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Il fiume Po, tra siccità e desertificazione

Nel Nord Italia le precipitazioni scarseggiano da dicembre. Il più grande fiume d'Italia è al di sotto del suo minimo storico e il mare risale il delta “bruciando” i campi e mettendo fuori uso gli acquedotti. Wwf Italia: «Gravissimo che si verifichi già in questo periodo dell’anno»

di Luca Cereda

Dalle Alpi al mare Adriatico. Una via d’acqua che collega la parte occidentale con quella orientale del Nord Italia, che si sta prosciugando a causa di una siccità sempre più grave lungo i 652 chilometri del fiume più lungo del Paese. Il Po è così in secca che l'Adriatico ormai lo sovrasta e penetra nel delta risalendo lungo l'alveo. Ha già guadagnato 17 chilometri, lungo tutti i rami del fiume.

E mentre l'estate che ancora non è iniziata – lo farà con il solstizio del sole, martedì 21 giugno – tutta la Pianura Padana sta vivendo la stagione più arida degli ultimi 70 anni. La portata del Po a Pontelagoscuro non dovrebbe scendere sotto ai 450 metri cubi al secondo per mantenere l'equilibrio con le acque salate dell'Adriatico. Oggi oscilla intorno a 302, inferiore perfino al precedente minimo storico di 320.

«Le siccità eccezionali, come quella che ha colpito il bacino padano in questi ultimi tre mesi, saranno sempre più frequenti: negli ultimi 20 anni se ne sono succedute diverse di analoga eccezionalità (2003, 2006) che però si sono manifestate stagionalmente più avanti, ora invece ci affacciamo alla primavera con una carenza d’acqua impressionante. Le piogge primaverili non sono riuscite a colmare il deficit che si è creato. Dobbiamo peraltro sperare che le precipitazioni non si verifichino tutte insieme, concentrate in pochi giorni o poche ore, o in alcune zone, come è avvenuto spesso in questi ultimi anni, con danni incalcolabili al territorio e all’economia locale», scrive il Wwf nel suo report sulla situazione.

Per la prima volta, il razionamento dell'acqua arriva in primavera

In queste condizioni di siccità e di bassissima portata, l’acqua salata del mare sta permeando il terreno anche oltre gli argini e contamina le falde sotterranee soprattutto all’ultimo tratto nel cuore del Veneto e dell’Emilia Romagna. «Ce ne accorgiamo perché fino a duecento metri dal fiume non cresce più nulla. Il terreno è un deserto», ha dichiarato Giancarlo Mantovani, l'ingegnere che dirige il Consorzio di Bonifica del Delta del Po.

Infatti vicino alla foce i campi di soia si sono seccati e alcune risaie sono state abbandonate. Insomma, l'agricoltura non può resistere a lungo così. Ma non solo lei: in questi giorni è stat intaccato anche l’impianto di potabilizzazione di Ponte Molo, vicino Porto Tolle che riporta alla memoria quanto accaduto nel 2006 quando dai rubinetti per una settimana è uscita acqua salata.

Lo scenario del razionamento per i rubinetti delle case è ormai vicino. Già 25 comuni del bergamasco e più di 100 del piemontese dove si sta facendo ricorso alle autobotti per riempire i serbatoi destinati all'uso civile.

Da una crisi, all’altra

Inoltre la richiesta di acqua per usi agricoli e industriali è destinata a crescere e sono finite le riserve. L'Osservatorio sulla siccità, che già aveva lanciato l' allarme nei giorni scorsi, tornerà a riunirsi martedì 21 giugno, ma quella che sta colpendo il Po è la peggiore siccità degli ultimi 70 anni. «La desertificazione sta mangiando tratti sempre più lunghi e profondi del fiume e questo ha conseguenze gravissime sulle coltivazioni, sulla biodiversità e sul settore idroelettrico, anche nell’immediato», ricorda il Wwf.

Le cause della siccità, oltre alla scarsità delle piogge e della neve sulle Alpi, sono da ricercarsi anche nelle temperature più alte, anche di quattro gradi, rispetto alla media stagionale.

«Gli effetti dei cambiamenti climatici si stanno abbattendo su un territorio estremamente vulnerabile, caratterizzato da fiumi ridotti a canali, senza più quelle fasce riparie indispensabili per attenuare le sollecitazioni più estreme. Boschi ripariali e zone umide perifluviali (lanche, rami laterali dei fiumi) costituiscono una vera e propria “spugna” per il fiume: tendono a trattenere l’acqua e a permettere le ricariche delle falde durante le piene e a rilasciarla progressivamente durante l’anno contribuendo a ridurre le conseguenze dei periodi forte siccità.

Progetto di rinaturazione a rischio?

In questo contesto il progetto di rinaturazione del Po, proposto da Wwf e Anepla, al Ministro della transizione ecologica e inserito nel Pnrr è di fondamentale importanza. Lo stesso premier Draghi, ha recentemente sostenuto che “interveniamo per riattivare i processi naturali e favorire il recupero della biodiversità in tutta l’area del Po, lungo tutto il suo corso. È un progetto importante, a cui destiniamo 360 milioni”, ma è soprattutto una vasta e innovativa azione di adattamento ai cambiamenti climatici. «Si tratta dell’azione più importante di ripristino fluviale in Italia – spiega il rapporto stilato da Wwf Italia – ed è l’occasione per promuovere una gestione dei fiumi nuova e coerente con le direttive europee. Il Wwf esprime preoccupazione per la mancanza, ad oggi, di un’adeguata informazione al territorio sullo stato e sull’evoluzione del progetto». Soprattutto per la mancanza di un coinvolgimento dei Comuni dove saranno realizzati gli interventi di riapertura dei rami laterali del fiume, di abbassamento dei pennelli idraulici, di riforestazione e di controllo della vegetazione invasiva alloctona. La proposta di Wwf insieme ad Anepla prevede «un forte coinvolgimento del territorio, coerentemente con quanto previsto nei percorsi dei MAB Unesco presenti lungo il Po (“Colline piemontesi”, “Po Grande” e “Delta Po”). Anche alla luce della drammatica situazione cui assistiamo in questi giorni il si chiede che venga garantito il miglior percorso possibile all’implementazione del progetto di rinaturazione del Po, perché questo contribuirebbe a migliorare una situazione che non può essere considerata un’emergenza inaspettata».

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