uccidere i 3 pedoni coinvolti ma sacrificare l’unico suo passeggero. Chi acquisterebbe un’auto con questa filosofia? Se invece fosse programmata per proteggere il proprietario rischieremmo di avere auto che, viceversa, uccidono 3 persone per salvare il guidatore. Scelte appunto molto difficili che è necessario fare ancor prima di pensare allo sviluppo tecnologico.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.