Sostenibilità

Il fenomeno di Critical Mass. Pedalate epiche nella notte urbana

Orma i è un fenomeno che tocca migliaia di ciclisti in 42 città d’Italia. Una sera a settimana si danno appuntamento. E... Giovanni racconta.

di Carlotta Jesi

“Il ciclismo è diventato un videogioco. Più tecnologia farmaceutica immetti, più vai. Ma allora il Giro d?Italia tanto varrebbe farlo in cyclette”. Giovanni P. ha 33 anni, una passione per l?ecologia che tutti i giovedì lo fa saltare in sella per invadere Milano insieme ai ciclisti di Critical Mass, e una certezza: “Se il Pirata è morto, la colpa è anche di uno sport che è diventato squallido più che cattivo”. Gulp: e il doping? E il meccanismo perverso che costringe tutti i concorrenti a drogarsi al livello del campione che vince di più?
C?entrano anche quelli. Ma per i ciclo-attivisti della Massa Critica – il movimento delle biciclettate collettive inventate nel settembre del 1992 a San Francisco e che tutte le settimane invade 42 città italiane per protestare contro il traffico- ripulire il ciclismo dalla droga non basta. “Bisogna cambiarne la cultura, a livello agonistico e dilettantistico”.
Vita: Come?
Giovanni: Recuperando la dimensione epica del ciclismo, che è strettamente legata al senso del viaggio. Dimensione che è sparita dalle competizioni agonistiche, prima fra tutte il Giro d?Italia, ma anche dal cuore dei ciclisti della domenica. Sessantenni che mi sfrecciano di fianco su bolidi da quattro milioni e non possono credere ai loro occhi quando mi vedono aprire una cartina stradale. Ciclismo oggi vuol dire solo arrivare per primi, una volta significava anche andare a esplorare territori nuovi. Parlo di epica, e non di etica in senso moralista, perché uno sport che rimette il rapporto tra territorio e ciclista al centro della gara farebbe divertire di più chi lo pratica e chi lo guarda. Una volta che recuperi questa dimensione, recuperi tutto.
Vita: Doping compreso?
Giovanni: Se non hai la legge morale dentro di te, la droga ti distrugge. E la legge morale, per un ciclista, è fatta di voglia di correre e di viaggiare, di orgoglio di basarsi solo sulle proprie forze, di amore per l?asfalto, di sudore, di ore e ore con il culo sul sellino.
Vita: Ma è un sogno o un?alternativa possibile alle competizioni di oggi?
Giovanni: Cambiare la cultura del ciclismo non significa tornare a un Giro d?Italia in bianco e nero. Quando parlo di epica, penso piuttosto alle gare di gran fondo che oggi si corrono negli Stati Uniti e in Australia. Gare in cui i concorrenti si mettono in viaggio, senza un codazzo di auto e divise da marziani, per pedalare da un punto all?altro del Paese.
Vita: Credi che gare così potrebbero prendere piede anche in Italia?
Giovanni: Esistono già. Da Critical Mass, nell?ultimo anno, sono nate le Velocity. Ovvero corse che affondano le radici nel tessuto urbano e che sono un ritorno alla formula agonistica gladiatoriale, essenziale e libera di feticci asfissianti. Potremmo cominciare a rimettere il rapporto tra territorio e ciclista al centro delle nostre gare con una corsa underground, a tappe e punzonature, lungo tutta l?Italia.

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