Non profit
Il fundraising dopo l’emergenza
Il Covid-19 ha sconvolto un po’ tutto, anche la raccolta fondi delle organizzazioni. Per questo la Scuola di Fundraising di Roma ha progettato un servizio studiato ad hoc per aiutare le organizzazioni ad affrontare le sfide, partendo dalla concretezza: Dottor fundraising
L’emergenza Coronavirus è ancora molto presente nei suoi aspetti sanitari e sociali – e non si deve assolutamente abbassare la guardia -, ma, psicologicamente, sembra essere ormai alle nostre spalle. Nel senso che siamo proiettati – giustamente – al grande tema della ripresa che, oltre ad un valore molto concreto, ha anche un grande valore simbolico.
Tutto questo ha impatti non indifferenti anche sul fundraising: occorre pensare rapidamente a come passare da un fundraising emergenziale ad uno “generativo”, che sia in grado, cioè, di generare sostenibilità economica per le tante cause sociali che sono centrali per la ripresa del paese.
Tuttavia l’emergenza ci lascia in dote alcuni profondi cambiamenti di cui bisogna fare tesoro.
Il primo è che l’emergenza ha portato milioni di persone a fare per la prima volta una esperienza di donazione. La Doxa ha stimato che si tratti di un 30% di italiani che prima dell’emergenza non donavano. Certamente non tutti renderanno stabile questo comportamento ma, comunque, si tratta di una grande “socializzazione di massa” con il comportamento donativo.
In secondo luogo, per ovvi motivi, è aumentata enormemente la pratica di tutti i mezzi di comunicazione digitali e, soprattutto, delle transazioni digitali. Va da sé che il numero di donatori on line aumenterà enormemente.
Altri fenomeni ci devono interrogare, quali: l’aumento degli attori della raccolta fondi (parlo soprattutto di enti e servizi pubblici, ma anche di gruppi informali di cittadini): sono molte, infatti le organizzazioni che si sono dovute dare da fare “obtorto collo” per riorientare le loro azioni di fundraising o, per chi non le praticava, farlo.
Ma cosa possono fare le organizzazioni per far crescere il loro fundraising, posto – dobbiamo sempre ricordarlo – che l’80% di esse è di piccola dimensione e con volume di entrate estremamente basso?
Vorrei indicare loro 6 azioni che, a mio avviso, vanno intraprese assolutamente in tempi rapidi, senza grandi investimenti (ma a patto che vengano fatte con ottimismo, fiducia e, soprattutto, passione).
- Dotarsi di una strategia per raccogliere fondi. Troppe volte ci si muove per “sentito dire” o per mera emulazione. E’ spesso il caso del crowdfunding (genere di successo durante l’emergenza) che viene adottato senza capire prima se si hanno le caratteristiche giuste per praticarlo. Occorre ripensare le scelte di fondo rispetto al mutato quadro di riferimento.
- Aumentare la comunicazione e il dialogo con il proprio “popolo”. Molte organizzazioni durante l’emergenza hanno sospeso qualunque comunicazione e, soprattutto, quella relativa al fundraising, per la paura che i propri interlocutori non avessero orecchie se non per l’emergenza. Niente di più sbagliato! Ad esempio chi ama la cultura e quindi magari è un affezionato delle attività del teatro comunale, a maggior ragione durante l’emergenza ha sentito bisogno di cultura. E invece proprio in quel momento si è sentito abbandonato dalla organizzazione. Chi invece ha mantenuto questo rapporto anche chiedendo fondi ha trovato un “popolo” molto più propenso a fare di più, a stare vicino alla organizzazione. Un maggiore dialogo (che prevede anche l’ascolto) crea maggiore fiducia e senso di appartenenza che sono presupposti fondamentali per una donazione.
- Adeguare la propria presenza su tutti i mezzi e i canali on line garantendo modalità digitali di donazione. Fino ad oggi spesso i social network, il proprio sito, ma anche i sistemi di messaggistica, sono stati usati poco e male, come una semplice vetrina di quello che si fa. La comunicazione on line è molto diversa da una semplice newsletter o un aggiornamento del sito. Insomma occorre praticare il fundraising on line subito, prima che sia troppo tardi. Molti donatori non doneranno più se non gli si offre la donazione digitale e se non intratteniamo con loro un costante rapporto sui canali on line.
- Prepararsi alla prossima stagione del corporate fundraising. Quella attuale è stata obiettivamente occupata dall’emergenza. Ma anche le aziende hanno bisogno di legarsi a progetti di “ripresa” per la comunità e anche per se stesse. Bisogna costruire partnership per il futuro partendo da idee e proposte innovative. Ascoltando i bisogni e le attese delle aziende. Molte organizzazioni non hanno un programma di raccolta fondi da aziende. E’ arrivato il momento giusto di farlo guardando al 2021 e facendosi trovare preparati.
- Non disdegnare le microdonazioni. Intendo parlare di lotterie, resto solidale, box di donazione (sia in contante che mediante sistemi digitali). Questo 30% di nuovi donatori probabilmente sarà più propenso a mantenere il proprio comportamento partecipando con poco ad un progetto che coinvolge tutti. Peraltro l’emergenza ha effetti economici anche sulle tasche delle persone di cui bisogna tenere conto. Se studiate bene, campagne di micro-donazioni, possono ottenere risultati ottimi, soprattutto se si pensa a chiedere, oltre ai soldi, anche i propri dati, aumentando così i contatti e le relazioni presenti nel proprio database
- E a proposito di database, occorre adeguare subito il proprio assetto di strumenti tecnologici per gestire il fundraising, tra i quali anche: sistemi di invio email, integrazione sul sito di sistemi di pagamento digitale. Ma anche competenze di base: saper scrivere, saper usare i social network, saper pianificare e implementare progetti. Insomma riscoprire il valore della formazione, troppo spesso reputata una perdita di tempo o un mero “costo” piuttosto che un investimento.
Ma per fare queste cose e altre ancora occorre spesso farsi aiutare. Non si nasce imparati. Fare tutto in casa, da soli non è la scelta migliore. Anche se bisogna tenere conto che il vero ostacolo che hanno le piccole organizzazioni è la difficoltà ad investire in innovazione tecnologica ed organizzativa, in formazione e in consulenza.
La Scuola di Fundraising di Roma ha dato vita ad un nuovo servizio pensato proprio per rispondere a questa sfida e pensando a chi muove i primi passi nel fundraising o chi vuole rivederne alcuni suoi aspetti. È nato così “Dottor Fundraising” un servizio di micro-consulenza: puntuale, rapido, online ed economico che intende produrre cambiamenti, magari piccoli, ma concreti nella organizzazione.
La consulenza, si fa semplice! Si parte dalla individuazione di un problema, di un bisogno specifico. Può essere la campagna 5 per mille, o l’adeguamento dei propri canali on line al fundraising, o la definizione di una strategia più solida, o la realizzazione di una campagna di crowdfunding…. Su questo problema un consulente senior della Scuola (specializzato su quel bisogno) prende in carico la organizzazione, realizza un primo colloquio a titolo gratuito per poi, attraverso un lavoro di analisi e di progettazione fatta insieme alla organizzazione, produrre la soluzione migliore trasmettendo alla organizzazione le competenze necessarie a metterla in pratica.
Abbiamo dato il nome di “Dottor fundraising”, perché proprio come un dottore si fa raccontare il malessere, capisce i sintomi, individua le cause (magari grazie ad alcune analisi), produce la cura e aiuta il paziente a guarire. Solo così noi professionisti possiamo aiutare quella gran parte di mondo non profit (ma anche pubblica amministrazione) che altrimenti rischia di rimanere al palo, con i suoi problemi.
Già diverse organizzazioni stanno fruendo di questo servizio, anche grazie ad alcuni accordi con realtà di secondo livello che hanno deciso di investire nel potenziamento del fundraising delle organizzazioni, come il caso della Bottega del Terzo Settore di Ascoli Piceno che ha offerto agli enti di terzo settore 10 micro-consulenze realizzate dalla Scuola di Fundraising di Roma insieme a Patrimonio Cultura.
*Direttore scientifico Scuola di Fundraising di Roma
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