Politica
Il Festival delle promesse
Bono e Jovanotti hanno costretto lItalia a riflettere su unemergenza che riguarda oltre un miliardo di persone. Il governo si è fatto trovare pronto con un disegno di legge.
Ascolto medio per serata del Festival di Sanremo: 15 milioni di persone. Media di contatti quotidiani al sito Internet di Sdebitarsi: 50 mila. La differenza è palpabile, e dimostra ancora una volta che dalla tv i messaggi si possono ben diffondere, ma non è detto che si trasformino in mobilitazione attiva. Eppure il sasso è stato lanciato. E il Sanremo 2000 sarà sicuramente ricordato per la campagna per la cancellazione del debito estero più che per le polemiche sui raffinati vincitori canori. Al Festival infatti si è parlato di Jubilee 2000, e milioni di persone che prima non ne avevano mai sentito parlare sono state informate. Ora si tratta di trasformare l?informazione in mobilitazione, e le promesse del governo dopo il rap di Jovanotti in realtà, ovvero in leggi a favore dei Paesi poveri.
Qual è il problema
Oggi i 52 paesi più indebitati del mondo devono restituire qualcosa come 600 mila miliardi di lire ai paesi ricchi, in particolare agli Stati del G7. Una cifra immensa, risultato di 30 anni di interessi accumulati, che oggi costituiscono circa l?80% del totale da restituire. I prestiti ai paesi poveri infatti cominciano negli anni ?70, quando i paesi ricchi, spinti a investire, cominciano a concedere crediti ai paesi in via di sviluppo a tassi di interesse convenienti. Ma la crisi petrolifera del 1979 provoca la caduta dei prezzi delle materie prime, sulla cui vendita si basano le economie dei paesi in via di sviluppo. Come conseguenza crescono i tassi di interesse sui debiti contratti e diventa necessario contrarne di nuovi per pagare i vecchi. Nel 1982 ecco la prima crisi del debito, quando il Messico si dichiara insolvente e sospende i pagamenti. Da allora è un crescendo di nuovi debiti e nuovi interessi, fino alla situazione di oggi: per i paesi altamente indebitati è impossibile svilupparsi a causa della ?servitù del debito?.
Cancella il debito!
La soluzione è in mano agli Stati creditori, cui compete la decisione di ridurre, o cancellare, i debiti dei paesi poveri. Il primo appello ai governanti in questo senso è del 1985 e lo lancia, inascoltato, il Papa durante un viaggio in Africa. È dagli anni ?90 tuttavia che la questione interessa la società civile, tanto da far sorgere campagne per la cancellazione del debito.
Subito la scadenza più adatta appare quella dell?anno giubilare, in linea con il significato del Giubileo biblico, che contemplava la remissione totale dei debiti. Non a caso la più famosa campagna, sorta in Gran Bretagna nel ?96 e oggi diffusa in 60 paesi tra cui l?Italia, si chiama Jubilee 2000, da noi ?Sdebitarsi?. Obiettivo di Jubilee 2000 è raccogliere 21 milioni di firme entro l?anno. In Italia poi c?è un?altra iniziativa, dei vescovi, che mira a raccogliere fondi per ?comprare? dallo Stato italiano i debiti di alcuni paesi, liberandoli così per sempre dalla schiavitù del debito. Obiettivo, raccogliere 100 miliardi.
E dopo Sanremo?
L?Italia vanta un credito di quasi 13 mila miliardi nei confronti dei paesi poveri. Un dato mai ammesso ufficialmente dal nostro governo, e calcolato dalle associazioni. Durante Sanremo D?Alema ha ricevuto Jovanotti e Bono promettendo la cancellazione di 6000 miliardi di crediti italiani: a occhio e croce, un provvedimento di enorme portata.
Ma è proprio così? Per Luca De Fraia, coordinatore di Sdebitarsi, «questo disegno di legge non può essere spacciato come la risposta al problema del debito». E in effetti, il ddl cancella solo 3000 miliardi di cui almeno 2400 di crediti ?inesigibili?, considerati ormai perduti, dalla quale i paesi indebitati non traggono alcun vantaggio. Il relatore del testo, onorevole Giovanni Bianchi, ha poi assicurato che si darà da fare per tentare di inserire altri 2000 di crediti da cancellare; una buona idea che dovrà ora essere messa in pratica.
Comunque, dei 6000 miliardi ?cancellati? in realtà non c?è alcuna traccia, non solo in questo momento, ma neppure nel prossimo futuro. Mentre scriviamo, oltretutto (1° marzo), la discussione del ddl in Commissione Esteri della Camera non è ancora cominciata. Spenti i riflettori sul Festival, è dunque tempo di accenderli sul Parlamento.
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