15 novembre 2013. Mi piace quel che ho visto a Roma. Una platea di professionisti della raccolta fondi chiamati a raccolta dall’Assif, l’Associazione Italiana Fundraiser, per il primo Open Day organizzato dall’organizzazione per discutere e confrontarsi su qual è lo stato dell’arte del fundraising nel nostro Paese.
Mi piace perché, per la prima volta, credo si sia davvero centrato il problema e lo si sia fatto in modo collegiale, grazie alle provocazioni lanciate dalle Scuole di Formazione intervenute. Nel parlare, sono emersi tutta una serie di punti che, messi in fila ed organizzati, hanno chiarito molti aspetti sulla struttura del fundraising in Italia come forse mai prima.
IL MERCATO. Massimo Pesci, ASVI, si chiede: “E’ sostenibile il fundraising in Italia così come lo conosciamo in altri Paesi o ci dobbiamo accontentare di una versione italiana del fare fundraising?”. Emerge importante il tema della sostenibilità che sposta il focus dalla mission dell’ONP alla pratica in sé che la deve garantire. Come a dire: la sostenibilità di un ente passa per forza di cose da una sostenibiltà interna delle singole attività tra cui il fundraising è la principale. Non sussidiario quindi, bensì propedeutico. Evviva! Massimo Coen Cagli, La Scuola di Roma, parla di un fundraising come “forma di economia e non più solo marketing”. Riflessione interessante e che condivido in pieno: spostare il focus dalla tecnica in sé al valore aggiunto creato investe di un senso diverso il fundraising, dandogli prospettive nuove e nuovo spessore. Si parla di centralità e, quindi, di propedeuticità. Ancora una volta, evviva!
L’OFFERTA FORMATIVA. Questo il quadro nel suo insieme: troppo parcellizzata e non adeguata. Comune l’idea che serva una politica concertata sulla formazione che regolamenti l’offerta, sia nella qualità che nella quantità. Sono dell’idea che i corsi di (in)formazione, se gestiti da persone competenti, portino ricchezza, cultura e pongano le basi per arrivare all’investimento in formazione vero e proprio. Ma questa, naturalmente, è una mia personale opinione.
L’OFFERTA DI LAVORO. Simona Lanari del Master in Fundraising di Forlì rileva un aspetto interessante “Sono in aumento le offerte di placement da parte delle ONP, segno che la consapevolezza della materia è via via maggiore. Contestualmente, diminuisce l’indicazione del pagamento in percentuale, legata quindi alla performance: segno di altrettanta consapevolezza” (forse, aggiungerei). Quest’ultimo aspetto è forse più legato all’opera di sensibilizzazione sui media da parte degli opinion leader del settore che altro. Un po’ di refrattarietà nel proporlo almeno c’è, se poi questo significa che non si proponga più nella pratica, be’… questa è tutta un’altra storia.
CULTURA DI GOVERNANCE. Il Fundraising va, prima di ogni cosa, portato al gruppo dirigente delle ONP: ne va insegnato il valore e il ruolo in cui la raccolta dei soldi è l’ultimo dei risultati di un processo complesso in cui costruzione di relazioni e loro gestione nel lungo periodo sono componenti obbligate. Luciano Zanin, presidente Assif, rende bene il senso in questa semplicissima affermazione: “Inutile dire che il fundraising non funziona se al fundraiser si danno tre mesi di tempo per portare risultati, sennò fuori”. Altro da aggiungere?
Su queste considerazioni emergono due riflessioni interessanti e cruciali:
1. A un’offerta di competenze crescente con fundraiser sempre più preparati e colti, non si accompagna un’offerta di impiego adeguata, spesso scarsa in termini di contenuto e orientamento. E questo è indice di qualcosa di più profondo…
2. … il problema non risiede nella cultura del fundraiser ma in quella del fundraising in sé, nella sua centralità di ruolo nella sostenibilità non solo dell’ente ma del sistema di Welfare nel suo complesso. Nella concezione del Fundraising come strategia di sistema – o, se vogliamo, Fundraising di seconda generazione – , una delle chiavi per trovare la soluzione di un sistema economico e sociale in crisi profonda.
La quadratura del cerchio su riflessioni che partono da lontano e su cui si dibattuto anche in occasione del mio precedente post su questo blog: Non di sole Charity si vive…, di cui vi invito alla lettura.
Noi fundraiser abbiamo una grande responsabilità (lo dicevo e scrivevo in occasione del riconoscimento IFA lo scorso maggio) e dobbiamo esserne consapevoli: dal nostro lavoro dipenderà in larga misura quello che sarà il Terzo Settore del futuro, il suo ruolo e i suoi obiettivi, in un moderno stato di welfare ancora tutto in divenire.
15 novembre 2013. Segna questa data e ricordala. Il futuro del fundraising di domani parte da qui.
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