Non profit
Il flop dei #Ferragnez: perché 20milioni di follower valgono 36mila euro
Per il loro matrimonio la coppia Ferragni-Fedez ha lanciato un crowdfunding online. È stato un fallimento: in un mese solo 81 donatori che non hanno raggiunto l'obiettivo di 50mila euro. «Il fatto più preoccupante è l’aver tagliato fuori dall’operazione ogni realtà sociale, come sta accadendo sempre più spesso negli Usa», sottolinea Valerio Melandri, fondatore del Festival del Fundraising
È stato il week end del “matrimonio del secolo”. A Noto sono convolati a nozze Fedez, rapper e giudice di X Factor e Chiara Ferragni, la madre di tutte le influencer. Sui social è stato naturalmente un boom. L’hashtag del matrimonio #ferragnez è stato trending topic di Twitter, è arrivato l’immancabile articolo di Selvaggia Lucarelli. Insomma un evento seguitissimo e discusso come ogni evento di gossip spinto. Del tutto scontato se si pensa che Fedez vanta su Facebook 2,3 milioni di fan e 1,95 milioni di follower su Twitter mentre Chiara Ferragni sul solo Instagram ne ha 14,5 milioni. Ed è per questo che la vera notizia non è tanto il matrimonio quanto il flop della raccolta fondi che i neo coniugi hanno lanciato per l’occasione.
Sul portale “Go fund me” infatti i due, un mese fa, hanno lanciato il crowdfunding “The Dream: Chiara&Federico” in cui spiegavano «In occasione del loro matrimonio, Chiara&Federico desiderano aiutare una causa speciale, selezionandola fra quelle che riceveranno all'email dedicata. Gli invitati al matrimonio, e chiunque altro lo vorrà, potranno perciò inviare il loro regalo di nozze qui :)». Il risultato è stato ben poca cosa: 36mila euro raccolti da 81 donatori in un mese a fronte di un goal di 50 mila euro. Come si spiega? Ne abbiamo parlato con Valerio Melandri, fundraiser e fondatore del Festival del Fundraising.
Come si spiega che a fronte di circa 20 milioni di seguaci online Fedez e Ferragni riescano a intercettare solo 81 persone?
Intanto ci sono due motivazioni economiche. La prima è che quando io raccolgo per me stesso e il pubblico lo percepisce non posso essere ricco. Perché giustamente le persone ritengono che quei soldi li possa spendere chi lancia la raccolta. È un po’ come se Fondazione Berlusconi o Fondazione Tronchetti Provera facessero fundraising. Poi la raccolta fondi ha una sola regola, banale o stupida, ma che rimane una regola: le persone donano se glielo chiedi. I Ferragnez non l’hanno chiesto. Un conto è la pressione di una non profit che ha necessità di quei soldi per un bisogno altro. Questa invece è una raccolta fatta per gioco in cui non si vede una vera esigenza. L’obbiettivo era ridicolo per dimensioni, non ben strutturato e senza una causa vera. Non stanno costruendo una palazzina nuova per l’Ospedale Niguarda di Milano. Stanno piuttosto dicendo: datemi i soldi poi vediamo. È l’anti raccolta fondi.
Questi i motivi economici. C’è altro?
Sì, c’è un’enorme differenza tra chi ti segue per gossip e ha un interesse un po’ guardone e chi ti segue perché ha interesse che tu abbia successo e condivide con te dei valori. È la differenza tra follower e donatori. È evidente come chi segue i Ferragnez non ha nessun interesse sul futuro o il bene né della loro famiglia né di quello che possono fare da un punto di vista filantropico. Sono follower che hanno un peso specifico solo sul lato del consumo in senso stretto. Ma trovo che il tema rispetto a questa vicenda sia un altro.
Quale?
Il tema spaventoso che ha già visto altri casi anche in Italia: la disintermediazione. L’idea di finanziarsi direttamente i progetti facendo fuori il terzo settore, e con lui la capacità professionale che porta in dote. Un fenomeno del crowdfunding americano che ha dato il via a questa disintermediazione.
E come mai si sente l’esigenza di saltare il non profit?
Per la mancanza di efficienza e trasparenza delle non profit. È da questo che prende vita una nuova forma di filantropia fai-da-te. Chi può permetterselo pensa di mettersi in proprio.
A quanto pare però non funziona…
In questo caso non ha funzionato. Ma ci sono tantissimi altri esempi che invece sono stati di successo. E va visto comunque come un segnale, un trend. Che oggi è limitato ma domai potrà diventare una valanga.
E come si può evitare?
Grande uso della rete, trasparenza, efficienza e fidelizzazione dei donatori. L’esempio principe è il portale DonorsChoose.org. Attraverso questo portale il passaggio è da chi ha un bisogno a chi decide di donare. L’intermediazione del portale è esclusivamente nella richiesta di pagare oltre alla donazione una percentuale al sito volontaria. Gestiscono un centinaio di milioni di euro di donazioni con 70 dipendenti. Un meccanismo spaventosamente efficiente. Più banalmente la strada è la riduzione delle grandi, pachidermiche e costosissime strutture.
Per seguire Valerio Melandri e approfondire i temi del fundraising potete seguirlo sul suo blog: www.valeriomelandri.it
Per specializzarsi nel fundraising è al via la XVII edizione del Master in Fundraising di Forlì. Per maggiori informazioni: www.master-fundraising.it
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