Welfare
Il forno di Progetto Arca per i poveri di Calcutta
Ha preso il via a metà dicembre una nuova iniziativa solidale della Fondazione che aiuterà a sfamare famiglie e studenti di uno degli slum più poveri della città. Il progetto è realizzato con l’associazione locale Seva Kendra guidata da padre Anthony Tusher Rodrick. «Un’azione nel segno di Madre Teresa che con fratel Ettore è stata la mia maestra di vita», osserva Alberto Sinigallia, presidente di fondazione Progetto Arca
A Calcutta da pochi giorni ha ripreso a funzionare una panetteria che aiuterà a sfamare tante persone che vivono in uno degli slum più poveri, lo stesso dove Madre Teresa aprì la sua prima scuola. A sostenere la ripresa delle attività è stata Fondazione Progetto Arca. «A ottobre avevamo fatto un sopralluogo grazie al contatto con padre Anthony Tusher Rodrick», racconta Alberto Sinigallia, presidente di fondazione Progetto Arca da pochi giorni rientrato dall’India. Il sacerdote e la parrocchia fino a prima dell’emergenza Covid potevano contare su questo forno pasticceria per poter distribuire il pane alle persone più povere dello slum, ma con l’emergenza si era fermato tutto e sia l’associazione locale Seva Kendra sia la parrocchia non aveva fondi per poter far ripartire la produzione.
Un momento di festa con i bambini seguiti dalla parrocchia, sotto da sx Alberto Sinigalli e padre Anthony Tusher Rodrick
«Io sono legato da sempre a Calcutta e in modo particolare a Madre Teresa» racconta Alberto Sinigallia. «Trent’anni fa sono stato a Calcutta nella sua missione per tre mesi. Madre Teresa è la mia maestra e quando a ottobre sono stato lì avevamo contribuito alla distribuzione di pane per le suore di madre Teresa. E poi abbiamo deciso come Progetto Arca di sostenere questo progetto». Così il forno è stato riattivato grazie all'impegno della fondazione che garantisce lo stipendio al fornaio e l'acquisto delle materie prime.
Il progetto entrerà a pieno regime a gennaio, come spiega Sinigallia «porteremo cibo alle missionarie di Calcutta e poi il sabato e la domenica agli studenti che non andando a scuola non hanno la possibilità di mangiare. Abbiamo anche acquistato un tuk-tuk per sostenere l’educazione di un centinaio di ragazzi e distribuire pacchi viveri a 200 famiglie» continua. «Mi piace l’idea del fare il pane per le persone che vivono in estrema povertà e attraverso la parrocchia di padre Anthony riusciremo anche a fare formazione. Con Seva Kendra, infatti, fanno corsi professionali dall’estetista all’informatica per dare occasioni di lavoro ai giovani e alle ragazze del quartiere».
Non è la prima volta che Progetto Arca si impegna in un progetto in India, «anni fa nel Kerala avevamo sostenuto la nascita di una fattoria gestita da alcuni orfani che raggiunti i 18 anni non avevano più un sostegno dallo stato», ricorda ancora il presidente della Fondazione. «Avevamo comprato gli animali e nel giro di un anno la fattoria è stata in grado di autosostenersi. Inoltre i giovani che vi lavoravano avevano anche preso un impegno ad adottare i bambini orfani».
Ma la solidarietà di Progetto Arca non si si vuole fermare a questa prima iniziativa.
«A Calcutta con 150 euro al giorno si riesce a dar da mangiare a mille persone ed è per questo che ci piacerebbe aprire una mensa per sfamare i tanti poveri dello slum. Stiamo facendo una raccolta fondi anche perché con 54mila euro potremmo sfamare mille persone per un anno».
Una goccia nell’oceano della povertà se si pensa che l'India ha quasi 1 miliardo e mezzo di abitanti. «Madre Teresa diceva che anche una goccia era importante», conclude Alberto Sinigallia ricordando che la stessa Madre Teresa era stata in visita al centro Sammartini di Fratel Ettore «e loro due sono i miei maestri».
Nell'immagine in apertura il forno aperto da Progetto Arca a Calcutta
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.