Non profit

Il Fatto esordio con il botto

Esaurito subito il quotidiano di Padellaro Travaglio. Abbiamo sfogliato il primo numero

di Redazione

Avvio con il botto per il Fatto, il nuovo quotidiano diretto da Antonio Padellaro con Marco Travaglio come guest star. Distibuito in 16mila edicole, cinque copie in media, è andato esaurito in poche ore. Tutto a forza del tam tam, grazie al road show estivo di Travaglio & co per annunciare l’uscita del nuovo quotidiano.

24 pagine. Si presenta come un prodotto magro,  essenziale, con pochi titoli, tutti molto sparati. Il progetto grafico è di Paolo Residoro e dichiaratamente rispolvera uno stile d’antan, da giornale venduto dagli strilloni. Un tratto distintivo, anche se oggettivamente vecchio. Sembra di avere tra le mani la stampa scandalistica anni 50 tipo lo Specchio…

Chi lo edita. È un talento nuovo dell’editoria italiana, Lorenzo Fazio, 54 anni, direttore della Bur sino al 2006 e poi padrone di Chiarelettere, un marchio che ha sfondato con libri d’attualità, dai contenuti sempre molto forti e schierati. L’ultimo è Vaticano spa, di Gianluigi Nuzzi, giornalista di Libero: 200mila copie vendute. Fazio ha messo il 30%. Il 49% è del gruppo Mauri Spagnol (Garzanti, Longanesi, Guanda ecc.), Guido Roberto Vitale (15%), Sergio Parenzio di Telelombardia (6%). Travaglio partecipa con una quota di 100mila euro. Dice Fazio: «Il  nostro segreto è di mettersi dalla parte dei cittadini».

Chi lo fa. Al fianco di Antonio Padellaro ci sono Nuccio Ciconte e Vitantonio Lopez come capo-redattori. Elisa Battistini, che viene da un agguerrito free-press ravennate; Stefano Citati, 15 anni a Repubblica, figlio di Pietro, direttore per breve tempo di Traveler Condé Nast; Beatrice Borromeo, due stagioni ad Annozero e un programma su radio 105 e cognata di John Elkann; Silvia D’Onghia, cronista di nera e giudiziaria, negli ultimi anni impegnata a Radio Città Futura; Stefano Feltri, che arriva dal Riformista e che prima è stato al Foglio e a Radio 24 occupandosi sempre di economia; Alessandro Ferrucci, un quinquennio a l’Unità e una successiva esperienza con un candidato alle elezioni Europee; Wanda Marra, anche lei prima a l’Unità e poi a Tetris; Malcom Pagani, per lui Sky Sport, il Manifesto, attraverso poi le pagine del Corriere dello Sport, Il Manifesto, E-Polis e l’Unità; Silvia Truzzi, piccolo giro d’Italia nelle redazioni: dalle pagine di Torino de il Giornale, alla redazione trentina del Corriere, passando per una breve “vacanza” romana durante la prima edizione di Annozero fino all’ultimo approdo, la cronaca di Bologna del Corriere da caposervizio. Infine Federico Mello: una stagione nella redazione di Annozero.

La compagnia di giro. È quella delle “grandi firme”, quella che Carlo Freccero ha definito “la sporca dozzina”: Sandra Amurri, Oliviero Beha, Gianni Barbacetto, Francesco Bonazzi, Enrico Fierro, Peter Gomez, Marco Lillo e Luca Telese, Paolo Flores D’Arcais, Nando Della Chiesa, Furio Colombo, Corrado Stajano. Star del primo numero Antonio Tabucchi.

Il primo numero. Apre con un’inchiesta di Peter Gomez e Marco Lillo che riguarda Gianni Letta, indagato per  abuso, turbativa e truffa per un businness legato ai centri di prima accoglienza. Ma ovviamente la parte del leone la fa la vicenda di Annozero, che conquista la foto di prima: il braccio di ferro tra Santoro e la Rai è stato il vero volano mediatico per la nascita de Il Fatto. «Santoro litiga, Padellaro gode» ha titolato infatti Italia Oggi. Leggiamo con piacere anche una pagina dedicata alla  censura della famiglia Moratti al film Oil, ampiamente raccontata da Vita.

Pro e contro. Contro: è la sinistra dei girotondi e legata a doppio filo con i soliti settori della magistratura quella che dà sostanza a Il Fatto. Una sinistra molto mediatica e quindi per vocazione minoritaria. Insomma, francamente, cose già viste (sui giornali, tv e blog). A favore: è un’impresa editoriale libera, che accetta la sfida del mercato, senza sostegni statali come tutta la stampa schierata (a destra e a sinistra in questo paese). Auguri.

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