Cultura

Il Festival pandemico mette al centro (per la prima volta) le modernità

Amadeus quest'anno ha scelto di portare sul palco dell'Ariston tre proposte davvero inusuali per le tradizioni della kermesse. Con Madame, La rappresentate di lista e Coma_Cose Sanremo intercetta finalmente la musica mentre accade, o addirittura prima che accada

di Lorenzo Maria Alvaro

Stasera parte il Festival di Sanremo. La prima edizione pandemica della kermesse canora. E da stasera la speranza è che si riesca a superare l'impasse delle polemiche sull'opportunità di fare lo spettacolo e i litigi mezzo stampa sulla presenza del pubblico all'Ariston. Sul palco salgono i cantanti e per qualche ora sarà finalmente la musica al centro dell'attenzione.

Come ogni anno c'è tanta ironia sul Festival. Sanremo è dai più maltrattato e considerato come un'espressione televisiva trash e irrilevante. Eppure, è bene ricordarlo, ancora oggi è l'evento musicale più importante (con buona pace dei vari X Factor e Amici) e determina in larga parte gli ascolti dell'anno. Le classifiche, da questo punto di vista, parlano chiaro.

Ecco perché è sempre molto interessante analizzare le selezione dei partecipanti e successivamente le canzoni. Se c'è una cosa che si può dire di questa edizione 2021 è che pur ricalcando alcune tradizioni e tic tipici dell'evento ligure, si sta imponendo un trend che è da capire quanto sia imputabile ad Amadeus piuttosto che al segno dei tempi.

La selezione di questa edizione propone uno schema ormai rodato che, tolte le immancabili nuove proposte, vede per quello che riguarda i big un mix di vecchie glorie (ormai desuete e al limite del fuori luogo) come Orietta Berti, cantanti da Festival (quei musicisti la cui carriera coincide quasi esclusivamente con la partecipazione a Sanremo – la chiamerei la quota Zarrillo) come Noemi, Arisa, Renga, Malika Ayane e Ermal Meta, proposte “cantautorato” (non sempre riuscite) come Max Gazzé, Bugo e Colapesce&Dimartino e la quota talent con Irama e Maneskin. Dall'anno scorso poi c'è spazio per l'universo rap, nella sua accezione più accessibile e pop, con Ghemon e Willy Peyote

Fuori da questo schema a mio avviso ci sono tre nomi, molto diversi tra loro, ma in egual modo sorprendenti: Coma_Cose, La rappresentante di lista e Madame.

Un dato per tutti e tre questi artisti riguarda il fatto che parliamo di proposte musicali che hanno nel loro punto di forza una voce e una presenza femminile iconica e dirimente. In secondo luogo, seppure con grandi differenze, si tratta di artisti che propongono testi molto distanti dal tipico cliché sanremese. Immaginari spesso acidi, con tante ombre oltre che luci e molto sinceri.

Coma_Cose

Al centro del progetto c'è Dj California che duetta insieme a Fausto Lama tra melodie e rap. La credibilità scenica è tutta della quota rosa del duo adottivo di Milano. Agli inizi con i capelli rasati, oggi con un mullet biondo platino, è Cali a catalizzare totalmente l'attenzione e a mangiarsi il palco. La loro discografia è un racconto credibile e senza fronzoli ma ricco di giochi di parole e citazioni della Milano più realistica e di strada. Fatta di Via Gola, fermate della metro e noti chioschi di cibo d'asporto.

La scommessa, leggendo il testo di “Fuoco negli occhi”, la loro conzone in gara, è tentare di allargare quello sguardo sulla città meneghina a tutta Italia. La citazione ai balconi poi è un evidente rimando al lockdown. È una scelta strana per Amadeus. All'attivo i Coma _Cose hanno infatti un solo album (Hype Paura del 2019) che ha sì avuto un buon riscontro ma che non basterebbe per il palco dell'Ariston. Sono un gruppo di nicchia, da piccoli club e da discoteche.

La rappresentate di lista

Anche qui al centro una donna: Veronica Lucchesi, che è anche la voce. Insieme a Dario Mangiaracina, Enrico Lupi, Marta Cannuscio, Erika Lucchesi e Roberto Calabrese sono "La rappresentante di lista". Progetto che ha all'attivo quattro album in studio. Qui la stranezza, o addirttura il rischio, parlando di Sanremo, sta nel genere e nelle tematiche trattate. Per stare alle parole del gruppo stesso, chiamato a definire il proprio genere, «Ogni volta è un delirio definirsi, ma abbiamo trovato una parolina presa da un altro campo, da una sfera prettamente sessuale che è "Queer". Se tu vai alla definizione e togli tutti gli aspetti che hanno a che fare con la sessualità, trovi un significato trasversale di questa parola, senza schemi, senza classificazioni, libero dall'identità di genere, in qualche modo fluido, che non ha paura di mischiare. Quello che facciamo potrebbe proprio essere queer, quindi queer music, anche se non trattiamo tematiche queer propriamente dette. Però queer ci piace».https://www.youtube.com/watch?v=Xi6A9bAERlw

L'idea che sul palco di Sanremo ci sia un gruppo che fa musica “queer” con un pezzo dal titolo “Amarsi” e che non si candidi a fare operazioni di marketing alla Achille Lauro è di per sé una notizia.

Madame

La scelta forse più sorprendente è quella di Francesca Calearo in arte Madame. Diciannovenne della provincia di Vicenza, rapper e cantautrice non ha mai pubblicato un album nei suoi due anni di carriera ma solo singoli. Ha però un talento così cristallino che può vantare collaborazioni di ogni genere (naturalmente nell'ambito di riferimento cioè il mondo rap).

Ha collaborato con mostri sacri come Fabri Fibra e Marracash, con artisti underground come Ensi, con trapper come Ghali, Rkomi, Mace e Tedua. Dall'uscita di Schiccheria, il singolo che l'ha messa sotto i riflettori, le sue ospitate negli album dei colleghi non si contano più. Tutte per altro dirimenti e riuscite. È stata la voce del 2020 insieme a Tha Supreme e si candida ad essere l'artista del 2021. Per la prima volta con lei Sanremo intercetta qualcosa mentre accade, o addirittura prima che accada. È una scelta non solo intelligente ma addirittura lungimirante. Madame ha testi per niente scontati, ricercati e dal punto di vista della tecnica rap di altissimo livello. In più affronta tematiche molto femminili e sentite dai suoi coetanei, ma comprensibili anche a tutte le altre generazioni.

Per riassumere e semplificare Sanremo per la prima volta da quando ho memoria pesca nella modernità, nei suoni che davvero rappresentano le nuove generazioni (e non semplicemente le scimmiottano) e non lo fa con una quota unica (come fu ad esempio per i Subsonica) ma portando in gara una rappresentanza percentualmente rilevante, anche se ancora minoritaria. Non è dato sapere se sia una scelta dovuta alla mancanza di quel tradizionale pubblico impagliato o da meri conti commerciali (da sola Madame vale gli streaming di tutti gli altri concorrenti). Certamente è una di quelle poche cose per cui la pandemia è stata una leva positiva.

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