Welfare
Il fungo magico dell’economia circolare
Grazie a uno speciale kit inventato e commercializzato dalla cooperativa sociale il Giardinone, dai fondi di caffè nasce un prodotto ricchissimo di minerali e vitamine. Ecco come
Basta prenderla in mano, per capire subito che la scatola di Fungo Box è magica. I diversi packaging, con sagome di mostri, stelle e colori accesi, fanno presagire che da lì può uscire qualcosa di fantastico. Ed ecco che, con un po’ di pazienza, la magia succede davvero: da un cartone che contiene dei fondi di caffè, spuntano funghi gustosissimi da cucinare in padella.
Tutto partì con Expo
«La nostra storia nasce nel 2015: in occasione di Expo, Lavazza e Novamont cercavano un’impresa sociale del milanese, che volesse mettere in pratica una ricerca del Politecnico di Torino, secondo la quale dai fondi di ca è potevano nascere funghi», spiega Laura Gallo, fondatrice di Fungo Box e presidente della cooperativa sociale il Giardinone di Locate Triulzi (Milano), che fa parte del gruppo cooperativo Cgm. «Abbiamo deciso di metterci in gioco, abbiamo iniziato a raccogliere ogni giorno i fondi dei caffè serviti al Padiglione Italia di Expo (in totale 1.500 chili) e ci siamo attrezzati per riutilizzarli al fine di produrre funghi. Per noi è stata una sfida: la nostra cooperativa, che è nata 22 anni fa, si occupa dell’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati attraverso tre tipi di servizi: la manutenzione del verde, quella dei cimiteri e le pulizie. Non ci eravamo mai cimentati nella creazione di un prodotto, ma abbiamo capito che questa poteva essere una grande possibilità di crescita per noi. Così, nel 2016, in occasione di “Fa’ la cosa giusta!”, abbiamo lanciato Fungo Box».
E, a partire dal 2017, c’è stata la commercializzazione: «L’investimento economico per iniziare è stato di 100mila euro». Oggi Fungo Box funziona in questo modo: più volte alla settimana, si ritirano i fondi del caffè dai bar di Locate e dei paesi limitrofi. Quando arrivano in sede, i fondi vengono miscelati con cellulosa e micelio, che è il seme dei funghi. Si crea così una specie di terriccio, che viene suddiviso in sacchetti, i quali poi sono posizionati in un luogo buio per qualche settimana. Al termine di questo periodo di incubazione, i sacchetti sono inscatolati e stoccati in frigorifero, pronti per essere venduti.
«I funghi che coltiviamo sono i Pleurotus ostreatus, detti anche orecchiette, e possono arrivare ad un diametro di 10 centimetri», spiega Silvia Bruzzese, responsabile del progetto. «Chi acquista la nostra scatola non deve fare altro che incidere con un coltello il sacchetto, formando una X, e bagnare il contenuto più volte al giorno, con uno spruzzino che trova all’interno del kit. Nel giro di due o tre settimane, i funghi inizieranno a spuntare. È un’esperienza davvero particolare, che lascia a bocca aperta grandi e bambini! Ogni kit può produrre fino a tre raccolti». Dal punto di vista nutrizionale, le orecchiette contengono poche calorie e grassi, e hanno un discreto contenuto di proteine, carboidrati e fibre. Sono inoltre ricchissimi di minerali (calcio, fosforo e ferro), di vitamina B1 e B2 e di acido folico. Questi funghi solitamente crescono sui tronchi degli alberi o su ceppi morti: si è visto però che quelli che nascono sui fondi del caffè hanno più nutrienti. Inoltre, sono meno ricchi di acqua e quindi, quando li si cucina, appaiono più consistenti».
Un sistema win-win
«L’innovazione sociale di Fungo Box sta nel fatto che questo progetto è un simbolo dell’economia circolare» prosegue Gallo. «Da uno scarto, il fondo del caffè, si crea nuovo cibo. Non solo: una volta che i funghi vengono raccolti, il terriccio può essere gettato nell’orto o nei vasi di ori e ha un grande potere fertilizzante. In un perfetto circolo virtuoso, uno scarto ritorna alla terra, pronto a rinascere». Ma il meccanismo positivo che la scatola di funghi innesca, non si ferma qui:
«Stiamo cercando di contattare e di sensibilizzare numerosi bar e locali, ma anche molte aziende alimentari o specializzate nella distribuzione automatica di caffè, sulla possibilità di non sprecare i fondi, ma di ridare loro nuova vita», aggiunge la cooperatrice. «Sono sempre di più le imprese che si dimostrano interessate a ripensare la loro filiera e a riutilizzare quindi quello che tutti considerano un rifiuto. Oltretutto, così facendo, godono anche di un beneficio economico, perché lo smaltimento dei fondi sarebbe per loro un costo».
Luca Sacchi è il titolare del caffè pasticceria “Vittoria”, nel cuore di Locate Triulzie da tempo regala i suoi fondi di cffè a Fungo Box: «È un progetto bellissimo. Tutti siamo responsabili del nostro pianeta e se possiamo fare un piccolo gesto per difenderlo, perché no? Oltretutto in questo modo sosteniamo anche una cooperativa sociale del territorio, dove lavorano molte persone che hanno bisogno».
Oggi i soci lavoratori del Giardinone sono 50, di un’età compresa tra i 22 e i 60 anni. Il 35% di loro proviene da percorsi di detenzione, alcolismo e droga. Alcuni hanno disabilità siche o psichiche. Al momento le persone impegnate su Fungo Box sono cinque, ma le vendite stanno aumentando e in prospettiva cresceranno anche i lavoratori. Tra di loro c’è Amadeo, 61 anni, ecuadoregno da 23 anni in Italia, che con un sor-iso disarmante invita tutti a provare i suoi funghi, perché «buoni così non ce ne sono».
Il modello distributivo
Fungo Box viene venduto sul sito dedicato, e su Amazon in cinque Paesi europei (Italia, Francia, Inghilterra, Spagna, Germania). È presente anche nella grande distribuzione, in particolare nei punti vendita di Eataly e di Coop Nord Ovest. Viene commercializzato inoltre in alcune botteghe italiane del commercio equo e solidale. Il fatturato nel 2017 è stato di 30mila euro, il doppio rispetto a quello del 2016. «Oggi c’è un grande bisogno di azioni economiche e imprenditoriali concrete, che sappiano cambiare la valorizzazione delle risorse ambientali:», conclude Gallo, «vorrei che Fungo Box fosse uno strumento capace di alimentare questo tipo di azioni e che portasse sempre più persone e imprese a intraprendere percorsi di economia circolare».
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